Nel bel mezzo di una fase storica drammatica di grave instabilità politica internazionale, con lo spettro di una guerra nucleare e di un possibile conflitto diretto con la Federazione Russa, le istituzioni europee sono guidate da figure politiche di quart’ordine, a comparse della storia che non hanno né la preparazione né l’autorevolezza per governare un’Unione europea che cerca di capire cosa vuole fare da grande, mentre su tutti i dossier internazionale rimane in disparte e sostanzialmente ininfluente rispetto alle grandi potenze come Stati Uniti, Cina e Russia. Se il pesce puzza dalla testa, allora non si può non citare Ursula von der Leyen, in carica per un secondo mandato come presidente della Commissione europea, finita sulla graticola per l’evolversi del «Pfizergate», lo scandalo degli sms scambiati dalla stessa von der Leyen con il Ceo di Pfizer, Albert Bourla. La testata Politico ha infatti riferito nelle scorse ore dell'esistenza di un'indagine da parte della Procura europea antifrode (Eppo) sui messaggini che la presidente scambiò con Bourla all'epoca delle trattative sulla fornitura del vaccino anti-Covid ai Paesi Ue, mai pubblicati dall'esecutivo comunitario, mettendo così in discussione la riconferma della stessa von der Leyen alla guida della Commissione.
Che la 65enne tedesca, fedelissima dell’ex Cancelliera Angela Merkel, non fosse una una statista, lo si era capito quando ricoprì la carica di Ministro della Difesa (2013-2019) nella Repubblica federale tedesca. Esperienza così poco memorabile che Ursula è considerata, a buon titolo, forse il peggior ministro della Difesa della storia della Germania. “Von der Leyen è il nostro ministro più debole. A quanto pare questo è sufficiente per diventare presidente della Commissione”, disse nel 2019 l’ex presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz. Sebbene sia un avversario politico di Von der Leyen, non si può dire che Scholz, che molti ricorderanno per il siparietto con Silvio Berlusconi, avesse torto dato lo stato a dir poco disastroso in cui Ursula lasciò le forze armate tedesche. In Europa, tuttavia, più che la competenza si è deciso di premiare la fedeltà (nella fattispecie, quella nei confronti di Angela Merkel).
E se la poltrona di von der Leyen traballa, sugli altri fronti non siamo certo messi meglio. Più che problematica è considerata la leadership di Christine Lagarde alla guida della Banca centrale europea: secondo un sondaggio interno diffuso da Bloomberg, più della metà degli intervistati valuta la sua presidenza come "scarsa" o "molto scarsa”. Il sondaggio, condotto a dicembre, ha raccolto le opinioni di 1.159 persone, circa un quarto degli oltre 5.000 dipendenti e tirocinanti che lavorano presso la Bce, secondo l'ultimo rapporto annuale. La Bce ha definito il sondaggio “viziato” ma anche all’esterno dell’ente la guida di Lagarde è considerata debolissima e non all’altezza.
Quanto al Consiglio europeo, il belga Charles Michel ha iniziato il suo primo mandato il 1º dicembre 2019 ed è stato rieletto presidente per un secondo mandato di due anni e mezzo il 24 marzo 2022. A gennaio Michel ha annunciato che si sarebbe candidato alle elezioni europee, salvo poi ritirare in fretta e furia la sua decisione, scongiurando così il rischio di passare automaticamente l'incarico al premier ungherese Viktor Orban. Un vero pasticcio politico che la dice lunga sulla statura politica dell’ex premier belga, mentre alcuni giornalisti autorevoli - come Politico - invocano la candidatura di Mario Draghi. Che con tutto quello si può dire sull’ex premier italiano, rispetto ai vari von der Leyen, Lagarde e Michel è una specie di De Gasperi.