Le auto a idrogeno? Un mercato morente. I veicoli a idrogeno sfruttano una cella combustibile presente al centro dell’auto, un serbatoio in fibra di carbonio e uno o vari motori elettrici. Tuttavia sono pochissime le auto vendute. L’idrogeno che interessa di più le aziende automobilistiche è quello a zero emissioni, ovvero non proveniente dagli idrocarburi, bensì dal processo di elettrolisi. Per questo viene chiamato idrogeno “verde”. Gli investimenti, tuttavia, sono enormi, e superano largamente i guadagni. Anche Shell fa un passo indietro, considerando il settore poco profittevole. Così la grande azienda ha scelto di chiudere le sue stazioni di H2. Si tratta di tre punti di rifornimento costruiti in partnership con l’operatore Motive, della ITM Power, società leader nel settore della produzione dell’idrogeno verde. Oltre alle tre chiuse, Motive ha chiuso un quarto punto indipendente. I motivi sembrerebbero essere gli stessi.
Stando alla JATO Dynamics, nel 2021 sono state vendute 15.500 unità. I numeri sembravano promettere bene, seppur bassi, ma nuove previsioni smorzano l’ottimismo. Secondo l’Energy Transition Outlook 2022, nel 2050, la quota di BEV vendute sarà pari all’85%, contro lo 0,01% di auto a idrogeno. In UK, dove sono state chiusi i punti di rifornimento Shell, restano solo 11 stazioni di idrogeno, contro le 57.000 per auto elettriche. Il mercato delle auto a idrogeno, che già nel 2020 sembrava puntare sulle auto per privati, potrà invece guardare a più rosee prospettive per quel che riguarda il trasporto pesante. Infatti, è proprio nei tir e nei camion che si può avere il maggior beneficio dall’uso dell’idrogeno, poco efficiente per quel che riguarda l’auto familiare. Anche Airbus ha inoltre promesso di realizzare entro il 2035 tre modelli di aerei interamente a idrogeno, a zero emissioni. Le maggiori case automobilistiche coinvolte nella produzione di auto a idrogeno, come Toyota e Huyndai, potranno continuare a puntare sulla produzione di auto ibride, il cui successo è invece in crescita nel 2022 e rappresentano il 25,4% del nostro mercato.