Antonio Francesco Franco è il caso più discusso ed incredibile degli ultimi anni in medicina. Franco è un presunto medico con laurea rumena mai dimostrata: è iscritto all’Ordine dei Medici di Bari ma sul sito salute.gov.it il suo titolo non risulta convalidato in Italia. È figlio di Hauducii, al secolo Paula Mitrache, cantante ospite d’onore al Festival di Sanremo del 2004 con la cover “Dragostea din tei”, tra l’altro unico brano conosciuto; passerà da Sanremo a fare da cargriver alle vittime del figlio, da cui però lei, nonostante un costante ricorso alla chirurgia estetica, non si farà mai toccare professionalmente. La forza di Franco è l’enorme capacità di sfruttare i social per raggiungere le sue vittime: saluta, sorride, rincuora, trasmette una fiducia assoluta. Le donne, pochi gli uomini, vengono inebriate dalle quotidiane dirette social, frizzanti e leggere ricche di donne con difetti fisici che, in audaci foto fake, scompaiono miracolosamente. È un pifferaio magico, dice proprio quello che vuoi sentirti dire, le sue bugie sono l’acqua nel deserto. Il suo vero bisturi è la lingua. Inizia a Napoli dove si presenta con nomi diversi a seconda dei pazienti; dalla Campania è costretto, a causa dei primi insuccessi professionali, a fuggire rapidamente in Puglia. Le pazienti le visita, tranne poche elette, solo in chat e sempre a pagamento; dal vivo le incontra direttamente sul tavolo operatorio. I video realizzati da alcune vittime e le testimonianze rilasciate alla magistratura, raccontano di interventi chirurgici realizzati seguendo i tutor di youtube, effettuati senza guanti ed in abiti civili. Franco utilizza gli aghi su più pazienti raccogliendoli a volte anche dalla spazzatura. Il grasso tolto dai corpi viene smaltito nel bagno, i macchinari non sono omologati, i farmaci scaduti. In sala operatoria si fuma, si mangia e si gioca alla playstation. Mary Capuano, chef di Ischia, una delle tante vittime, racconta di come mentre viene sottoposta ad intervento ci sia un bambino che cammina in sala operatoria. Franco se non sa fare l’intervento lo fa lo stesso o decide autonomamente di farne un altro: pazienti entrate per snellire le gambe si ritrovano con una addominoplastica. Non c’è l’anestesista e lui opera ugualmente stonando la paziente con dosi massicce di Xanax.

Non esistono cartelle cliniche e consenso informato se non qualche foglio falsificato. Erica, l’assistente in sala di Franco, è laureata in farmacia e quindi senza nessun titolo per svolgere tale ruolo; è lei che nella maggior parte dei casi convince le pazienti a sottoporsi alle cure di Franco. È figlia di un generale dei carabinieri e successivamente, interrogata in Procura a Bari, si giustificherà dicendo che Franco la drogava. La presenza più agghiacciante dell’equipe chirurgica è “gingilla” ovvero Mariangela Minafra di Bari; gingilla è la signora delle pulizie che Franco si inventa infermiera; non solo realizza le medicazioni ma si diverte anche a suturare qualche ferita. Donatella Sciarra, poco prima di iniziare l’intervento capisce che c’è qualcosa che non quadra e chiede di andarsene: viene addormentata contro la sua volontà e sottoposta ad operazione. La vicenda di Franco è anche la narrazione di chi ha fatto finta di non capire e non vedere. Dei medici che hanno agito con lui, fatalmente distratti dalla convenienza e dall’omertà. Degli anestesisti improvvisamente ciechi ma che hanno visto bene i soldi a nero con cui l’allegro chirurgo li retribuiva. È la storia tristissima della mancata vigilanza e rispetto dei propri doveri delle cliniche private e dei loro direttori sanitari che in cambio dei guadagni permettono a Franco di delinquere indisturbato. Per sua stessa ammissione in meno di tre anni interviene su oltre 1.600 pazienti, realizzando anche dieci interventi al giorno. Con Franco donne e uomini che decidono di regalarsi il sogno di una vita, vengono violentate per sempre. Persone sane rese pazienti, trattate come cavie. Non una, tutte.

