“Bus elettrici in fiamme. Ma il Pd vieta di dirlo”, titola Libero in prima pagina sulla strage del bus di Mestre. E Daniele Capezzone, da poco direttore editoriale del quotidiano, ha una tesi sul perché gran parte della stampa si stia concentrando più sulle “colpe” del guard rail che non sulle concause delle morti potenzialmente legate alla batteria del mezzo precipitato e poi avvolto dalle fiamme. E lo abbiamo intervistato per farcela raccontare.
Daniele, nella tua rassegna stampa mattutina “Occhio al caffè” hai attaccato i giornali che hanno “seppellito” il tema dell’incendio del bus potenzialmente legato alla batteria elettrica. Qual è la tua posizione al riguardo?
Desidero essere cauto, prudente, serio. L’ultima cosa che desidero in una vicenda così dolorosa è il sensazionalismo. Le cause scatenanti dell’incidente (malore? Colpo di sonno? Guasto?) andranno accertate e sicuramente non sottovaluto la questione del guard rail, però vedo che questa mattina un assessore veneziano dice che non era un buco quello da cui è caduto il bus, ma un varco di servizio. Non so se sia così, ma lo segnalo e mi chiedo se siamo sicuri che un guard rail avrebbe potuto evitare la strage. Io non ho la risposta, e forse può essere così, ma lascio le valutazioni agli esperti. Quello che però non posso ignorare è, ferma restando la ricerca delle cause e ferma restando la questione del guard rail: perché i grandi quotidiani hanno passato sotto silenzio la dichiarazione che mi pareva molto esplicita del capo provinciale dei vigili del fuoco, che ha fatto notare come dopo l’impatto la rapidità e la violenza del rogo sono state tali da rendere difficilissimi e quasi impossibili i soccorsi? Del resto le pure cronache ci dicono che era difficilissimo persino identificare i cadaveri a causa del rogo. Anche qui, non so se e che tipo di rogo si sarebbe potuto scatenare con un mezzo ad alimentazione endotermica, magari si sarebbe generato un rogo lo stesso, però mi sarebbe piaciuto leggere degli approfondimenti tecnici che ho trovato solo su Libero e su pochi altri quotidiani, su questo problema, che non è la causa, ma che è un elemento post-incidente. E allora giungo a un’osservazione malinconica che è un’osservazione di chi ama i giornali: il guard rail, che è descritto come il cattivo del giorno, al contrario di chi vende auto elettriche non è proprietario di giornali e non compra pubblicità sui quotidiani, è quindi è il colpevole perfetto…
La famigerata questione dell’indipendenza della stampa, con il legame tra gruppo Gedi (La Repubblica, La Stampa…) e Elkann-Stellantis, e così via, no?
Io non mi permetto di dare pagelle e non faccio il comizietto sull’indipendenza dei giornali. L’indipendenza non esiste, esiste nella vita di ciascuno l’interdipendenza: ognuno di noi sceglie di interagire con l’editore e con vincoli che ciascuno ha. Segnalo però che quei giornali che ci hanno fatto per trent’anni una testa così sul conflitto di interessi vero o presunto di Berlusconi oggi nascondono il tema dell’elettrico come se la questione dei rischi neanche esistesse. È una questione di informazione. Io non ho mica risposte, ho solo domande, e sono apertissimo a risposte, purché convincenti, su questa materia. Anzi sono interessatissimo. Non voglio, siccome ci sono i conformisti, fare allora il conformista dell’anti. Non è una posizione precostituita: desidererei solo che la questione fosse posta, anche perché in questo momento la quota di elettrico nel nostro mercato, però c’è un martellamento mediatico che la porterà necessariamente ad alzarsi e forse sarebbe il caso di far sapere ai cittadini utenti e consumatori come siamo attrezzati (se lo siamo) rispetto a questo problema oggettivo delle batterie e dei rischi di roghi così potenti e istantanei.
Anche perché, al di là della campagna mediatica, c’è anche l’orizzonte del divieto di vendita di auto a motore tradizionale e ibrido voluto dall’Unione Europea dal 2035…
Eh certo. Come si sa io sono fortemente contrario alle imposizioni e a questa cosa per cui dal 2035 verrebbe bloccati diesel e benzina, lo ritengo un grave errore che rischierà di far saltare in Italia 60 mila-70 mila posti di lavoro, rischierà di togliere all’Europa il primato in uno dei pochi settore in cui eravamo in testa (noi, Francia e Germania), rischia di fare un regalo alla Cina e rischia di costare ai consumatori tantissimo, perché chi si interessa minimamente della materia e quindi i lettori di questo giornale sanno che per un modello base di auto elettrica servono 30 mila, 35 mila o 40 mila euro.
C’è però chi, a voi che attaccate i giornali pro-elettrico, risponde qualcosa come “chissà chi c’è dietro la vostra campagna”. Obiezioni che hanno qualche fondamento?
Da parte nostra non stiamo facendo alcuna campagna, se non quella a favore dell’informazione. Io ho una posizione laica, desidererei solo essere informato. Attendo anzi con ansia qualcosa che mi rassicuri sull’elettrico, ma mi pare che l’informazione su questo tema sia mancata ai lettori dei più grandi giornali italiani, tutto qua… Quando proprio a pagina 9, 10, 11 o 12 dovevano per forza infilare la parola “elettrico”, mi pare che lo stratagemma sia stato quello di fare una polemica politica contro Salvini che si era espresso al riguardo. Però, al di là della discussione politica, forse servirebbe un approfondimento tecnico. Magari anche per rassicurare. Però fatelo.