Per curarsi della fede bisogna curare gli spazi in cui essa fiorisce. Non a caso la Chiesa parla spesso di giardini perduti, come l’Eden, vigne da coltivare su fertili colli, giardini chiusi (l’amata nel Cantico dei cantici) e deserti che possano, un giorno, fiorire. Ma neanche l’immaginazione biblica potrebbe immaginare che a dar l’acqua a quei fiori sia un turista, sopra all’altare più importante della Chiesa romana, e cioè l’altare della Confessione a San Pietro, Roma, da cui solo il papa può dire messa. E che quell’acqua non sgorghi dai cuori o dai cieli, ma dal pipino del turista, ora in stato di fermo alla gendarmeria vaticana. Venerdì scorso un piscione ha eluso la sicurezza ed è salito sull’altare, si è tirato già i pantaloni e ha quasi orinato sul simbolo del potere pontificio nella basilica più importante del mondo. Un oltraggio che ha inibito persino il cardinale Gambetti, che di lì a poco avrebbe dovuto tenere una messa nella Chiesa. Papa Leone XIV, neanche a dirlo, si è arrabbiato, o come dicono i giornali “ha tuonato” contro il gesto, considerato sacrilego, blasfemo e dunque perfettamente appropriato per il luogo, visto che da tempo San Pietro è diventato il più grande punto panoramico da cui guardare la banalizzazione della fede. Mentre un tempo le Chiese rappresentavano la grandezza e la bellezza di Dio, oggi Dio è giusto l’occasione per andare ad ammirare la grandezza e la bellezza delle Chiese. Abbiamo sostituito la curiosità per Dio alla curiosità per capitelli, volte e navate lucide. Anzi, abbiamo sostituito Dio con il travertino.

Ora Leone XIV chiede che si faccia una messa riparatoria, un rito penitenziale che sia chiaramente orientato a mondare l’altare e la casa di Dio. Ma la sensazione è che sia una richiesta tutto sommato gratuita, visto che Dio non visita da tempo casa sua. Forse offeso dalle sedie di plastica, come nota Matteo Matzuzzi su Il Foglio, o dalle code di turisti e dalle foto senza flash. Il Papa, vestito di bianco, non può che auspicare che tutto si lavi, che si tolga una macchia, anche per evitare si sporcarsi, ma una messa sembra un po’ poco. Dovremmo partecipare a un rito del genere, che ad alcuni suona quasi pagano (intendendo con questo termine qualcosa di antiquato e superstizioso)? Ovviamente sì, perché l’alternativa alla messa penitenziale è nessuna messa, e cioè la tolleranza totale verso una delle vere superstizioni del nostro tempo, la secolarizzazione delle Chiese, basata evidentemente sul pregiudizio che in quei luoghi non ci siano più veri credenti. Di più, neanche veri preti. Le orde di turisti entrano a San Pietro convinti di poter ammirare finalmente la Cappella Sistina, la Pietà di Michelangelo, un enorme baldacchino in legno con colonne a spirale, qualche statua di qualche anonimo. Ma quanti turisti entrano e non si accorgono di tutto questo, perché cercano l’opera d’arte che viene nascosta dal marmo, dalla polvere, dalle luci e dal legno?
Diciamolo in modo più chiaro. Chiunque entri a San Pietro e non preghi sta di fatto pisciando sull’altare del papa. Se il Vaticano fosse davvero così potente come in molti credono, dovrebbe tenere in stato di fermo i milioni di turisti che entrano in chiesa con le macchine fotografiche e i berretti in testa. Ma a quel punto la gendarmeria dovrebbe essere più grande dello stesso Stato vaticano e il Vaticano stesso diventerebbe uno Stato di polizia, cosa che è contraria a Dio, esattamente come la sovrappopolazione di atei nelle Chiese. Immaginate di aprire le porte di casa vostra a tutti, ma proprio a tutti, anche a chi vi sta antipatico o vi insulta, a chi non crede in voi (ma al vostro cibo, al vostro vino, al vostro divano sì), e capirete come si sente Dio nelle Chiese vestite da sagra, con piccoli shop, panche di bassa qualità e un vociare costante. Ecco il paradosso: la Chiesa soffre di incontinenza, non può trattenere tutti i blasfemi e i blasfemi non possono che pisciare sul sacro. Il turista in stato di fermo lo ha fatto solo in modo più esplicito di tutti gli altri, che preferiscono farsela sotto.