Palermo, ore 8.39 del mattino, stazione Centrale. Manca sempre meno alla partenza del nostro treno in direzione Catania. La città ai piedi del monte Etna dista solamente duecento chilometri dal capoluogo dell’isola ma per raggiungerla con il treno bisogna affrontare una vera e propria Odissea. Tre ore e quaranta minuti. È questo il tempo che i treni siciliani impiegano - nel migliore dei casi - per attraversare due quarti dell’isola, un’intera mattinata sprecata per un percorso che - di norma - in macchina o con un treno veloce del nord si percorrerebbe in poco più di un’ora e mezza. All’interno della Centrale di Palermo ci sono dieci binari sporchi e malcurati, con accanto delle panchine vecchie dove ci si possono sedere tre persone, rimanendo comunque molto strette fra di loro. Il nostro treno in partenza dal binario tre alle nove e trentasei del mattino è arrivato dieci minuti prima della partenza, nonostante un impiegato di Trenitalia ci avesse rassicurato che sarebbe giunto in stazione quaranta minuti prima della partenza, per poter salire e prendere posto comodamente, senza fare le cose in fretta e furia. Nonostante questa grossolana inesattezza, il treno è arrivato, stranamente non in ritardo. Nel tabellone che segnava tutti gli altri treni in arrivo è spuntata - come per magia - la frase “In ritardo”. Siamo stati fortunati, ma non tutti hanno avuto la nostra stessa sorte. Vicino a noi prende la parola un anziano - di media statura, i pochi capelli che ha sul capo, brizzolati, sono tirati indietro da quello che sembra essere un gel, o forse una lacca fissante. Si regge in piedi con un bastone in legno e sul mignolo destro ha un anello enorme con Medusa, la stessa inserita nello stemma della Sicilia, a coprire gli occhi un paio di occhiali da sole, i Clubmaster della Rayban - che inizia a lamentarsi con noi dei continui ritardi dei treni siciliani. “È la terza volta in quattro giorni che il treno per Siracusa ritarda - dice sconsolato l’uomo - vengo qui per badare al mio nipotino e poi faccio ritorno a casa, ogni volta in questa maledetta stazione si registrano ritardi davvero senza alcuna logica o senso. Purtroppo anche tanti amici di Trapani, Ragusa, Enna e Mazara del Vallo devono continuamente combattere con questi ritardi”. Nonostante l’alta qualità della conversazione, ci tocca salutarlo velocemente e salire sul nostro treno in direzione Catania.
Il viaggio della speranza
Purtroppo per noi il treno non ci porterà direttamente a Catania. All’altezza di Dittaino, a pochi chilometri da Enna, ci toccherà scendere dai comodi sedili del treno per continuare il nostro viaggio sopra uno scomodo autobus. “Ci sono dei lavori lungo il tragitto che avrebbe dovuto portarci a Catania - sussurra all’interno del vagone una dipendente di Trenitalia - purtroppo questa cosa va avanti da parecchi anni”. Il treno su cui noi di MOW siamo saliti - formato da tre vagoni - è semi-deserto, potrebbe ospitare oltre duecento persone, ma ne riusciamo a contare solo venti. Nella prima mezz’ora di viaggio, nessuno ha controllato i biglietti. Una leggerezza che ha fatto molto comodo a due ragazzi seduti davanti a noi, giovanissimi studenti di massimo sedici anni. Uno, il più “grande”, alto, con un accenno di peluria sul mento e una sigaretta elettronica poggiata sulle labbra, anche se nei treni non si potrebbe fumare. L’altro, più giovane, basso con dei capelli a caschetto e uno zaino del noto videogioco Fortnite appoggiato sull’addome. I due, fra un tiro di sigaretta e una partita a Clash Royale sul telefonino si vantavano con noi di essere riusciti ad entrare nel treno senza pagare i biglietti. “Lo facciamo sempre - racconta senza vergogna Giuseppe, il più grande dei due - siamo cugini e andiamo prendiamo sempre il treno da Palermo per tornare a casa nostra, a Termini Imerese. In quasi tre anni di superiori nessuno ci ha mai scoperto e come noi ce ne sono altri cento”. Giunti alla stazione di Termini i due si alzano e vanno via, anche oggi hanno fregato il sistema. Arrivati a Caltanissetta, dopo quasi un’ora e mezza di viaggio in cui abbiamo percorso 133 chilometri, notiamo fuori dai finestrini apribili del treno molti binari incompiuti con veri e propri cantieri abbandonati tutti intorno. Quei cantieri sarebbero dovuti essere completati diversi anni fa, ma la burocrazia e le infiltrazioni criminali nelle gare d’appalto hanno fatto sì che i lavori venissero bloccati, immobilizzando e danneggiando significativamente le infrastrutture siciliane.
Un’Odissea tutta siciliana
Dopo quasi tre ore di viaggio in treno, arriviamo finalmente a Dittaino. Nemmeno il tempo di poggiare i piedi per terra e sgranchire un po’ le gambe mentre facciamo quattro chiacchiere con gli altri compagni di viaggio che ci viene urlato di entrare nel pullman che poco dopo sarebbe partito alla volta di Catania. Una scorettezza nei confronti dei passeggeri, nei biglietti acquistati su internet era infatti chiaramente indicato che fra una coincidenza e l’altra ci sarebbe stata una pausa di circa venti minuti, il tempo di prendere qualcosa da bere nel modesto bar della stazione. Nonostante queste premesse, siamo stati fatti accomodare nel mezzo di trasporto dall'autista con una certa premura. Ma comunque il pullman non è partito prima delle 11:55 - guarda caso, l’orario scritto sul biglietto -. Siamo rimasti per dieci interminabili minuti chiusi dentro il pullman, a mezzogiorno, con il sole cocente, amplificato dai vetri dell’autobus. Una vera e propria serra con venti persone dentro, di ogni età: bambini, ragazzi, adulti ed anziani. Dopo i primi minuti di agonia, qualcuno ha iniziato a lamentarsi con l’autista, una donna è stata costretta a togliersi la felpa lasciandosi addosso soltanto una maglietta. Un bambino, esasperato dal caldo è sceso accompagnato dalla mamma verso una zona coperta dall'ombra, forse colpito da una insolazione. Anche noi di MOW abbiamo accusato il colpo e quando stavamo per cedere e scendere in cerca della tanto agognata ombra l’autista ha chiuso le porte dell’autobus ed è partito.
L'agonia del pullman
Dopo quasi quattro ore di viaggio l’Odissea è quasi conclusa e come Ulisse ci apprestiamo ad arrivare nella nostra personalissima Itaca. L’arrivo a Catania è previsto per le 13:55. A un certo punto davanti a noi, imponente come un gigante, si presenta il monte Etna, spaventoso - con il suo distruttivo vulcano - ma allo stesso tempo affascinante. L’ultima ora di viaggio scivola via come una goccia d’acqua e in poco più di un’ora arriviamo alla stazione Centrale di Catania, ancor più misera e vuota di quella palermitana. Al nostro arrivo però ci viene fatta un’inquietante rivelazione dall’autista di un altro autobus, con il quale avevamo preso confidenza. “Vi sarebbe potuta finire molto peggio. Certe volte il viaggio per Catania da Palermo può dilungarsi e durare oltre sei ore, con quattro coincidenze, una dopo l’altra. È un vero inferno. Il ministro Matteo Salvini si fa bello davanti alle telecamere con il ponte sullo Stretto di Messina, ma dovrebbe pensare prima alle nostre infrastrutture. Far arrivare i treni veloci in Sicilia il prima possibile è diventato ormai un imperativo”.