Almeno inizialmente
Cos’hanno in comune Filippo Turetta, Bujar Fandj e l’uomo incappucciato che ieri ha aggredito una donna all’autogrill sull’autostrada A1? Semplice. Oltre alle ragioni sottese alle violenze, mi pare ovvio. In termini concreti, la fuga. Il 2023 ormai è agli sgoccioli, ma il conteggio delle vittime di abusi per mano di uomini non riesce a rimanere aggiornato. Solamente ieri, infatti, intorno alle 14.15, in un’area di servizio di Bisenzio Est, nel fiorentino, una donna italiana di cinquantotto anni è caduta vittima di un vero e proprio agguato. In viaggio con le due figlie, rispettivamente di ventinove e trentuno anni che non hanno assistito alla scena perché all’interno dell’area di servizio, è stata accoltellata da un uomo incappucciato. Si è salvata per miracolo perché il suo aggressore aveva provato a pugnalarla al cuore. Ma lei è riuscita a divincolarsi e a cavarsela solamente con una ferita alla gamba. Purtroppo, però, a causa del cappuccio che aveva in testa, la vittima non è riuscita a fornire un identikit dell’assalitore. Ma gli investigatori sarebbero sulle tracce dell’ex marito, con alle spalle una denuncia per lesioni ed un trascorso in regime di messa alla prova. Dunque, dicevo, qual è il minimo comune denominatore di questi maschi? Quello che li accomuna, oltre il modus operandi, è il dopo. La fase successiva, quella in cui hanno solo una cosa a cui pensare: preservare la propria libertà personale nella distorta speranza di riuscire a farla franca. L’ultimo in ordine di tempo è l’uomo che all’autogrill ha aggredito una donna di cinquantotto anni tentando di pugnalarla al cuore. Si è mascherato e poi è scappato. Un terribile copione. Sempre lo stesso, ma per fortuna questa volta con un esito meno sanguinario.
Proprio come prima di lui ha fatto Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin, e Bujar Fandj, che ha ucciso Vanessa Ballan con otto coltellate dopo averla perseguitata per mesi. Animati, tutti, dall’illusoria speranza di eludere la legge e sfuggire alle conseguenze dell’azione criminale. C’è chi ci riesce per un lasso temporale maggiore, come il ventiduenne Turetta, e chi solo per qualche ora come Bujar Fandj. Ma il principio di base resta il medesimo. I non addetti ai lavori si chiedono, e lo fanno in maniera del tutto legittima, se tutti questi maschi pensano solo ad evitare le ripercussioni senza dover far i conti con un altro tribunale, quello della coscienza. Salvo i delitti d’impeto, che sono davvero molto pochi, la risposta è che non si pongono alcuna remora. Né prima né dopo. E ciò perché quando il bersaglio è la donna questi soggetti agiscono come se quest’ultima non esistesse in qualità di essere umano. Per i maschi che si macchiano di femminicidio, o di violenza domestica in qualunque sua forma, la componente femminile di quella che è stata coppia, diventa il limite. Dunque, Turetta come Fandj e verosimilmente anche l’uomo incappucciato - gli inquirenti sono sulle tracce dell’ex marito della donna su cui già gravava una denuncia per lesioni – hanno visto le loro vittime come oggetto di una loro prestazione. Come il parametro per dare valore alle proprie capacità. Solo uccidendo ed irrogando sofferenza riescono a piacersi. Ed è proprio la mancanza di responsabilità morale che consente a questi uomini di concentrarsi esclusivamente sulla personale sopravvivenza. Una sorta di vuoto morale, nel quale l’assassino di turno, o il potenziale, se l’azione omicidiaria fallisce, percepisce solo i bisogni primari come mangiare, dormire, salvarsi. Tutti, poi, sono anche più o meno consapevoli che, per pentirsi, non hanno a disposizione solo attimi. Ma l’intera vita. Una vita che sono destinati a trascorrere per un periodo più o meno breve dietro le sbarre. Nell’immediatezza di quello non ne sono però del tutto consapevoli.