Il risiko bancario europeo è in pieno fermento e, al centro della scacchiera, Andrea Orcel muove le sue pedine con la precisione di un maestro di strategia. L’amministratore delegato di UniCredit ha un piano ambizioso: ridisegnare i confini del panorama finanziario europeo, intrecciando acquisizioni, alleanze e un pizzico di audacia. Sul tavolo ci sono nomi che pesano: Commerzbank, Mediobanca, Monte dei Paschi di Siena (Mps), Banco Bpm e persino Generali. Il tutto sotto l’occhio vigile di un arbitro silenzioso ma influente: il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef).
Orcel e la partita tedesca: l’assalto a Commerzbank
Il primo colpo di scena arriva dalla Germania. Dopo aver raggiunto il 28% di Commerzbank attraverso una serie di operazioni in derivati, UniCredit punta a consolidare la sua presenza nel mercato tedesco. Ma attenzione: niente fusioni immediate con Hvb, la controllata bavarese di UniCredit. “Commerzbank resterà autonoma per un certo periodo,” ha dichiarato Orcel in una nota interna riportata da Milano Finanza, sottolineando che l’integrazione avverrà solo dopo una fase di rafforzamento indipendente dell’istituto tedesco.
La strategia? Applicare il modello UniCredit per aumentare efficienza e redditività, criticando apertamente la gestione attuale di Commerzbank: “Nonostante profonde ristrutturazioni, i risultati non sono stati all’altezza. Siamo convinti che l’applicazione del nostro modello creerà un enorme valore, anche prima di considerare le sinergie con Hvb” (Milano Finanza).
Il valore stimato dell’operazione? Circa 20 miliardi di euro. Ma Commerzbank non resta a guardare: il ceo Bettina Orlopp studia contromosse, tra cui acquisizioni mirate per rafforzare la banca e resistere alla scalata. “Non faremo mosse stupide,” ha dichiarato Orlopp, aggiungendo che l’obiettivo è puntare su acquisizioni complementari per migliorare la proposta di valore (Milano Finanza).

Mps e Mediobanca: una fusione senza scosse?
Se la Germania è il fronte esterno, l’Italia è il cuore della battaglia. Monte dei Paschi di Siena, guidata da Luigi Lovaglio, ha lanciato un’offerta pubblica di scambio da 13,3 miliardi di euro per Mediobanca, con un concambio di 2,3 azioni Mps per ogni titolo di Piazzetta Cuccia. Lovaglio assicura: “Sarà un’aggregazione senza scosse. Non colpiremo l’identità di Mediobanca” (Milano Finanza). L’obiettivo è chiaro: creare un gruppo potente, sfruttando la complementarità tra le due banche. Le sinergie previste? Circa 700 milioni di euro, ma Lovaglio ammette che si tratta solo di un punto di partenza: “Possiamo fare molto di più” (Milano Finanza).
Il ceo di Mps è ottimista dopo i primi incontri con gli investitori: “L’operazione ha sorpreso il mercato, ma una volta spiegata, la ratio industriale è stata compresa e condivisa” (Milano Finanza). Resta da capire se sarà davvero un’aggregazione pacifica o se emergeranno resistenze più forti del previsto.

Banco Bpm e il ruolo (silenzioso) del Mef
Sul fronte Banco Bpm, UniCredit sembra pronta a un altro colpo, con l’obiettivo di consolidare la propria leadership nel ricco Nord industriale italiano. Ma qui entra in gioco il Mef, che esercita una sottile moral suasion per mantenere l’equilibrio nel sistema finanziario italiano. Secondo indiscrezioni riportate da Il Tempo, il ministero guidato da Giancarlo Giorgetti starebbe lavorando dietro le quinte per facilitare un compromesso tra le varie forze in campo, garantendo stabilità al settore bancario.
Non solo: si vocifera che la partecipazione di UniCredit in Generali sia ben superiore al 4,1% ufficialmente dichiarato, forse vicina all’8% grazie a posizioni in derivati (Il Tempo). Se confermato, questo dettaglio aggiungerebbe un nuovo livello di complessità al già intricato mosaico del risiko finanziario.
Intesa Sanpaolo osserva (ma con distacco)
E Intesa Sanpaolo? Carlo Messina, ceo del colosso bancario italiano, osserva da lontano con un certo distacco. “In Italia ci sono operazioni più difficili da capire. Il mercato deciderà se hanno senso,” ha dichiarato Messina in un’intervista a Bloomberg TV riportata da Milano Finanza, ribadendo la volontà di Intesa di rimanere “un porto sicuro per gli investitori” e di non aumentare i rischi con acquisizioni straordinarie.
La strategia di Messina è chiara: puntare sulla gestione patrimoniale e sul wealth management, con 1.400 miliardi di euro di ricchezza delle famiglie italiane sotto controllo. “Abbiamo un modello di business vincente, soprattutto in un contesto di riduzione dei tassi d’interesse,” ha spiegato, sottolineando come Intesa voglia “mantenere una performance di mercato superiore rispetto agli altri player, soprattutto nel corso del 2025” (Milano Finanza).
Il risiko continua: chi avrà l’ultima mossa?
Il risiko bancario è un gioco complesso, fatto di mosse strategiche, alleanze silenziose e colpi di scena. Andrea Orcel muove le sue pedine con audacia, puntando a creare un gigante europeo. Lovaglio sogna un’aggregazione “senza scosse” ma dal potenziale esplosivo. Intesa osserva, forte della sua posizione consolidata. E il Mef tiene il filo invisibile che lega tutto.
Chi avrà l’ultima parola? Il mercato, ovviamente. Ma anche un pizzico di fortuna e, forse, qualche mossa imprevista. Perché nel risiko della finanza, la partita non finisce mai davvero.
