In questa vigilia di Ferragosto in cui tutti, più o meno, siamo presi da preoccupazioni frivole (e ci sarà anche concesso, ogni tanto), tra grigliate, spritz sulla spiaggia e dubbi sul bikini monocolore o fantasia, accadono cose terribili. Già, perché la libertà a cui siamo abituati non è un fatto scontato, e si potrebbe finire in carcere, anche per piccoli reati. E il carcere in Italia non è sempre un bel posto. Per carità, non lo è mai, ma esistono (rari) esempi virtuosi di istituti che cercano di rimettere in sesto il detenuto e recuperarlo per la società. In altri casi invece la situazione è delicata, quando non drammatica. Accade a Torino, nel carcere "Lorusso e Cutugno". E accade in Calabria, nel carcere di Rossano. Tre detenuti morti suicidi in 24 ore. Cosa sta succendendo? Ma andiamo con ordine.
Cosa è successo nelle carceri di Torino e Rossano
Il 12 agosto l'Osapp, un sindacato autonomo di polizia penitenziaria, comunica la notizia di due detenute suicide nel carcere "Lorusso e Cutugno" di Torino. Una ragazza italiana di 28 anni, Azzurra Campari, e una donna di 42, Susan John, nigeriana. Azzurra Campari a fine luglio era stata trasferita a Torino da Genova. Viveva una condizione di disagio psicologico e di fragilità che, nelle condizioni in cui si trovava, non è più riuscita a sostenere. Si è impiccata. La mamma aspettava di incontrarla per il colloquio settimanale, ancora non avvenuto. A Repubblica online la donna ha rivelato di essere molto preoccupata per la salute della figlia: “Ero preoccupata per le sue condizioni – si legge - l'ultima volta che ci siamo parlate in video chiamata mi aveva detto di non farcela più”. Poco prima era arrivata la fine anche per Susan John, che dal 22 luglio scorso rifiutava cibo e acqua per protesta contro la separazione dal figlio, un bimbo di 4 anni con problemi di salute. Stava scontando una pena per reati contro l'immigrazione, accusata di tratta di esseri umani. Era stata condannata a 10 anni e 4 mesi. Lei si dichiarava innocente. Le sue condizioni si erano aggravate negli ultimi giorni e, secondo i suoi legali, avrebbe dovuto essere ricoverata, cosa che invece, sempre secondo i suoi legali, non è avvenuta. È la quinta persona che dall'inizio del 2023 muore nel carcere di Torino. Il Sappe, altro sindacato autonomo di polizia penitenziaria, e che ha diffuso la notizia della morte di Susan, ribatte invece che la detenuta veniva costantemente monitorata dai medici e si sarebbe opposta al ricovero. Infine, nel carcere di Rossano Calabro (Cs), un quarantaquattrenne è stato trovato suicida. In tutti questi casi non c'è disaccordo sulla situazione insostenibile dei numeri in esubero nelle carceri e sulle tante difficoltà nella gestione dei detenuti più problematici.
Abuso di psicofarmaci, suicidi in aumento, educatori insufficienti
Il diciannovesimo Rapporto dell'Associazione Antigone, intitolato “È vietata la tortura” ci aiuta a fare un po' di chiarezza in questo marasma di dolore. E i dati lasciano esterrefatti! Pur essendo le donne solo il 5% dei detenuti nelle carceri italiane, il sovraffollamento negli istituti femminili ha un tasso pari al 118,4%, superiore a quello dell’intero sistema penitenziario italiano, pari ufficialmente al 110,6%. Non solo. Si mette in luce come il disagio psichico sia maggiore tra le donne detenute piuttosto che tra gli uomini. Le donne con diagnosi psichiatriche gravi rappresentano il 12,4%, contro il 9,2% della rilevazione complessiva. Drammatici anche i numeri sull'uso regolare di psicofarmaci: il 63,8% delle detenute, contro il 41,6% complessivo. Gli atti di autolesionismo, compresi i suicidi, sono stati 30,8 ogni 100 presenze tra le donne nel 2022, contro i 15 degli istituti esclusivamente maschili.
Il ministro Nordio: parole, parole, parole
Davanti a questo quadro il ministro della Giustizia Carlo Nordio, a questo punto, non ha potuto far mancare un suo intervento, e si è presentato due giorni fa al carcere di Torino, scortato di tutto punto, per una conferenza stampa. A onor del vero va detto che l'ex magistrato spinge da tempo sui temi del sovraffollamento, sempre presente durante le interrogazioni parlamentari su questo tema. E anche stavolta, ai giornalisti che gli hanno chiesto quali fossero le soluzioni per risolvere lo spinoso problema delle carceri italiane, lui ha dato delle risposte che sulla carta sono ineccepibili. Prima soluzione: la detenzione differenziata. I detenuti molto pericolosi restano nelle carceri, mentre quelli condannati per reati minori (come i furti, ad esempio) e di modesta pericolosità, andrebbero spostati nelle caserme dismesse. Questo perché non si può affrontare l'idea di una costruzione di nuove carceri, visto come sta messa l'Italia economicamente. Nordio aveva già parlato in passato dell'uso delle caserme dismesse, che però, dopo molti mesi, noi vediamo ancora vuote, chissà perché. Distrazione? Troppo preso dall'abolizione del reato di abuso di ufficio e dalla questione intercettazioni? Chissà. Sta di fatto che ad oggi, non si lavora ancora sulle pene alternative e sulla presa in carico dei detenuti più fragili e più giovani. In più ci sono i tagli sull'amministrazione penitenziaria che certo non aiutano. Quindi, a occhio, ci pare proprio di trovarci davanti a promesse e belle parole. Con buona pace di chi non vuol vedere e ha intenzione solo di godersi il Ferragosto al mare.