Forse il leader dei Rammstein (domani a Padova), ce l’ha sempre detto qual è il suo modo preferito di fare sesso a un after party. Eppure, anche dopo le recenti accuse – che peraltro MOW ha raccontato grazie a un testimone oculare – i fan non vogliono neppure ipotizzare che Lindemann abbia qualche problema con il sesso e le relazioni. Siamo partiti da “Quando dormi”, poesia già “incriminata” tre anni fa, per attraversare quasi 30 anni di testi macabri e perversi. Alla ricerca di nulla in particolare, solo di qualcosa che potesse irrobustire un lecito dubbio: Till le vive anche le cose che scrive?
È necessario iniziare con un disclaimer, stavolta: noi di MOW non siamo ingenui agnellini che ritengono che un testo di una canzone non possa oltrepassare – quanto a contenuti provocatori e trasgressivi – le colonne d’Ercole di “Tre parole” (Valeria Rossi). Abbiamo anche gusti forti, qui, state tranquilli. Solo che le accuse che al momento stanno gravitando su Till Lindemann dei Rammstein meritano forse un ulteriore tuffo nei testi di questi teutonici produttori di tetro Tanz metal. Soprattutto dopo che una fonte protetta della nostra rivista ci ha portato col suo vivido racconto nel ventre degli after party incriminati. Dicendoci che, dopo un generoso banchetto alcolico (probabilmente arricchito da droghe di vario genere), “…Till scopa ormai senza ritegno davanti a tutti e con più ragazze. Ne prende tre, le sdraia su un tavolo, e le penetra a turno, tanto per dare un’idea delle scene. Io devo aver avuto un’espressione veramente esterrefatta, visto che mi si è persino avvicinato un membro dello staff che ha cercato di rassicurarmi dicendo: Tranquillo, a volte è anche peggio”. Le accuse, del resto, sono queste: oltre dodici donne, alcune delle quali hanno agito in forma anonima, si sono dichiarate vittime di violenze e di abusi sessuali avvenuti durante feste organizzate dalla band dopo i concerti. Violenze subite, pare, dopo essere state adeguatamente “lessate” e blandite a colpi di droga (Rohypnol, conosciuta anche come “droga dello stupro”). Così Berlino vieta gli after party a corollario dei concerti della band e Kiepenheuer & Witsch, l’editore di “On quiet nights” e “100 poems”, raccolta di poesie di Lindemann, molla l’autore dei componimenti.
Tutto pronto, quindi, per il concerto di domani allo Stadio Euganeo di Padova? Sì, ma anche se Padova non è Berlino, dubitiamo che dietro il palco si farà grande festa, una volta terminato il concerto. Se però qualcuno proprio ci tiene, il party se lo potrebbe immaginare. Ripassando i testi di Lindemann e soci. In realtà, le maggiori controversie sono state scatenate non tanto dai già forti testi dei Rammstein – spettacolare e cupa rappresentazione di un mondo perverso in cui sesso e violenza sono gli architravi di una distopia che è già fra noi –, bensì da “Wenn du schläfst” (“Quando dormi”), poesia di Lindemann contenuta in “100 poems” che sembra descrivere nitidamente ciò di cui oggi l’artista è accusato: “Mi piace dormire con te quando sogni/Perché ti manca tutto qui/Ed è esattamente come dovrebbe essere (è così che dovrebbe essere/è divertente)/Alcuni Rohypnol nel vino (un po’ di Rohypnol nel bicchiere)/Non puoi più muoverti”.
Teniamo a ribadirlo: non si fosse alzato il polverone di cui sopra, questi versi, per quanto neri e morbosi, in pieno stile Rammstein, sarebbero rimasti, appunto, solo versi neri e morbosi in pieno stile Rammstein. Allo stesso modo, rileggere le lontane “Laichzeit” (“Il pesce ora bacia con la lingua/Ti sputa latte morto sulla faccia/ Non osare toccarlo/La stagione della fecondazione/Latte di pesce dappertutto/È la stagione della fecondazione”) e “Weisses Fleisch” (“Il mio sangue nero e la tua carne bianca/Divento sempre più eccitato dalle tue grida”, ma l’intero testo merita), entrambe del lontano 1995, non creerebbe eccessivi imbarazzi. Però ora viene da chiedersi se Till, a Padova, si rivolgerà alla folla come durante un memorabile concerto romano di dieci anni fa, recensito dal sempre puntuale Paolo Bianco: “[…] Till pone la fatale domanda: Io ho un c*zzo, tu una f*ga, cosa stiamo aspettando?”. Senza indugi, quindi, Till Lindemann cavalca il suo fallo gigante e ricopre di fluidi d’amore le prime file, che se la godono come ad uno schiuma party”.
Siamo in quella rara dimensione in cui arte e vita, proiezioni della mente e (misf)atti carnali, si prendono per mano senza che il grande pubblico, di fatto, se ne accorga? Del tipo: Lindemann le cose ce le sbatteva in faccia e noi ci rifiutavamo di vederle? O si tratta solo di clamore estivo destinato a perdere consistenza dopo i primi contatti con l’autunno? Perché se l’invito di Lindemann dal palco romano somiglia ad altri tremila inviti simili berciati da altrettanti frontmen di una r n’ r band, il testo di “Pussy” (2006), a cui quell’invito era ispirato, insiste sul rapporto sesso-alcol: “Bella signorina, vuoi di più/Guerra lampo col fucile di carne/Grappa nella testa, graziosa ragazza”. Anche i corteggiamenti di “Hallomann” (2019, ci stiamo avvicinando ai nostri giorni), oggi, suonano più sinistri: “Ciao piccola ragazza, come stai?/Io sto bene, non parlare con me/Sali e basta, ti porterò con me/E ti comprerò conchiglie e patatine fritte” (le patatine fritte sono un riferimento al Belgio, patria di “French fries” ma anche di Marc Dutroux, killer, pedofilo, stupratore che in virtù di questo nobile curriculum si guadagnò il titolo di Mostro di Marcinelle). Il top dell’horror relazionale i Rammstein l’hanno forse esplorato – come giustamente afferma Revolver – con “Ich Tu Dir Weh” del 2006, ma le perle da noi snocciolate possono essere sufficienti a cementare ulteriormente il più banale dei dubbi: quanto c’è, in questi testi, di Lindemann artista disturbato e di Lindemann uomo che vive i suoi incubi anche nella folle iperrealtà di un after party?