Noi veramente, davvero, fino in fondo non lo possiamo capire che impresa incredibile ha compiuto Valentino Rossi ieri. Noi veramente, davvero, fino in fondo non lo possiamo comprendere. Non possiamo capire che significato ha per lui, per chi in questo percorso gli è stato vicino, per la sua gente, la vittoria che si è preso e portato a casa nella sua Misano, nella tappa del campionato GT World Challenge Europe. Non lo possiamo capire perché Valentino lo diamo quasi per scontato, oppure perché ormai non corre più in moto, ma in un campionato che passa poco in tv, che non è così mainstream, che fa meno notizia e che non è ancora il mondiale dei pesi massimi Endurance. Quindi non lo possiamo capire perché non ci siamo accorti di quanto lavoro, quanta fatica e sacrificio, quanta testa ci abbia messo per raggiungere un obiettivo del genere. E quanta ce ne sta mettendo per arrivare nella categoria dei più forti, anche nelle macchine.
Vale non ha mollato mai, mai niente, mai un momento. Un figlio, la vita più comoda, la pensione da motociclista, tutte cose che gli hanno fatto bene ma che non nutrono la sua natura. E ha dimostrato, ancora una volta, come se ce ne fosse ancora bisogno, che lui è il numero uno. Perché la sua testa ragiona così, perché la sua testa vuole così. Ed è proprio la testa che gioca un ruolo importante, il più importante. A dimostrarlo c'è il fatto che questa vittoria se l'è presa a Misano. Dopo qualche podio, dopo una vittoria in una gara minore, dopo 6 anni esatti dall'ultima vittoria in MotoGP. Misano, la pista di casa, con i tifosi amici di Tavullia sugli spalti e nel box; Misano, la pista che porta il nome di Marco Simoncelli, l'amico travolto e perso a Sepang in un periodo che da buio per le difficoltà in Ducati diventò drammatico per la perdita di un amico, un episodio che volente o nolente, consciamente o inconsciamente in lui ha influito e continua a influire.
Potrei scrivere che dopo quell'incidente ha creato la Academy dei giovani piloti (adesso non più giovani e anche vincenti) come si fa sempre da anni, ma sarebbe una semplificazione giornalistica. La storia, la questione, è molto più complessa. Ci sono tante sfumature e cose che si inseriscono e tutte si muovono nella testa di Vale, che lui se ne accorga o meno. Di Vale si dice sempre che lui queste cose non le sente neanche, che fa tutto in maniera naturale, che non abbia bisogno di mental coach (e oramai ce l'ha pure mio cugino per giocare il torneo estivo di tennis). Quante volte ai giornalisti che chiedevano al suo entourage come Valentino ce l'avesse fatta a riprendersi dai momenti duri, durissimi, della sua carriera è stato risposto: non lo sappiamo, fa tutto lui da solo. Ecco, Vale se la vede con sé stesso, fa tutto da sé, con scioltezza. Ed è per questo che non ce ne potremo mai rendere conto di quanta forza interiore ci voglia, per alzarsi tutte le mattine con la ghigna addosso, digrignando i denti, per tornare a vivere quella sensazione lì, la sensazione di essere il numero uno e di goderci immensamente nell'esserlo. Sei Valentino Rossi cazzo, potresti abbassare la guardia un attimo, potresti abbandonare la presa e smetterla di pensare che devi dimostrare qualcosa a qualcuno, se non altro a te stesso. Invece no, e giù ogni giorno ad allenarsi, a faticare, a mettersi sotto e a spremersi al Ranch o dovunque possa migliorarsi.
E solo cercando di capire questa cosa (che non potremo capire mai), solo così possiamo anche in questo caso provare a intuire quanto gli possano essere girati i coglioni a non vincere per così tanto tempo. Uno così vuole farlo. Per lo stesso motivo credo che stia godendo a vedere Marquez in difficoltà, nell'intervista a Gianluca Gazzoli si capisce perfettamente quanta tigna e come gli sia rimasto addosso il fastidio verso chi gli ha tolto il decimo titolo. No, Valentino non potremo capirlo mai. Per tutto quello che si porta dentro, che fa intravedere ma che non rivela fino in fondo a nessuno, che si fa scorrere dentro e che ascolta senza sentire, che lo fa muovere come si muove, e che lo fa essere ancora una volta, una volta di più, dopotutto questo tempo, il numero uno. Per tutti. E il fatto che lo sia già stato e che per molti lo sarà per sempre, irraggiungibile, leggendario, a lui non gli basta. Ne vuole la controprova fisica, tangibile, reale ancora e ancora. Per provare quella sensazione lì, che noi davvero non capiremo mai.