In Italia c’è un mistero che neanche Agatha Christie riuscirebbe a risolvere: mezza nazione lavora, spende, gira in Suv, posta foto e video dai resort, ma risulta povera. Così povera che dichiara 15 mila euro l’anno e dice di sopravvivere con quelli. Un intero Paese in saldo perenne. Ma chi paga davvero? Spoiler: pochissimi. E non basta più chiamarla “evasione fiscale”. Quello che succede qui è un suicidio collettivo a rate, con ricevuta fiscale non emessa. Perché gli italiani rubano, sì. Rubano allo Stato, e quindi a se stessi. È come fare un buco nella barca per scappare dal capitano. Alla fine si affonda tutti.

Chi evade? Tutti. E non è nemmeno un segreto. I dati più recenti sugli indici Isa del Dipartimento Finanze non lasciano dubbi: ristoratori, albergatori, farmacisti, consulenti finanziari, commercianti al dettaglio. Tutti lì a dichiarare il minimo sindacale. Tipo baristi e ristoratori: 15.400 euro all’anno, meno di un rider part-time. Eppure i locali restano aperti. Miracolo economico o evasione sistemica? Anche discoteche e scuole di danza: 77% di “inaffidabili”. Gioiellieri che dicono di guadagnare 28 mila euro ma vendono Rolex e brillanti. Consulenti finanziari che dichiarano 125 mila euro contro i 568 mila dei “virtuosi”. Il tutto mentre i balneari, in rivolta contro le concessioni, campano con 15 mila euro dichiarati. Giusto il costo di un mese di affitto a Forte dei Marmi. Nel commercio? Un disastro: panettieri (70%), giocattolai (67%), negozi di abbigliamento (65%). Eppure nessuno chiude, nessuno fallisce. Anzi, aprono altri negozi. Un Paese di Houdini fiscali.

Ma il vero colpo gobbo è un altro: il 60% non paga proprio nulla Sì, avete letto bene. Il 60% degli italiani non paga tasse. Zero. E un altro 24% versa appena il necessario per coprire i propri servizi di base. Morale: il 17% della popolazione sostiene tutto il resto. Sanità, scuole, trasporti, pensioni. Quello zoccolo duro di contribuenti che dichiara più di 35 mila euro lordi l’anno. Tradotto: un italiano su sei tiene in piedi la baracca per tutti. Ogni anno servono 60 miliardi per la sanità, 66 per la scuola, 83 per assistenza e welfare, tutti soldi che arrivano da chi paga le tasse e dal debito pubblico, che oggi viaggia tranquillo verso il 135% del Pil. E mentre lo Stato si indebita per regalare bonus e cashback, i cittadini fanno la fila per l’Isee: 30 milioni di italiani lo presentano per avere sconti o servizi gratis, anche se poi spendono 159 miliardi in gioco d’azzardo, dominano le classifiche europee per spese in device, Tv a pagamento e tecnologia, e sono primi in Europa per consumo di acqua e cibo. Lo sport nazionale non è il calcio, ma sono i diritti senza i doveri. Abbiamo creato un modello perfetto: più evadi, più ricevi. Più dichiari, più ti massacrano. Un welfare alla rovescia, dove chi lavora in regola è il vero fesso. Perché diciamocelo: in Italia non conviene lavorare in chiaro. Conviene tenere un piede dentro e l’altro fuori. Ricevere bonus, sussidi, prestazioni. Intanto la politica ingrassa questa logica, regalando soldi a pioggia per comprare voti, anziché dire la verità: che i servizi pubblici si pagano. E che se sei in cinque al tavolo e solo uno ordina e paga, gli altri quattro stanno rubando il suo pranzo. Ma noi no. Noi siamo italiani “brava gente”. Quelli che si indignano per l’evasione degli altri, ma non fanno lo scontrino “perché tanto è poco”. Quelli che invocano più diritti, ma dimenticano i doveri. E poi si chiedono perché la scuola fa schifo, al pronto soccorso si aspetta otto ore, perché le strade sono bucate. La verità è che rubiamo. E lo facciamo a noi stessi, ogni giorno.
