Dietro la patina turistica c’è anche una Sardegna che sta tornando a pensare in termini d’industria e di futuro. E che quindi può garantire lavoro ai suoi figli. La parola chiave è una: litio. Il litio, lo abbiamo scritto su queste colonne, non manca in Italia. Ma il vero nodo è la creazione di una catena del valore che colleghi la sua estrazione a prezzi convenienti, in modo da sviluppare prodotti fondati su questo materiale strategico per la filiera delle batterie per veicoli elettrici, e un sistema di economia circolare che ne permetta il riciclo. In Sardegna in almeno due fronti su tre ci sono importanti sviluppi. Parliamo dell’attività mineraria e della fase culminante dell’attività di riciclo delle batterie, che può rendere l’isola dei Nuraghi sinergica rispetto a nascenti gigafactory (come a Termoli) che possono rifornire di batterie la filiera nazionale.
Litio e altri materiali critici per la transizione, comprese le terre rare, secondo uno studio dell’Università di Ferrara finanziato da fondi europei, sarebbero particolarmente concentrati nella cava di Buddusò, in provincia di Sassari. Custodirebbe uno dei più importanti giacimenti europei di materie prime critiche. “Si tratta di un’importante scoperta, che si accoda ad altri progetti di estrazione in Europa e in Italia, come quello del litio dallefonti geotermiche del Lazio, ma che aldilà degli annunci potrà avere ripercussioni sul mercato soltanto quando saranno note ulteriori stime delle potenzialità estrattive e i costi per un impianto di arricchimento, al fine di ottimizzare l’estrazione delle materie prime dagli scarti di granito”, ha scritto sul tema il giornale online Formiche. L’Italia, con il resto dell’Unione Europea, si è impegnata a produrre da sé almeno il 10% dei metalli critici strategici per la transizione e il rilancio dell’attività mineraria in aree come la Sardegna, oggetto di una durissima deindustrializzazione nell’ultimo trentennio, può sicuramente contribuire al fabbisogno. L’entusiasmo, ha ricordato Andrea Dini del Cnr, uno dei massimi studiosi italiani del settore, è fondamentale. E la Sardegna può essere il centro di una svolta.
Tutto ciò anche perché, nel breve periodo, alle ricerche ipotizzate si aggiungeranno progetti concreti che possono fungere da volano. Il gruppo svizzero minerario e di trading Glencore, colosso del mercato dei metalli, ha firmato un accordo riguardante la Sardegna con l’azienda di riciclo canadese Li-Cycle (di cui possiede il 10% delle quote azionarie). L’accordo mira a sviluppare, congiuntamente, un sito per il riciclo delle batterie elettriche a Portovesme, nel Sulcis, in un’area dove si trovava uno storico impianto per la produzione dello zinco. Partenza prevista: 2024, per essere operativi entro il 2026-2027. La questione della produzione di litio da batterie esauste sta nel contributo che può dare alla sovranità industriale dell’Italia e dell’Europa nel medio termine: offrire spazi di rilancio dell’economia circolare può contribuire a ridurre la dipendenza dalle importazioni. L’impianto Glencore/Li-Cycle potrebbe essere il più grande d’Europa di questo tipo, aiutando a ridurre la lunghezza di catene del valore che oggi passano per Paesi come Australia, Cile, Kazakistan e, fatto più problematico, Cina per la crescita della filiera delle batterie elettriche. L’Italia non sarà mai al cento per cento autonoma su filiere come il litio e le batterie elettriche, ma ridurre le dipendenze dall’estero è, ad oggi, un programma di importanza strategica. In tempi di competizione globale, riuscirvi può essere un primo passo fondamentale.