Tra le cose più belle di questo mestiere (quello di chi vi scrive), vi è di certo la possibilità di vivere esperienze davvero uniche: viaggiare, guidare auto e moto in contesti fantastici, conoscere persone particolarmente interessanti. È così che, qualche anno fa (credo fosse il 2016), mi è capitato di trascorrere una piacevolissima serata in compagnia di Alejandro Mesonero-Romanos, il nuovo Head of Design di Alfa Romeo.
Ci trovavamo a Barcellona ed io ero lì per il lancio dell’ultimo restyling della quarta generazione della SEAT Ibiza. Alejandro - chiamiamolo così, confidenzialmente, per comodità - era, all’epoca, a capo del centro stile della Casa spagnola. Una conduzione nel segno della modernità la sua, con auto in grado di migliorare, di modello in modello, il valore percepito del brand di Martorell, anche e soprattutto grazie alle loro linee.
Sono sempre occasioni interessanti, quelle dei momenti trascorsi in maniera informale con gente che, nella vita, ha fatto molto e ha molto da dire. Quella sera, a cena, finimmo, per dire, a parlare della nuova Giulia. Anche la berlina firmata da Tencone era, all’epoca, da poco sulla scena. Se ne discuteva tanto, in quel periodo, tutti esprimevano la loro opinione, chi deluso da un disegno sul quale si era fin troppo fantasticato fino al lancio, chi entusiasta dell’arrivo di un modello che doveva segnare un cambio di passo nella gestione del marchio milanese. E, insomma, fu inevitabile chiedergli quale fosse la sua opinione al riguardo, ricevendo una risposta tutt’altro che banale. Mesonero (nuova variante abbreviata del nome), racontò, infatti, di essere un grande estimatore di quello che possiamo definire come il “classico design automotive italiano” (definizione mia, di questo istante). A cosa si riferiva? Alle auto che hanno fatto la storia dell’industria automobilistica nostrana, tutte accomunate da un tratto a suo dire caratteristico: la semplicità delle linee. A cena, mimava con un gesto del dito, le linee delle fiancate di modelli iconici come la Lancia Flaminia, le gran turismo Ferrari degli anni Sessanta (250 GT Berlinetta, 365 GTB4), la Ferrari Dino, la 250 GTO, la Lamborghini Miura. Per disegnare tutti questi modelli non servono che due tratti di matita.
Un’essenzialità che è la cifra stilistica del periodo d’oro del design italiano e che identifica immediatamente tutto ciò che è stato disegnato dalle nostre parti in quegli anni. Basti pensare alla Lampada Arco, di Giovanni Castiglioni, o alla sedia Superleggera, di Gio Ponti, o alla radio.cubo (Brionvega), di Marco Zanuso e Richard Sapper: forma segue design, la progettazione come dovrebbe sempre essere. Ecco, a dire di Alejandro Mesonero-Romanos, questa caratteristica, che esprimeva l’essenza stessa dell’italianità, che era motivo di studio in scuole come il Royal College of Art di Londra, che aveva frequentato in gioventù, e che lo aveva affascinato al punto tale da farlo diventare collezionista di auto italiane, nella nuova Giulia non la si poteva riscontrare. Mi disse che sembrava quasi un’auto tedesca, aggressiva, piena di linee, di incavi, di prese d’aria, minigonne, specialmente nella più sportiva versione Quadrifoglio. Considerazioni che fanno oggi sorridere, non perché meno fondate o interessanti, ma alla luce del successo commerciale ottenuto dalla Giulia presso gli alfisti e, soprattutto, in riferimento a quel ruolo di baluardo dell’italianità che questi ultimi le hanno attribuito in contrapposizione ai prodotti tedeschi. Già perché, nel caso non bazzichiate il mondo dei gruppi e sottogruppi di appassionati di auto sui social, è bene sappiate che, anche in questi ambienti, quello che si respira è un clima di grande tifo. Veri e propri schieramenti di fan si confrontano e scherniscono brandendo le bandiere di questo o quel marchio. E una grande contrapposizione esiste tra gli appassionati di auto tedesche e quelli delle vetture italiane, tra i quali, quelli dell’Alfa Romeo brillano per la loro animosità. Ebbene, sapere, ora, che il nuovo capo del design del loro marchio preferito considera la loro vettura preferita come espressione di un design simil teutonico, fa abbastanza ridere e ben testimonia quanto determinati giudizi (quelli dei consumatori) siano fortemente influenzati, influenzabili e, spesso, formulati in maniera aprioristica.
È Alejandro Mesonero-Romanos l’uomo giusto, al posto giusto? Se quella cena ha mostrato anche soltanto una piccola parte della passione che lega quest’uomo alla tradizione automobilistica italiana, possiamo dire tranquillamente di sì. Ma gli alfisti se ne devono fare una ragione: le cose potrebbero cambiare e a spiegare loro come essere più italiani, ci penserà uno spagnolo.