Ci sarebbe tanto da dire. Come al solito, ci sono fin troppi elementi che alimentano contraddizioni. Giudicare una campagna pubblicitaria a priori è sbagliato, ma la gente ha il diritto di essere scettica sull’uso fatto da un’istituzione pubblica dei suoi soldi (e di molti altri). Se la spesa fosse stata sostenuta da un privato, semplicemente non avremmo avuto tutte queste discussioni. Come al solito, il progetto è stato chiuso in modo oggettivamente pessimo. Il dominio del sito non è stato acquistato (e ora è di proprietà di un piccolo imprenditore con il senso dello humor – e forse degli affari), le immagini caricate sono state salvate direttamente da WhatsApp in risoluzione incommentabile (1024x359 pixel), le immagini di modelle che hanno prestato il corpo al volto della Venere erano di proprietà di Shutterstock (non erano, cioè, immagini create ad hoc per la campagna) e, come notato da Selvaggia Lucarelli su Il Fatto quotidiano, la scena di un brindisi festoso di italiani in una cantina italiana in realtà è stata girata in Slovenia. C’è del pressapochismo, della disattenzione. Cose che, verosimilmente, non ripagheranno bene. Il progetto è stato affidato al Gruppo Armando Testa. Complessivamente, considerando la campagna di affissione in luoghi specifici, il progetto web e così via, parliamo di 9 milioni di euro, di cui 4 milioni di euro per “campagne crossmediali internazionali”. La spesa sarà divisa in questo modo: “Circa la metà dell’investimento si concentrerà sui principali hub aeroportuali internazionali, con il video promozionale che sarà diffuso sui voli Ita Airways, e sulle stazioni ferroviarie europee, con collegamenti diretti con l’Italia e ove esiste una forte sinergia tra Enit e Trenitalia: Francia, Germania, Austria, Svizzera. La presenza di un QR code localizzato per paese, permetterà un forte richiamo a Italia.it. Circa 4 milioni di euro saranno investiti sull’ecosistema digitale internazionale con campagne crossmediali internazionali, sempre al fine di sviluppare traffico sul portale Italia.it”.
Parliamo di tanti soldi? Decisamente sì. Ce n’era bisogno? Per molti no. Ne sarà valsa la pena? Qui entra in gioco un errore di metodo che molti commentatori hanno commesso. A destra e a sinistra (ma a dire il vero più a sinistra) la critica si è concentrata sulla cattiva immagine che viene data dell’Italia e sullo schiaffo morale dato alla nostra nazione. Al di là dell’orgoglio ferito di molti che non si dicono patrioti ma si comportano come tali, ciò che colpisce i più è il fatto che questa campagna sembra dozzinale, inefficace, inutile. Ma è davvero così? Ovviamente solo i presuntuosi potranno crederlo aprioristicamente. Se avranno ragione esulteranno per aver avuto fortuna. Tu chiamalo se vuoi “disfattismo”. Anche un sentimento “rotto” come questo (che, cioè, non aggiunge nulla alla discussione) può prenderci qualche volta. Il disfattismo non costa niente. I contribuenti non pagano 9 milioni per sentire Tomaso Montanari criticare una campagna pubblicitaria. Purtroppo, però, ci si convince che Montanari (ma vale anche per Vittorio Sgarbi) sia titolato a parlare dal momento che, da storico dell’arte, possiede gli strumenti per giudicare una campagna pubblicitaria in cui è stata usata la Venere di Botticelli. E in fondo anche se ci fosse stata la Nutella lo avremmo sentito pontificare contro l’Italia ridotta ai feticci del mercato, ma non come critico d’arte, bensì come intellettuale di sinistra. Il caso Montanari è emblematico per capire come le critiche siano andate completamente fuori tema. Stiamo parlando di una mossa “imprenditoriale” che vuole mirare a un unico obiettivo: aumentare il numero di turisti. Se questo avverrà sarà il tempo a dirlo. Le grandi contraddizioni teoriche dietro a questo tipo di investimento (il pubblico che usa soldi “estratti” dai cittadini, il privato che guadagna prima di lanciare la scommessa imprenditoriale) depongono a sfavore della campagna pubblicitaria sotto molti punti di vista (per chi scrive, il primo di questi è quello morale), ma il pessimismo per principio della sinistra e della destra attaccati alla cultura tutta d’un pezzo, che criticano qualunque cosa non sia barbosa, sonnolenta, sfumata, complessa, è il classico esempio di opinione fuori tema.