Le emissioni derivanti dalla produzione di auto elettriche sono di gran lunga superiori a quelle delle equivalenti con motore termico. Lo dice Volvo, invitando i leader mondiali e i fornitori di energia a incrementare significativamente gli investimenti nelle fonti verdi per ridurre l’impronta ecologica dei modelli plug-in.
La casa automobilistica svedese sostiene che nel corso del ciclo vita di un’auto la versione elettrica a un certo punto diventerà complessivamente più ecologica, anche se questo obiettivo viene raggiunto solo dopo aver percorso tra 50 mila (nel caso di alimentazione con elettricità generata da impianti eolici) e 110 mila chilometri (nel caso di alimentazione con mix elettrico globale), ossia mediamente dopo 4-9 anni.
Le affermazioni sono arrivate in concomitanza con il vertice sul clima COP26 che si svolge a Glasgow e come parte di un nuovo approccio “rivoluzionario” alla trasparenza adottato dal marchio, che include la pubblicazione del suo ultimo rapporto “Life Cycle Assessment” per la C40 elettrica.
Il rapporto mostra che le emissioni di gas serra durante la produzione del veicolo elettrico sono superiori di quasi il 70% rispetto a un modello a benzina, il che è dovuto principalmente alla batteria e alla produzione di acciaio, nonché alla maggiore quota di alluminio nel veicolo plug-in.
Quando viene caricato con energia pulita, come l’energia eolica, l’impronta di CO2 del ciclo di vita del nuovo suv elettrico C40 Recharge secondo Volvo si riduce a circa 27 tonnellate di CO2, rispetto alle 59 tonnellate di un suv compatto XC40 alimentato da un motore a combustione.
Tuttavia, quando i conducenti ricaricano la loro C40 Recharge utilizzando un mix energetico globale medio (generato per circa il 60% da combustibili fossili), il tonnellaggio di CO2 del ciclo di vita dell’auto può aumentare fino a 50 tonnellate, riducendo significativamente i vantaggi ambientali rispetto a un’auto tradizionale.