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Una Ferrari F50 rubata,
un americano, tre italiani
e il governo USA:
di chi sarà l’auto?

  • di Umberto Mongiardini Umberto Mongiardini

22 marzo 2021

Una Ferrari F50 rubata, un americano, tre italiani e il governo USA: di chi sarà l’auto?
Non è una barzelletta e neanche una puntata di Forum, ma un caso internazionale che riguarda il furto di una delle più ricercate auto mai prodotte dalle parti di Maranello

di Umberto Mongiardini Umberto Mongiardini

È il dicembre 2003, da un lussuosissimo hotel di Imola scompare la Ferrari F50 di proprietà di un signore italiano, Paolo Provenzi, e dei sui due figli. L’assicurazione non copre il furto e l’auto, uno splendido esemplare del 1996 acquistato per circa 260.000 euro non si trova più. Scomparso.

2019, confine tra Canada e Stati uniti: la Ferrari riappare e viene bloccata dagli agenti della US customs and Border Protection mentre sta per essere spedita dal Québec alla Florida per raggiungere il nuovo proprietario, un facoltoso collezionista americano. C’era qualcosa che non andava con quella Ferrari, i rivetti che tengono in posizione la targhetta con il numero di telaio erano sospetti, sembravano manomessi e cosparsi da una specie di rivestimento in catrame, nulla a che vedere con gli standard del Cavallino Rampante.

Gli agenti di confine non sono degli sprovveduti, fatevelo dire da uno che quel confine l’ha attraversato decine di volte e così sequestrano immediatamente l’auto. Contattano sia Maranello, sia il National Insurance Crime Bureau, ricevendo una conferma sui propri sospetti.

La Ferrari F50 non ha bisogno di grandi introduzioni. Nata da un'idea di Piero Ferrari, è stata progettata per celebrare degnamente il cinquantesimo anniversario del marchio che porta il suo cognome e per dare prova della possibilità di riversare, su un’auto stradale, tutto il know-how acquisito nel mondo della Formula 1. I 349 esemplari, realizzati tra il 95 e il 97 erano infatti equipaggiati con un V12 da 4,7 litri strettamente derivato da quello delle monoposto di Alesi e Berger. La F50 era uno status symbol in quegli anni, tant'è che, a volerne un esemplare, ci furono - tra i vari - anche Mike Tyson e Diego Armando Maradona. I furti su commissione non furono pochi e uno dei più celebri avvenne proprio nel 2003, quando un esemplare fu portato via direttamente dalla concessionaria di Philadelphia. 

Non sorprende quindi che il valore del mezzo sequestrato al confine, che ha macinato poco più di 17.000 km, sia schizzato alle stelle engli anni, arrivando ad essere valutato circa due milioni di dollari.

Ma la domanda che ancora non trova risposta è: come ha fatto quella macchina ad approdare in Canada dopo essere stata rubata in Italia? A cercare di risolvere il rebus ci stanno provando sia l’avvocato Alessandra Piras, che rappresenta l'italiano Prevenzi, sia Richard O’Neill, avvocato di Mohammed Alsaloussi, attuale proprietario della F50.

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Dalle varie ricerche pare che la Ferrari, prima di arrivare in Canada, sia addirittura stata portata in Giappone e, stando ai documenti del tribunale, il nuovo acquirente avrebbe già registrato l'auto nella Ikonick Collections Ltd., una holding che gestisce la propria collezione a quattro ruote. «Il nostro cliente detiene il titolo e la registrazione del veicolo rilasciati dal Governo e ha pagato il giusto valore di mercato a un venditore rispettabile" ha spiegato il rappresentate di Alsaloussi. "Solo di recente abbiamo scoperto l'esistenza di un’altra parte in causa ma abbiamo molte domande sui fatti che circondano la presunta vendita e il furto del 2003, e intendiamo fare un'indagine approfondita sulle circostanze del reclamo». 

A voler vederci chiaro, adesso, c’è anche James P. Kennedy Jr., procuratore degli Stati Uniti che segue il caso: «Dopo un'odissea di 18 anni, in cui sappiamo aver attraversato Paesi e continenti, abbiamo deciso che è giunto il momento per un tribunale di determinare il legittimo proprietario del veicolo».

Per il momento, tra i due litiganti, un terzo gode - quantomeno della vista di questa bellissima rossa. Fino a quando il tribunale non si sarà espresso, saranno infatti gli agenti dello US Customs and Border Protection di Buffalo a conservarla. Sperando non sparisca anche dal loro deposito.

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