Oggi Mikhail Gorbaciov compie 90 anni, un compleanno che ha riportato l'attenzione su di lui, anche in occidente, dopo un lungo periodo di silenzio, e che ha spinto i media internazionali a interpellarlo sullo scenario geopolitico globale, offrendogli il destro per dare una bella strigliata a Putin e Biden, esortati, nelle scorse ore, a ridurre i loro arsenali atomici.
Il padre della perestrojka, verosimilmente, si sarebbe espresso nell'ottica di un analogo contegno, se solo qualcuno avesse provato a chiedergli conto dei parchi auto a disposizone dei due presidenti. A questo proposito, se, da una parte, Biden si è appena abituato ad andare in giro a bordo di “the Beast”, la Cadillac attrezzata per essere una specie di carro armato sottoforma di limousine, giusto due anni fa Putin si è fatto consegnare una nuovissima Aurus Senat S700 da più di sei metri e mezzo. Nulla a che vedere, insomma, con l'austerità che proprio Gorbaciov ha imposto, in campo automobilistico, alla nomenclatura comunista, quando si trovava a capo dell'Unione Sovietica.
L’Unione Sovietica, infatti, non era mai stata particolarmente rinomata per la produzione di auto di lusso. Tuttavia, nel 1958, era arrivata la prima ammiraglia made in URSS: la GAZ-13, seguita poi dalla GAZ-14. In gergo le due auto venivano chiamate Chajka, ovvero Gabbiano, e si posizionavano in quello che oggi potremmo definire come un segmento premium.
Certo, i designer sovietici non brillavano quanto a creatività, tanto che le forme della Chajka sembravano quasi ricalcare quello delle americane Packard Patrician e Caribbean. Nonostante la mancanza di inventiva, i modelli furono particolarmente apprezzati e così, piano piano, gli alti funzionari iniziarono ad andare in giro con queste auto lussuose, seminando invidia tra i comuni mortali che non avrebbero mai potuto acquistarne una.
Da notare come le auto non fossero in realtà in vendita. Anche volendo, un comune cittadino non avrebbe potuto comprarne una - erano risevate ai funzionari, dal livello medio in su. Le Chajka erano, però, in dotazione agli uffici del registro civile e ciò consentiva a chiunque vi si fosse recato per le pratiche di matrimonio, di vederne una da vicino, almeno una volta nella vita.
In questo contesto di grandi disuguaglianze sociali, l’oggi novantenne Gorbaciov decise di dire addio agli sprechi del pachiderma burocratico russo, puntando su una politica nuova, imperniata sulla perestrojka e sulla glasnost: riorganizzazione economica e sociale, trasparenza della politica e contenimento delle spese, con buona pace delle auto di lusso.
Così facendo la povera Chajka non solo venne messa fuori produzione ma, addirittura, gli stampi, le attrezzature tecniche, le linee di produzione e le documentazioni realtive a quel progetto vennero distrutte. Una specie di iconoclastia automobilistica di stampo sovietico si abbattè, dunque, sul passato glorioso della Chajka, tanto che, negli anni 90, il piano di riportare in vita quel progetto venne velocemente abbandonato.
Patriarchi ortodossi, élite politica, attori e celebrità dovettero così adattarsi e ripiegare sulla più economica e meno appariscente Volga - ma non la presero molto bene.
Se all’inizio Gorbaciov era amato perché era riuscito a strappare il potere alle mummie che lo avevano detenuto fin troppo a lungo, i suoi simpatizzanti furono presto sostituiti da una schiera sempre più animata di oppositori, che lo accusavano di essere l’artefice della caduta dell’URSS. E così effettivamente fu, con la dissoluzione dello Stato Sovietico ufficializzata il 26 dicembre 1991, un giorno dopo rispetto le sue dimissioni da Capo dello Stato.
Di acqua ne è passata sotto i ponti da quel dicembre di trent’anni fa ma, oggi come allora, Gorbaciov rivendica ancora il proprio lavoro e, pensandoci bene, tra auto blu e inciuci politici, la sua perestrojka è più attuale che mai.