Partendo dal presupposto che “il medium è il messaggio”, come diceva Marshall McLuhan, -e ci tengo a sottolineare questa frase che dovrebbe essere appesa affianco se non al posto dei crocifissi nelle aule delle scuole pubbliche-, gli ultras del Napoli hanno mandato l’unico messaggio che era alla loro portata intellettuale. Il medium è uno striscione e lo striscione di solito rappresenta un messaggio non sostenuto da grandi teorie intellettuali o da particolari competenze comunicative, quanto da livore misto a folklore e mancanza di controllo, oserei dire condito da una malsana presunzione di comicità. Non mi fanno ridere le tifoserie organizzate, non mi fa ridere la morte di Maroni, non mi fanno ridere atteggiamenti anti-sud neanche! La verità dove sta? Lo striscione ha una valenza comunicativa? Noi napoletani dobbiamo essere felici che Maroni sia morto?
Non voglio fare L’ULTRAS con gli striscioni degli altri, non vengo da quell’estrazione, ho una cultura differente, me la sono cercata, e non ho paura di dire che con alcuni gruppi di tifoserie si alimentano atteggiamenti camorristici; prendo le distanza da qualsiasi organizzazione che diventa fucina di comportamenti dai quali rifuggo e che se posso, combatto.
Sono napoletana, sono popolana anche, ho dedicato la mia seconda tesi di laurea a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e a tutti coloro che hanno combattuto per un mondo migliore, è abbastanza chiaro il mio atteggiamento e la mia posizione nei confronti di qualsivoglia prevaricazione. Sono inoltre per gli stadi con le famiglie, per gli stadi pieni di donne e bambini, sono per gli ambienti sani, e se una legge può aiutare a regolamentare la sanità di una tifoseria o di un popolo, io sono a favore. Lo stadio non è un posto per andare a sfogare le proprie repressioni, fumarsi le canne e stare a torso nudo con improbabili pance pelose sblusate sui jeans. Lo stadio è un posto che deve mirare alla tranquillità e al tifo passionale ma non violento, e lo Stato non può arrendersi mai di fronte a gente che impone con la forza un modus operandi malato. E lo stesso Maroni che è stato un grande anti meridionalista, su questo specifico aveva anche ragione a mio avviso, per carità a volte eccedendo con le misure di precauzione, perché uno stadio resta tale, uno stadio non è una chiesa…Ovviamente se vogliamo parlare di politica e politica economica, la grande discriminazione di Maroni la aborro, trovo anacronistico vedere che un uomo che fa politica possa essere senza alcuna reale ragione contro il sud in generale. Credo che siamo tutti uguali, quando moriamo, quindi giustamente le differenze le facciamo in vita, le nostre azioni e le nostre parole determinano chi siamo, in definitiva: lo striscione significa mancanza di cultura, mentre la discriminazione territoriale di Maroni determina il limite mentale ed emotivo di un individuo.
Siamo tutti uguali nel fare i conti con quello che la gente dice di noi, anche dopo la morte, e se siamo stati dei mezzi pezzi di merda, il ricordo di noi da parte di chi resta, racconterà questo. Non c’è potere, carica, intimidazione, o forza fisica che tenga, di fronte alla brutalità e alla sincerità della morte. Alla fine dei conti le persone non ci ricordano per quello che abbiamo fatto, ma per come le abbiamo fatte sentire, e ad occhio e croce, Maroni, agli ultras napoletani, non li ha fatti stare proprio bene…
Mi concedo un piccolo volo pindarico che va dagli ultras alle uguaglianze, anche se non credo che gli ultras volessero parlare specificatamente di diritti umani e di questioni politiche, credo più che altro volessero portar luce soltanto sul loro piccolo orticello da tifosi, però potrei sbagliarmi e magari avevano un messaggio valoriale da trasmettere … (anche se nella pratica l’hanno fatto un po’ malino), ma colgo l’occasione per sottolineare che qualunque pregiudizio sui luoghi di nascita, sulle religioni e sui vari orientamenti, resta una grande, grandissima forma di definizione per chi esercita queste discriminazioni, e per forma di definizione intendo “essere gretti, ignoranti, stupidi, limitati, inchiavabili”! I momenti sono maturi per un “Overcoming” di prese di posizioni retrograde e prive di civiltà, dottrina, e patrimoni intellettuali. Più che “Ultrà” forse bisogna soltanto essere “Oltre”.