Daniele Capezzone ha trascorso una notte su una volante della polizia a Milano e racconta l'esperienza su Libero: “È buia la notte di Milano, ma c’è una luce che indica la strada e insieme ti scalda e ti conforta” esordisce il direttore editoriale del quotidiano, riferendosi alla squadra di poliziotti con cui ha condiviso quest’esperienza. Dopo l’arrivo in Questura, in Via Fatebenefratelli 11, in poco più di un quarto d’ora viene ragguagliato su come funziona la Centrale operativa – un “pronto soccorso” applicato alla sicurezza – sui turni, sui diversi ruoli, sulla gestione delle telefonate, finché, a mezzonotte, sale a bordo di un’auto della polizia, la Gamma 10. Trascorsa mezz’ora, in zona Corso Como, arriva la prima “esperienza dolorosissima”. Una lunga scia di sangue e il cadavere, già coperto da soccorritori, di una ragazza tra i 30 e i 35 anni che si è buttata dal tredicesimo piano. “Sono depressa, la faccio finita” scrive all’amica prima di compiere il tragico gesto. È la prima occasione in cui il giornalista vede la squadra all’opera: Filippo, il commissario capo 31enne, conforta l’amica accorsa sul posto, mentre si informa sul caso, e intanto i colleghi salgono in casa per le indagini.
“Il microspacciatore che vede la volante, si libera di qualcosa che ha in tasca e fugge via; il cliente più o meno restio a fornire informazioni su come e dove abbia preso un po’ di fumo; e un paio di perquisizioni su soggetti che si rivelano ‘puliti’”. Queste le scene a cui assiste successivamente Capezzone, ormai pura routine per gli agenti. Arrivano poi tre arresti. In uno di questi è coinvolto un africano del Gambia che tossisce in continuazione, perché ha corso, a detta sua. In realtà ha in bocca ben cinque palline termosaldate (il narcotest confermerà i sospetti sul contenuto): l’uomo andrà a processo per direttissima. Probabilmente, però, tornerà libero (“Noi facciamo la nostra parte, poi…” gli aveva detto un poliziotto). Ultimate le questioni burocratiche si va in via Zante. Due motocicli sono stati incendiati e il rogo ha coinvolto anche l’auto di due signori pensionati, “più tristi e rassegnati che arrabbiati”. Le cinque ore sono passate: finisce il “turno” per Capezzone, a cui resta un forte senso di gratitudine per chi, come Filippo e gli altri, fa questo lavoro “rendendo un po’ meno buie e insicure le nostre notti”.