A Palermo la criminalità dilaga come non si vedeva da anni. L’ultimo episodio di violenza, un tremendo e sanguinoso omicidio. Badr Boudjemai era un 41enne algerino, che in molti conoscevano nei pressi del porto di Palermo, dove lavorava come cuoco. Camminando per le vie vicine al locale dove si dava da fare, nessuno ha voglia di parlare. Soltanto una persona, di circa sessant’anni con gli occhiali scuri e il sigaro in bocca, ci concede una brevissima chiacchierata. “Era un brav’uomo - dice Salvatore, mentre fuma il suo sigaro e sfoglia le pagine del Giornale di Sicilia - faceva campare la famiglia cucinando, e da quel che mi dicono era bravo, avrebbe veramente potuto fare tanta strada, dare un futuro diverso a sua moglie e ai suoi figli. Non mi spiego chi possa aver mai potuto sparargli tre colpi di pistola addosso, di cui uno in testa, quando ancora era tramortito a terra, nella centralissima via Roma, per poi darsela a gambe”. I tre colpi di pistola non sono un metodo comune. Lo sparare due colpi sul petto e uno in testa, quando la vittima è già morta e con il solo intento di sfigurarla, è una prassi mafiosa. Ma le violenze non si sono fermate al tremendo omicidio del quattro novembre. Nemmeno 24 ore dopo, nelle immediate vicinanze del Country Disco Club un ragazzo di ventiquattro anni è stato accoltellato alla gola da due coetanei. Come se a Palermo centinaia di ragazzi stiano facendo tutto il possibile per ascendere al ruolo di criminali, visti i posti lasciati liberi da mafiosi ormai morti o dietro le sbarre.
Così Palermo sembra tornata ai periodi bui in cui a farla da padrone era Cosa nostra con la conseguente paure che incuteva nei cittadini. Un periodo in cui si doveva avere timore di uscire per comprare il pane, con il terrore di essere rapinati ed accoltellati. È un sentimento molto comune soprattutto nelle zone più popolari, lontane dal centro storico. “Abbiamo paura ad uscire di casa - racconta a MOW un palermitano che abita a Borgo Vecchio - la notte questa zona è diventata una bolgia. Ragazzini, molto spesso minorenni, che in tre, anche senza casco, girano per le strade a seminare il panico. Una ragazza non può più sentirsi libera di tornare a casa da sola in queste condizioni, ma nemmeno un ragazzo. A farci paura è l’assenza totale delle istituzioni. Nessuno si fa mai vedere, siamo abbandonati a noi stessi”.
Da ormai un anno Palermo è investita da un'ondata di criminalità mai vista prima. Se, fino a qualche tempo fa, era possibile assistere a certe scene di violenza soltanto nelle periferie, lontane dal centro e dal cuore della città, adesso la situazione appare drasticamente cambiata. Ne sono prova le terribili risse avvenute in pieno centro storico, nella zona della movida palermitana a pochi metri dal teatro Massimo di piazza Verdi. Nemmeno due mesi fa si verificarono due tremende risse. La prima allo scoccare della mezzanotte, una vera e propria guerriglia tra baby gang conclusasi con un accoltellamento ai danni di un ragazzino. La seconda, avvenuta verso le tre di notte, con protagonisti almeno una decina di trentenni. Ma il ritorno di questa folle violenza a Palermo non si ferma ai casi più eclatanti di cronaca, finiti sulle prime pagine di quotidiani locali e nazionali. Spingendosi nelle zone più popolari della città, si riescono ad ascoltare storie incredibili e inedite.
Nel quartiere dello Zen, un virtuoso cittadino ha deciso - con la promessa di mantenere anonima la propria identità - di raccontare tutto il marcio che accade. Camminando nelle molte strade dello Zen - sommerse da immondizia e rifiuti di ogni genere, addirittura la carcassa di una automobile data alle fiamme per chissà quale motivo, davanti il silenzio omertoso degli abitanti - veniamo immediatamente fermati da quella che potrebbe essere descritta come una “ronda di quartiere”: tre ragazzini, giovanissimi, insospettiti dalla nostra presenza. Fortunatamente, con una mediazione di una nostra fonte, i ragazzini si allontanano senza avvisare “i grandi”. Sì, proprio “I grandi”. Ci spiega infatti il nostro contatto che loro vengono impegnati dagli adulti per scandagliare le varie vie del quartiere e, quando incontrano qualcuno di sospetto o un volto mai visto, hanno l’ordine di avvertire i ragazzi più grandi. “Capita molto spesso che qualche straniero o un turista si perda e arrivi qui - inizia la nostra fonte - non sai quante volte ho visto uomini, ma anche donne e ragazzini, scappare mentre un motorino con due o tre ventenni li inseguono per rubargli portafogli e vestiti di marca, che finiscono sempre o nelle bancarelle del mercato o nel guardaroba dei boss di quartiere. Siamo abbandonati a noi stessi, per lo Zen non basta la volante dei carabinieri che un giorno sì e l’altro no viene nelle zone più esterne a controllare e poi va via, o la polizia municipale, ci vuole l’esercito. A questo punto la nostra fonte indica cinque bambini, dieci anni l’uno al massimo, uno di loro con una sigaretta fra le labbra. “Da che contesto sociale provengono questi giovani - si chiede affranto, quasi con le lacrime agli occhi - così piccoli e già con la cresta ai capelli, le sigarette in bocca, se non interverranno le istituzioni, queste saranno le nuove leve di Cosa nostra, una vita già scritta, rovinata dalla criminalità”. Il vuoto di potere mafioso lasciato da Totò Riina prima, e dalla cattura del latitante Matteo Messina Denaro poi, ha fatto sì che moltissimi giovani aspiranti criminali iniziassero a compiere crimini sempre più pericolosi per cercare di ritagliarsi un proprio spazio all’interno della malavita palermitana, come nei peggiori film sulla mafia. “Da questa strada non si può che uscire dentro una bara - conclude la nostra talpa allo Zen - nel migliore dei casi, qualche fortunato dopo alcuni anni di delinquenza viene sbattuto in carcere, magari con dieci o quindici anni di pena da scontare. Ma nel peggiore dei casi questi ragazzi muoiono prima, magari in uno scontro a fuoco, proprio contro altri coetanei che vogliono imporre il proprio predominio criminale all’interno del proprio quartiere”.
In questo tremendo quadro socio-culturale che abbiamo cercato di descrivere nel modo più aderente possibile alla realtà, l’assenza delle varie amministrazioni locali e di delle figure di riferimento sembra giocare un ruolo fondamentale. Bambini e ragazzini che si apprestano a diventare feroci criminali, cresciuti nelle strade dei quartieri più malfamati, svezzati e cresciuti dalla criminalità, che adesso li reclama come propri soldati.