“Mai mi sarei immaginato che a 32 anni sarei finito sotto scorta per il solo fatto che sto svolgendo il mio ruolo da deputato”. E invece è andata proprio così. Il leader di ControCorrente Ismaele La Vardera è finito sotto scorta, per scelta della prefettura, dopo la sua inchiesta sui “tornelli a Mondello”, e cioè sulla gestione controversa delle spiagge siciliane, a partire da quelle di Mondello, attualmente in mano a una società, Mondello Italo Belga, che avrebbe sostanzialmente privatizzato degli spazi pubblici. Tutto inizia con un video pubblicato da La Vardera insieme al radicale Matteo Hallisey, presidente di + Europa, in cui si vede l’ex iena tenta di entrare in uno stabilimento chiuso da tornelli. Di fronte, però, si trova Raffaele Bocchini, “Rosariello”, nipote del boss Salvo Genova. Uno scontro che è diventato poi motivo di denuncia alla Guardia di Finanza. Al Fatto Quotidiano, questa estate, La Vardera raccontò quanto accaduto così: “Mai avrei pensato che in quella spiaggia potessero esserci parenti di una nota famiglia mafiosa. Ho denunciato tutto alla Guardia di finanza mandando una nota puntuale al presidente della regione affinché rimuova definitivamente quella concessione che si avvale ufficialmente di parenti di noti mafiosi. Una questione etica e morale di opportunità in quello che di fatto è suolo della regione”.
L’ad di Italo Belga, Antonio Gristina, negò ovviamente qualsiasi rapporto tra la società e la criminalità organizzata: “Se avessi il minimo sospetto che ci fosse una condizione di favore o infiltrazione sarei il primo ad intervenire all’istante. Seppure si chiamino Genova, ci tengo a precisare che si tratta di persone incensurate, figure che già c’erano quando mi sono insediato come amministratore, e che durante questi anni non hanno mostrato motivi ostativi che potessero giustificare un loro allentamento”. Passa qualche mese, l’inchiesta continua ed evidentemente si è arrivati a considerare necessaria una protezione extra per il deputato siciliano. Al di là della specificità del caso, però, il tema è di portata nazionale. Come annunciato a inizio estate proprio da Hallisey, questo blitz servì per porre un problema che in realtà riguarda tutte le spiagge italiane: “Dopo aver documentato come la spiaggia di Mondello in alcuni punti era incredibilmente presidiata da tornelli e recinti che ne impedivano l’accesso, non abbiamo fatto scoppiare solo il caso mediatico. Grazie al deputato siciliano Ismaele La Vardera abbiamo inviato un’interrogazione regionale e una richiesta di chiarimento al direttore del demanio regionale. Il direttore del demanio ci ha risposto immediatamente: ha già avviato un’ispezione, confermando di fatto che società Italo-Belga non può mettere recinti e tornelli perché il passaggio per accedere al mare DEVE ESSERE GARANTITO ANCHE A CHI NON PAGA”. Onorevole Daniele Santanché, ministra del turismo, lei dov’è?
La battaglia su scala nazionale è portata avanti proprio dai radicali, che nel corso degli ultimi due anni hanno deciso di mettersi contro quelle che considerano delle vere e proprie caste, dei gruppi professionali, cioè, che hanno dei privilegi mai messi in dubbio dalla politica, che anzi è ostaggio di queste gilde, poiché possono spostare molti voti, fino a determinare l’esito delle elezioni locali. Noi ne avevamo parlato proprio con Hallisey in tempi non sospetti: tassisti e balneari, per parlare di due categorie, sono un problema o sono percepiti così dalla politica. Un problema che sarebbe meglio tenere a bada. Per i radicali, così come per La Vardera, il controllo basato su interessi privati, di spiagge e licenze, è qualcosa che invece va affrontato in modo diretto. E l’unico modo che i radicali conoscono è di attaccare di testa il tema specifico, andando nei luoghi “proibiti”, facendo quello che gli altri non fanno. Ricordate Marco Pannella con l’hashish in diretta televisiva? Il punto è questo: se tutti facessero quello che fanno Hallisey o La Vardera, allora le cose potrebbero cambiare. Se lo fa uno viene perseguito, se lo fanno in due vengono picchiati, se lo fanno in tre forse pure. Ma se lo facessero, contemporaneamente, trenta persone? O cinquanta? O centinaia in giro per l’Italia? Il potere della disobbedienza civile, che nell’era social deve per forza ricorrere anche a tecniche in stile Le Iene, attivismo da assalto, ripreso e post prodotto in modo da polarizzare l’attenzione e il dibattito su Instagram, su TikTok e su YouTube. Ecco perché i La Vardera e gli Hallisey rischiano le botte un giorno sì e l’altro pure. Perché quel contenuto poi potrebbe aiutare a porre il tema.

Facciamo un esempio uguale e contrario. Il boom a destra di Simone Cicalone su cosa si basa? Su un canale YouTube (Scuola di botte) e sulle retate nella metro, dove i ladri vengono presi di mira, mentre si registrano i confronti faccia a faccia, gli insulti, le risse sfiorate, con GoPro e microfoni. La gestione della violenza è fondamentale per bucare i muri imposti dall’algoritmo. Come puoi attirare un utente costantemente immerso in un mare di contenuti che annebbiano il cervello? Come bloccare lo scroll passivo dell’individuo sul cesso? Proponendo qualcosa che, dal Colosseo a oggi, ha sempre destato curiosità: la tensione, il rischio di aggressione. Ecco perché La Vardera ha ottenuto la scorta. A differenza di altri politici, scende in strada e convive con le contraddizioni della nostra epoca: denuncia pubblicamente le storture e lo fa in modo tale da far sì che questa denuncia risulti rilevante, anche se è un compromesso con dinamiche ugualmente storte, e cioè quelle dell'algoritmo social. Questo significa conoscere le strategie di comunicazione di oggi e non affidarsi a piani antiquati, da campagna elettorale permanente.