Curioso, con lo sguardo trasognato, Dalí è stato uno dei personaggi più eclettici della storia del Novecento e a breve lo vedremo protagonista in un nuovo film dal titolo Dalíland, diretto da Mary Harron, in uscita nelle sale italiane il prossimo 25 maggio. Tra le fonti più attendibili sulla vita e sulle stramberie del pittore catalano ci sono le testimonianze della supermodella e cantante francese Amanda Lear, raccolte anche nel suo libro La mia vita con Dalí. La Lear era poco più che ventenne quando si fidanzò con Salvador Dalí, più grande di quasi quarant’anni, conosciuto nel locale parigino Le Castel, in Rue Princesse, nel lontano 1965. La loro relazione, più che un rapporto a due, era un ménage-à- trois. Dalí quando conobbe la splendida Lear era sposato con la donna, musa e sua principale fonte di ispirazione Gala Éluard Dalí, che non solo accettò la giovanissima bomba sexy, ma divenne anche sua strettissima amica. La stessa Amanda Lear ha raccontato a Vanity Fair: “Questa donna straordinaria [Gala, ndr] fu di una generosità assoluta: mi accolse immediatamente in seno alla sua coppia. Siamo rimaste amiche fino alla sua morte, capiva che ero una ricchezza, non un ostacolo”. La cosa più curiosa è che in questo triangolo amoroso di sesso non se ne vedeva neppure l’ombra, perché Dalí aveva solo passioni “cerebrali”. La Lear lo ha definito in una intervista rilasciata qualche anno fa, un vero e proprio voyeur, a cui piaceva soltanto guardare gli altri darci dentro.
Dall’asessualità alla sessualità sublimata, finendo col preferire l’autoerotismo, il voyeurismo e la triolagnia, sembra che l’uomo con il baffo più riconosciuto al mondo (sapevate che Dalí portava i baffi per omaggiare Velázquez?) fosse infatti un grande fan della masturbazione e che, proprio per questo, preferisse ricorrere spesso e volentieri alla “mano amica” piuttosto che al contatto fisico con una donna. Del resto, una delle sue opere più famose si chiama Il Grande Masturbatore, del 1929. Ma sul perché della sua asessualità si sono interrogati in molti. C’è chi dice che Dalí fosse terrorizzato dalle malattie veneree e chi invece sostiene che il pittore catalano fosse solo un omosessuale represso. Okay, ma in tutto ciò Gala e la Lear come facevano ad accettare questo suo costante “fare cilecca”? Semplice, avevano degli amanti e a Salvador non fregava assolutamente niente. Anzi, gli andava bene così. A volte era persino lui a pagare dei bei giovanotti per soddisfare le voglie della sua amata Gala. Ma la cosa che angosciava di più il pittore non aveva niente a che fare con il sesso, con la morte e neppure con la malattia: lui era terrorizzato dalla mediocrità. Ebbene sì, stando ancora a quanto riportato dalla Lear, Dalí era spaventato dalla modestia e dall’ordinario e doveva continuamente “dare spettacolo”. Come faceva? Semplice, si circondava di persone vestite con abiti pomposi, colorati. La sua compagnia di amici (fatta perlopiù di semplici conoscenti) sembrava provenire da una parata circense. Dalí doveva essere stimolato visivamente, di continuo, anche attraverso la scelta degli abiti, suoi e degli altri. La sua idea di surrealismo penetrava la sua stessa vita. Tutto quello che lo circondava doveva essere “fantastico”. E questo ci riporta un po’ a quello che diceva Titta di Girolamo nelle Conseguenze dell’amore. Per lui, la cosa peggiore del mondo era non avere immaginazione. Perché la vita, già di per sé noiosa e ripetitiva, in mancanza di fantasia non era altro che uno spettacolo mortale. Ecco, Dalí non poteva esser più d’accordo.
Un altro aspetto interessante sulla vita dell’artista spagnolo che in molti ignorano è il motivo per cui fu cacciato dal Movimento Surrealista capitanato da André Breton a ridosso degli anni Quaranta. Che ci fosse finita una donna di mezzo? Più o meno. Il suo nome però era poco femminile, si chiamava Adolf Hitler. “Ho spesso sognato Hitler come una donna, la sua carne, che avevo immaginato più bianca che bianca, mi ha deliziato …”. Ora, se il pittore simpatizzasse davvero con il Führer è una ipotesi abbastanza da escludere, tuttavia resta la chiave profetica con cui leggere il suo quadro The Enigma of Hitler del 1939, realizzato pochi mesi prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Ma Dalí, oltre a essere un grande artista figurativo, era anche un abile grafico (forse non molti sanno che il logo dei Chupa Chups lo ha disegnato lui) e pure un magnifico “cazzaro”, che oggi si chiamerebbe esperto di marketing. Sì, perché pare fu sua la trovata di spargere la notizia falsa che Amanda Lear fosse una donna transgender, per suscitare più curiosità e aumentare le vendite dei suoi album agli esordi della carriera. Insomma, Salvador Dalí è stato veramente tutte le persone che voleva diventare. Gli mancò soltanto di essere Napoleone, desiderio che aveva già espresso all’età di sette anni.