Il quartiere Librino di Catania versa in una condizione di degrado sociale unica in Italia. Qualche chilometro quadrato di cemento, privo di qualsiasi punto di aggregazione o interesse in cui - in pochi anni - sono andate ad abitare circa ottantamila persone. Un numero esorbitante di cittadini che compongono una densità abitativa che lascia senza parole. Tanti, troppi sono i problemi del quartiere più malfamato della prima città più pericolosa d’Italia e la terza in Europa dopo Bradford e Marsiglia - secondo uno studio pubblicato da Numbeo all'inizio di quest'anno -. Uno di questi è sicuramente l‘occupazione abusiva della case. Centinaia, forse migliaia di inquilini che sono impropriamente, certe volte usando la forza, entrati nelle case di qualcun altro. Noi di MOW, in trasferta proprio nella pericolosissima zona, abbiamo avuto la possibilità di parlare con Jenny, una donna e mamma di due bimbi che è a casua di una serie di terribili motivi è stata "costretta" a occupare la casa di due anziani a poche centinaia di metri dall’ospedale locale.
Ha una capigliatura anni ’80 con dei boccoli sulle punte e un trucco pesantissimo sul viso. Sulle labbra una canna - nonostante sia pieno giorno. Al collo una collana d’oro con una pietra rossa, forse un rubino e degli anelli che raffigurano il personaggio mitologico Medusa. Nonostante il freddo pungente Jenny indossa un vestitino corto, molto sopra il ginocchio, ai piedi dei tacchi alti almeno dodici centimetri. Mentre si avvicina sempre di più a noi, notiamo che spinge una carrozzina. Dentro riposa beata la piccola July, nata qualche mese di prima questo incontro, il padre non si sa chi sia. Dopo il primo approccio Jenny ci propone di andare a parlare a casa "sua", ma a una condizione: non avremmo dovuto fotografare o riprendere nulla. Noi accettiamo, Jenny sorride, spegne la canna per terra pestandola col piede e ci incamminiamo.
La donna abita all’ottavo piano di un diroccato palazzone del Librino senza ascensore e senza luce elettrica negli spazi comuni. La 34enne apre la porta di casa dopo una faticosissima serie infinita di scale ed entriamo. Guardando il luogo in cui abitava con le figlie viene da chiedersi: ma davvero si può vivere in quelle condizioni nella civilissima Italia? Trenta metri quadrati di casa, tre lettini da campeggio gettati nel pavimento, sporchi e puzzolenti. Nel lavabo della cucina, una ventina di pentole e posate da lavare. Poco dopo esserci seduti esce dal bagno - unica altra stanza della casa - la piccola Erika, una bimba di cinque anni, scura di carnagione e con dei capelli castani ricci. Un vero e proprio angelo in quella discarica. Ancora increduli, chiediamo alla madre come possa vivere in questo modo. Jenny si siede su una delle sue sedie di legno e inizia a raccontare.
Jenny, perché ha occupato questa casa?
Non avevo altre alternative, non potevo dormire per strada. Il papà di Erika ci ha abbandonate dopo che ha saputo che ero incinta, la sua famiglia mi ha aggredita dopo che gli ho chiesto aiuto. Ero sola e sconsolata, allora sono stata costretta ad entrare in questa casa.
Ma lei sapeva che qui ci vivevano due anziani?
Sì, un amico mi aveva detto che erano fuori, in Germania, per curare il cancro della moglie. Pensavo che non tornassero più qui quindi ho aperto la casa scassinando la serratura, l’ho fatta cambiare a un fabbro di fiducia e sono entrata. Poco dopo è nata Erika e abbiamo iniziato a vivere qui con non poche difficoltà.
Quali difficoltà?
Niente acqua attaccata, non c’era luce elettrica, non capisco come facessero. Mi sono dovuta attaccare al palo della luce che sta nel cortiletto. Comunque sia non avevo i soldi per la spesa e non potevo lavorare, ero incinta. Poi avrei dovuto badare alla piccola, quindi…
Una situazione sicuramente complessa, ma quando i proprietari di questa casa sono tornati, cosa è successo?
Il finimondo, ecco cosa è successo. Sono stata minacciata di morte, si auguravano che mia figlia morisse di cancro, mi chiamavano troia, erano persone davvero terribili.
Erano?
Sì, se sono ancora qui è perché sono morte qualche anno dopo, erano anziani e fragili, sicuramente questa situazione ha influito e un po’ me ne dispiaccio. Dopo avermi fatto la guerra per mandarmi via sono passati a miglior vita. Non avevano figli ed eredi vicini. Ho scoperto solo poi che qualche parente lontano si era interessato a prendere in eredità questo minuscolo immobile. Dopo che il notaio gli ha spiegato la situazione però, ha preferito lasciare stare.
Non si sente un po’ in colpa ad aver influito così negativamente nella vita di queste persone? Cosa le avevano fatto di male?
Non mi avevano fatto nulla, non li conoscevo e francamente non mi interessa. Qui al Librino vige la legge della giungla non i codici civili o penali o quello che è. Se non lo facevo avrei dovuto abortire e l’altra piccolina non sarebbe mai nata. Guardate invece adesso che famiglia felice.
Famiglia felice? Le condizioni igieniche di questo posto rasentano il nulla, quando ci siamo incontrati aveva una canna d’erba in bocca mentre passeggiava con sua figlia…
Purtroppo non riesco a cambiare certi miei atteggiamenti. Ho iniziato a farmi le canne da ragazzina e adesso preferisco non comprarmi il pane ma con i cinque euro prendere il fumo vicino casa.
Quante persone come lei ci sono al Librino?
Migliaia, seriamente, tantissime. Al Librino ci sono più case occupate che abitate dai legittimi proprietari. È veramente una cosa schifosa, ma non possiamo dormire per strada. Purtroppo il lavoro non c’è quindi dobbiamo invitare ogni giorno qualcosa per poter sopravvivere in modo dignitoso, anche se questa alla fine dignità non è.
Una curiosità, sono mai venuti gli assistenti sociali qui? Hanno visto in che condizioni di degrado abitano le sue figlie?
Assistenti sociali qui? Ma state scherzando? Verrebbero presi a colpi di pietre se si avvicinassero a questo palazzo. Non hanno motivo di venire, le mie figlie stanno bene così, cresceranno forti come la loro mamma.
Come fa a far mangiare le sue figlie?
Come posso, con ogni lavoro possibile e inimmaginabile. Non vi nascondo che mi sono anche prostituita diverse volte per poter comprare un po’ di latte a mia figlia, la piccola July è stata concepita durante uno di questi incontri, infatti non ho idea di chi sia il padre, ma questo non vuol dire che non la ami…