Ho scritto 18 pagine dopo aver passato 3 giorni dietro Vale. Vale è Vale. Un cazzo di mito. Larger than life. Una icona. È uno di quei pochi che quando morirà tutti ci ricorderemo chi è stato. È così. Pure se sei un suo hater (è incredibile, ma ce li ha anche lui) non puoi non ammetterlo. Valentino è epico. Da due anni corre in un campionato di auto che sapevo essere competitivo ma non avevo capito quanto. Quest'anno, nella tappa di Misano, ha vinto. E lì mi è scattato qualcosa: ma cosa ha in mente esattamente Vale? Quale è il suo piano?
Così ho scritto un pezzo. Il titolo era: Noi Vale non lo potremo capire mai. Il senso dell'articolo era spiegare che ciò che muove e spinge Valentino a correre non potevamo nemmeno avvicinarci a capire cosa fosse. Scrivevo: "Sei Valentino Rossi, potresti abbassare la guardia un attimo, potresti abbandonare la presa e smetterla di pensare che devi dimostrare qualcosa a qualcuno, se non altro a te stesso. Invece no, e giù ogni giorno ad allenarsi, a faticare, a mettersi sotto e a spremersi al Ranch o dovunque possa migliorarsi". Ho mandato il pezzo ad Albi, l'amministratore delegato di VR46, lui l'ha mandato a Vale e so che a Vale gli era piaciuto.
Noi avevamo un precedente: 2018, ero il direttore di Riders e insieme facemmo tutto uno speciale dedicato ai 10 anni della VR46. Un numero da collezione, se vai in azienda a Tavullia lo trovi ancora in giro tra le scrivanie. Allora ho pensato: perché non raccontiamo quello che sta facendo Vale adesso e dove vuole arrivare passando con lui un weekend di gara? Avevo intuito una cosa che avrebbe detto lui stesso qualche settimana dopo: non era lì tanto per divertirsi, ma per allenarsi e salire di livello, puntare al mondiale WEC, il peso massimo, la Formula Uno, la MotoGP delle gare endurance. Sfide assurde di ore e ore e ore, alcune anche 24. Roba da malati.
Ho proposto l'idea ad Albi prima dell'estate: "Sarebbe una figata anche perché di quello che succede in gara e di cosa c'è dietro non si sa molto" mi ha detto. "E poi Vale sta facendo delle cose incredibili che nessuno racconta". Sapevo che le possibilità di riuscire a fare il reportage erano davvero poche: Vale ama la tranquillità, gli impegni stampa lo stressano, da quando ha smesso con le moto non ha fatto nemmeno una biografia e ha sempre risposto no alle proposte di documentari che gli sono arrivate. Tutti in cerca di un racconto facile. Ma Vale non ha fretta, si prende il tempo che vuole. È Vale, che gli frega. Ma Albi mi aveva parlato di una tappa, quella di Barcellona. 29 settembre-1 ottobre. Una speranza, quindi, c'era.
A fine agosto sono tornato alla carica. Albi non mi rispondeva. Ma io insistevo. A un certo punto, vedo un messaggio su wapp. Suo. Ci sentiamo, mi chiede informazioni: "Verresti da solo? Cosa vorresti fare esattamente?" La mosca, gli rispondo. Sto lì intorno a voi, zitto e buono, non disturbo, prendo appunti e poi scrivo. Sapevo che qualsiasi sovrastruttura avrebbe reso impossibile ottenere un feedback positivo. Vale riceve migliaia di richieste. Albi passa le giornate a dire di no.
Qualche giorno dopo io e Albi ci risentiamo, siamo intorno al 20 settembre, e mi spiega che ne deve parlare anche con i responsabili del team di Vale: "Sai anche loro ricevono molte richieste e fino a ora le hanno messe tutte in stand by, sanno che Vale non vuole essere disturbato. Ma alla fine se Vale dice di sì, be', forse anche a loro farebbe piacere". Passano i giorni. Martedì 25 settembre, alle 9:40 di sera, mi squilla il telefono. È Albi VR46, l'ho memorizzato così. "Moreno, ho parlato con Vale. E alla fine mi ha detto: va bene, dai, facciamola questa cosa". Che figata. Due giorni soli per organizzare aereo, hotel, noleggio auto, disdire appuntamenti, cambiare programmi familiari, preparare le interviste e documentarsi sul campionato Fanatec GT World Challenge Europe (si chiama così quello in cui corre Vale, io a malapena sapevo il nome) ma sticazzi. Per andare non hai bisogno sempre di sapere dove stai andando. Basta l'istinto.
Ed ecco il reportage dentro il team di Vale. 18 pagine, 3 capitoli. Ho capito subito che in realtà stavo facendo un viaggio dentro qualcosa di più profondo: il concetto di motivazione nell'essere umano. In quella roba che ti fa provare perennemente a essere il numero uno. Cos'è? Ma la domenica torno in hotel triste. Il weekend era stato meraviglioso, ero entrato dentro alle dinamiche del gruppo di Valentino, avevo conosciuto ancora meglio Albi, la sua social media manager e videomaker e fotografa Camilla, rivisto Max, che lo assiste in tutto e per tutto, conosciuto il suo bodyguard, il suo capotecnico Vincent Voss e le persone del suo team, ma la gara era andata malissimo. L'umore di tutti era tremendo. Il mio, per empatia, pure.
Poi, però, davanti al mio albergo vedo un campo di calcio. Asfalto grezzo. Pieno di ragazzi che passavano il pomeriggio lì a giocare con le maglie di Messi, del Brasile, a petto nudo. Una roba che i giovani adesso non fanno quasi più. Mi sembrava di essere tornato agli anni 80. Mi fermo a guardare la partita. Litigano per un rigore non dato. E a un certo punto mi metto a ridere. Avevo passato tre giorni a chiedermi cos'è che spingesse Vale a correre ancora, a rischiare ancora tutto ogni volta. E qualcosa ancora non mi tornava. Mi mancava un pezzo.
Ma osservando quei ragazzini che davano l'anima in un campo di periferia ho capito. La soluzione era così semplice, ma così semplice, che non ci potevo credere. Quei ragazzini mi avevano aiutato a mettere insieme tutti i punti, a terminare il puzzle, e ora mi era tutto molto più chiaro: i tatuaggi di Camilla, il carattere di Albi, la tensione di Max, la voglia di Vale, il suo modo di vivere la vita e ogni aspetto che racconto nel reportage, ogni cosa in questa storia, nella storia di Vale e intorno a Vale, fa la propria parte. Per capirlo avevo avuto bisogno di guardare dei ragazzi rincorrere un pallone, scoordinati, confusi, puri e senza pensieri, perlomeno in quel momento lì; ragazzi che giocavano esclusivamente per il gusto di giocare. Nient'altro prima. Nient'altro dopo. E questo, se ci pensate, è bellissimo. È il senso di tutto. Godetevi i tre capitoli del reportage. Dai, che nel weekend avete più tempo per farlo.