Diventa lirico, Guido Meda. Nel tessere le lodi in un editoriale su Auto del V12 – il motore a dodici cilindri – amore indiscusso degli appassionati di motori, che come ogni mito prossimo a diventare leggenda tenta di aggrapparsi ad ogni glorioso ricordo per non finire, Guido Meda, la voce indiscussa del motorsport, si sbottona come all’ultima curva di un Motomondiale: “Il dodici è un’altra cosa. È una di quelle cose che rientrano alla voce “Cultura”, per chi la vuole capire. Un po’ come il Cenacolo e la Cappella Sistina. Serve a non dimenticare da dove è venuto fuori il meglio di tutto quello che abbiamo pensato, progettato, scavato, tornito, fuso, assemblato, guidato o sognato di guidare”.

Ma la poesia di Meda è trascinata a terra dalla realtà. Una realtà in cui la tecnologia del V12, sulla quale sono sfrecciate tante indimenticabili storie di sport – la Ferrari nel 1995 fu l’ “ultima fedelissima a quell’architettura” a mandare in pensione il V12, passando dalla stagione successiva al V10, sinonimo di Michael Schumacher – sembra ormai destinata a spegnersi definitivamente “nell’epoca in cui, se non fai attenzione, ti elettrificano anche il bidet e il tagliere del salame”, ma, cosa ancora peggiore, a finire dimenticata: “Efficienza, rispetto e sostenibilità sono obiettivi sacrosanti, in questo mondo già malato e litigioso, che sul filo del guaio ci corre tutti i giorni. Ma qualche dodici in giro è sano come un monumento al bene primordiale. Se lo elimini, manca qualcosa”.

Ed è per questo che che “Sua Maestà” il dodici non può finire. Perché finché ci sarà qualche dodici in giro ci sarà qualche appassionato che si fermerà, in silenzio, a guardarlo. Perché sa capirlo e goderne nonostante le esigenze di sostenibilità, le nuove regolamentazioni, le trasformazioni tecnologiche. Perché è un legame che trascende i tempi che cambiano: “Oggi il dodici cilindri è un dinosauro. Ma con una differenza: il più bello dei dinosauri era un mostro schifoso, con i denti lunghi e incazzati se era carnivoro, o con l’occhio fisso e il passo goffo se era erbivoro. Il dodici, benzivoro, no, caspita. Sarà pure un dinosauro ma lui continua a esistere. Perché deve esistere. Perché, se finisce il dodici, finisce la Ferrari. Finisce la Lamborghini. Finisce la Aston. Finisce la Rolls. E se finisce la Ferrari, se finiscono i sogni, è solo perché è successo un guaio”.
