Instagram, imponente paradigma della nostra società, nasce per una questione estetica: rendere bello tutto. Intento nobile, effetto pessimo, anche perché dietro non c'è una vera filosofia se non il solito deleterio capitalismo. Così, l'ideale pratico di bellezza dominante è diventato nel frattempo l’instagrammabile, più che il bello in sé, trasformando in questo senso luoghi, persone, paesaggi. Se non vai bene per Instagram, sei fuori. Finito questo preambolo che fa molto Scuola di Francoforte, ecco il punto: un concorso di bruttezza, in questo contesto, è un atto rivoluzionario. Stiamo parlando del “Più brutto d'Italia”, contest annuale organizzato dal “Club dei brutti”, associazione fondata nientemeno che nel 1879 a Piobbico, nelle Marche, più di un secolo prima che la definizione di body positivity venisse coniata da uno psicoterapeuta americano, nel 1996, e in netto anticipo sui social media che, trasformando il concetto in hashtag, ne hanno snaturato il significato per ridurlo a un trend da cavalcare anche a livello di marketing aziendale. Un Pride dei brutti, sostanzialmente, senza la pretesa retorica di trasformare la bruttezza in bellezza, né il relativismo del “bello è ciò che piace”. Il “Più brutto d'Italia” è un semplice e orgoglioso concorso di bellezza a rovescio: vince chi è il più brutto. Stop. Senza polemiche né imbrogli. Il brutto sublime, per parafrasare il titolo del libro di Slavoj Žižek.

E l'uomo più brutto d'Italia, a sua volta, è fiero di esserlo. Un vero fenomeno della sublime cessitudine, tanto da vincere il premio a più riprese. Si chiama Daniele Isabettini, detto Poldo, originario di Fano. Nella vita è pensionato e gestisce un circolo anziani. Su di lui non c'è molto altro da dire, se non che è il brutto più brutto d'Italia, però la storia del club merita un approfondimento. “Oggi - si legge sul sito ufficiale - ha lo scopo di sensibilizzare sui problemi dei brutti ridimensionando l’importanza dell’apparenza nella società moderna. Nel 2005 aveva 25.000 iscritti e succursali in diversi Paesi europei e americani (secondo quanto dichiarato dal club stesso, oltre 25 sedi nel mondo nel 2008)”. Numeri grandi, ma la cosa della del Club dei brutti è che nasce come prima agenzia matrimoniale, con declinazione al femminile: lo scopo era quello di trovare marito alle zitelle che, per la loro scarsa avvenenza, erano poco richieste sul mercato degli accoppiamenti. Oggi forse suona male, ma l'intento è lodevole considerando che siamo nel 1879, anno in cui Edison presenta la lampadina e in cui Dostoevskij pubblica i Fratelli Karamazov sul Messaggero Russo. Una sorte di Tinder ante litteram, senza nemmeno l'onere di mettere foto in cui si vuole apparire meglio di ciò che si è in presenza.

Piobbico, definito “paese dei brutti”, reca sui cartelli d'ingresso lo stemma del club, un nasone baffuto che fuma con la papalina in testa. Sotto, lo slogan: “La bruttezza è ‘na virtù, la bellezza è schiavitù”. Giusto: essere belli richiede fatica, impegno, soldi e magari perfino la palestra. Invece con la bruttezza ci si impara a convivere, maturando nel frattempo altre capacità da mettere in campo per consolidare la classica giustificazione: “Non è bello, ma…”. Ed è singolare il fatto che, nonostante il club sia nato per dare una chance alla bruttezza femminile, ora il concorso sia tutto al maschile. Forse ci si è resi conto che la figura femminile non può mai essere così brutta come quella di un uomo, forse le donne si sentirebbero offese nel partecipare a un concorso di bruttezza. Sta di fatto che il premio del Più brutto d'Italia è una vera e propria festa, o Festival dei brutti, che coinvolge tutto il paese. Andrea Petinari, giornalista e videomaker, ha intervistato Poldo, il campione di bruttezza. “Se dovessi perdere, vuol dire che mi riposo un anno”, che un annus horribilis da bruttissimo comporta anche molti impegni. Il nostro campione “Non ha mai avuto una compagna, ma è felice”. E parla anche Giannino “La Belva”, presidente del Club dei brutti da 15 anni: “Il valore del Club è l'inclusione dei brutti, sdrammatizzare le problematiche”. Il presidente, a differenza di Poldo, è sposato, e gestisce un bar con la moglie. E ci sono anche i bambini, capitanati dal presidente del Club dei brutti dei bambini, Tancredi. Che brutto non è, ma a 8 anni non lo è nessuno. Il suo obiettivo? “Sconfiggere il bullismo”. Sembra tutto bellissimo, altro che bruttezza. Bello, e necessario: il contraltare a ogni concorso di bellezza e a ogni post che troviamo su Instagram. E sarebbe altrettanto bello vedere anche una versione femminile del premio.

