E così da oggi Emanuele Filiberto di Savoia dovrebbe essere il nostro Re. Pace all’anima di Vittorio Emanuele, il Suo padre, cha ha fatto un po’ la vita di tutti i monarchi – anche se Egli soffriva dell’espatrio – dopo la fine dell’idea imperiale Normanna, quando cioè dire, il concetto di nobiltà si frantumò in minuscoli regni, detti adesso “Stati”, coi loro confini, le uniformi a difesa, il solito popolo morto di fame e quella discendenza che ha prodotto tante cose ma raramente “nobiltà”, in senso antico, antichissimo. Tutti parvenu del titolo possiamo dire: cosa è altrimenti l’idea di un Re di fronte all’idea di un Imperatore? E così ci ha lasciato Vittorio Emanuele più o meno IV, forse Re d’Italia e forse no: la discendenza viene da una ventina di anni messa in dubbio dall’altra discendenza, quella Aimone di Savoia-Aosta. Certo, se ne stanno lì a litigare su chi è il vero Re, e questo dà la misura di come pettinano le bambole. La cosa più divertente fu il divieto di rimpatrio, poi, quando infine venne concesso ai Savoia di rimpatriare in Italia, in seguito a una accusa di concussione, corruzione, falso, gioco d’azzardo e sfruttamento della prostituzione, gli fu vietato di espatriare. Questo per dire, anche in generale, quanto possono essere intelligenti gli italiani, dei quali i Savoia si vantano di essere regnanti. Lo disse Vittorio Emanuele stesso, in una intercettazione telefonica: “Ho atteso cinquantasei anni per rientrare in Italia e ora non posso più lasciarla”. Problemoni.
Infine Vittorio Emanuele di Savoia fu assolto. Ma nei giorni del processo, sapendo di essere intercettato, disse: “Pensa a quei coglioni che ci stanno ascoltando, sono dei morti di fame, non hanno un soldo. Devono stare tutto il giorno ad ascoltare mentre probabilmente la moglie gli fa le corna”. Quando lessi questa trascrizione fu un sollievo: leggenda metropolitana vuole infatti che i monarchici stiano nelle file delle forse dell’ordine e militari, e che solo a loro è data la scelta tra la democrazia e un colpo di stato: dopo quelle dichiarazioni sulle corne mi tranquillizzai molto sulla tenuta democratica di questo paese. Voglio dire, è pur sempre la democrazia dello Stato italiano, niente di che. Ma meglio dei Savoia. Li disprezzava anche Carlo Cattaneo, protagonista delle cinque giornate di Milano, li riteneva, per usare un termine del “Dogui”, cafonauti. Risultò essere iscritto alla loggia massonica P2, ma quando vi fu il tentato “Golpe Borghese” non mi pare che nessuno smaniasse per rimetterlo sul trono. Forse uccise un diciannovenne, Dirk Geerd Hammer, sparando contro una barca, c’è una intercettazione in cui parebbe Vittorio Emanuele confermasse, ma gli avvocati dissero che le registrazioni erano state taroccate. Può essere vero tutto e il contrario di tutto, al Re la bottiglia piaceva (e questo può anche essere un merito) e di stronzate da ubriachi se ne dicono molte.
Pare, si dice, si racconta, che allorché piccolino si tentasse di organizzare un colpo di Stato in suo favore: orchestratori dovevano essere Maria Jose del Beglio, la Sua mamma, il generale Rodolfo Graziani, il capo della polizia Arturo Bocchini, Pietro Badoglio, colpo di Stato che voleva sostituire Benito Mussolini con un avvocato milanese. Già fa ridere così. Comunque si trattò di un pour parler a Racconigi, paese di qualche migliaio di abitanti dove, obiettivamente, non c’era nulla da fare e quindi sparare minchiate doveva essere l’occupazione prediletta. In questo colpo di Stato da Racconigi alla Sicilia dovevano essere coinvolti anche Italo Balbo e Galeazzo Ciano. Evvabbé. Come ogni nobile iperdecaduto sono convinto che il referendum repubblica/monarchia sia stato taroccato. Ma benedico i taroccatori. Al contrario mi sarebbe piaciuta Maria Gabriella come Regina (e anche come fidanzata, nonostante la differenza di età). Nel 2011, a Venezia, andai a una festa di compleanno di Emanuele Filiberto (con il compianto principe Carlo Giovannelli che mi scroccò il passaggio in lancia). Mi fece molta simpatia e in seguito mandò una bella lettera a mia madre che stava morendo di cancro. Gli sono molto riconoscente. Non lo chiamerei Re. Ma la nobiltà, dopo la fine del sogno imperiale di Federico II questa è. Grandi piccoli gesti e grandi immense cazzate. Tutti noi compresi.