Valentino Rossi che ha cambiato uno sport, Valentino Rossi che ha vinto più degli altri, meglio degli altri, che è stato persona e personaggio insieme. Valentino Rossi che ha reso pop i motori, la MotoGP, che ha creato uno schema, un modello da replicare, impossibile però da mettere a confronto con chiunque altro, prima e dopo di lui.
Di e su Valentino Rossi si è detto tanto, forse troppo, soprattutto in questi anni di avvicinamento al ritiro dal motomondiale e di nuova, seconda, vita nel mondo delle corse automobilistiche. Lo si è criticato per non aver scelto di lasciare prima, per aver finito tra le fatiche di una carriera trascinata oltre l'età anagrafica più comune per il ritiro della MotoGP, ma lo si è anche osannato per averlo fatto, per aver gestito, amato, più di chiunque altro le due ruote. E nell'osservarlo cambiare vita, diventare padre, cimentarsi nel mondo dell'automobilismo con l'entusiasmo di un ragazzino, ci si è chiesti se sarebbe stato in grado di diventare subito competitivo, di lasciare il segno anche lì.
Mentre tutti, come sempre è successo nel corso della sua lunghissima carriera, si facevano domande su lui, Valentino ha fatto da sé. Ha portato avanti le cose mettendo un piede sapientemente davanti all'altro, senza bruciare gli step che la sua fama gli avrebbero permesso senza problemi di bruciare, e ha dimostrato ancora una volta una delle sue più grandi qualità: quella delle coerenza. Il Dottore di Tavullia, eterno Peter Pan dello sport, è riuscito ancora a prendersi il proprio tempo, a decidere il proprio passo senza cadere in quello degli altri, non cedendo alle lusinghe di mondi più luccicanti.
Lo ha fatto da giovanissimo, quando nel 1996 gli proposero di passare dalla categoria 125 direttamente alla 250 ma lui, convinto di dover prima passare dai successi, decise di restare un altro anno in 125 per vincere il titolo. Lo rifece nel passaggio dalla 250 alla 500, mai convinto che bruciare le tappe fosse una scelta azzeccata per uno come lui. Lo rifarà, in un momento cruciale della sua carriera, quando nell'aria arrivò per lui la possibilità di passare dalle due alle quattro ruote, iniziando una carriera con Ferrari in Formula 1: l'idea era quella di una prima stagione in una squadra minore, per poi passare in Ferrari già l'anno successivo.
Erano gli anni dei successi di Michael Schumacher, l'ultima fase di una Ferrari vincente che rendeva tutti vittime di un incantesimo a cui era quasi impossibile rinunciare. La prima macchina la provò nel 2004, la decisione finale nel 2006: "Avevo 27 anni e non mi sentivo pronto a smettere con le moto". A posteriori fu sicuramente la scelta giusta: pensare di competere ai massimi livelli, come richiesto dalla Formula 1, contro giovani piloti del calibro di Lewis Hamilton e Fernando Alonso in quegli anni di grande competitività nella massima serie delle quattro ruote, per Valentino si sarebbe potuto trasformare in un suicidio annunciato.
Dire di no alla Ferrari e un passaggio incredibile che lo avrebbe reso ancora di più una leggenda del motorsport non fu facile, ma fu meditato. Figlio di una coerenza che il Dottore ha sempre dimostrato di avere, insieme a un'intelligenza innata, che lo ha portato sempre a scegliere di cuore e di testa, insieme, facendo prima di tutto il suo meglio. Scelte che lo hanno portato a lasciare tardissimo la MotoGP, tra le critiche di chi non voleva vederlo invecchiato, sconfitto. Eppure Vale ha fatto a modo suo, aspettando di essere pronto, di aver cresciuto i suoi ragazzi, così da vederli andare avanti dopo il suo ritiro. Non ha lasciato da vincente, ma ha lasciato sicuramente da campione.
E nella sua seconda vita motoristica, quella della carriera in auto, ha dimostrato la stessa intelligenza. Non ha saltato le tappe, non ha voluto dimostrare a nessuno di poter arrivare e vincere o - peggio - andare subito in un campionato di grande rilevanza mediatica. Chissà quante proposte gli saranno arrivate: correre subito a Le Mans, andare nel WEC immediatamente per il campionato ufficiale, magari l'Indy, la NASCAR, la Dakar. E invece Valentino ha fatto le cose con i suoi tempi: ha scelto un campionato competitivo, perfetto per mettersi alla prova, come il GT World Challenge e dopo una prima stagione di assestamento e un passaggio di team ha vinto la sua prima gara a Misano, a casa sua.
Lo ha fatto alla Valentino, mettendo in ombra tutti gli altri, e lo ha fatto dopo oltre un anno di lavoro, test, piccoli e grandi accorgimenti. Sempre mantenendo quella coerenza, quella capacità di ascoltare il proprio istinto prima che la voglia di fare l'impossibile, che ha guidato la sua carriera in ogni scelta e - così facendo - lo ha reso uno dei più grandi sportivi di tutti i tempi. Eterno Valentino, uomo di corse che ha sempre saputo mantenere il proprio ritmo. Il segreto di ogni successo.