Vero o apocrifo, c’è un episodio della vita di Putin che in Russia è ormai proverbiale. Un episodio casalingo che vede il piccolo Volodja, il vezzeggiativo di Vladimir, giocare a scacchi con nonno Spiridon e metterlo sotto scacco. Quest’ultimo continua a giocare a dispetto delle rimostranze del bimbo che gli chiede di attenersi alle regole. “Quali regole? Un vero uomo le regole le stabilisce da sé”. Vale la pena partire da questo episodio narrato da Giorgio Dell’Arti in Le guerre di Putin (l’editore è La nave di Teseo), la storia non autorizzata della vita di un uomo che, appunto, oggi tiene il mondo sotto scacco. 160 pagine di domande e risposte per aiutarci a capire i tratti di una figura centrale di questo secolo. Abbiamo intervistato l’autore.
Per cominciare, chi è Putin in poche parole?
Un uomo complicato, intelligente, di valore. Un politico tosto. Ma è anche un personaggio indifendibile: un assassino maledetto, uno che fa avvelenare gli oppositori.
Le guerre di Putin delinea il ventennio al potere di una personalità complessa. Non descrive forse nulla di nuovo, ma unisce i puntini di una storia che non abbiamo saputo leggere.
È così. Nel libro non ci sono scoop, niente di assolutamente inedito, ma l’osservazione è giusta: nel corso dei giorni, dei mesi e degli anni, accumulandosi eventi che hanno interessato la Russia, lo stesso Putin e la politica internazionale, di tanti affari si è completamente persa la memoria. Ad esempio, non ci si ricorda nemmeno più di come è stato capace di prolungare la propria presenza al vertice dello Stato.
Ricordiamolo.
Ora, a termini di legge, Putin potrebbe restare in carica fino al 2036. Ma ciò che colpisce, e che personalmente mi colpì moltissimo quando ne scrissi già anni fa, è la manovra attraverso la quale Putin si è creato questa possibilità, una manovra che è molto istruttiva del suo modo di fare che cerca sempre di appoggiarsi a una legittimazione giuridica. In un modo se vuole contorto ma significativo, dopo i primi due mandati da presidente, con la previsione di un terzo mandato giuridicamente impossibile, si candidò come deputato, facendosi poi nominare primo ministro dal suo fedelissimo, Medvedev, eletto presidente della Repubblica. Così è riuscito a restare al potere senza cambiare la Costituzione e allo stesso modo, non essendo i mandati consecutivi, è tornato presidente prolungando poi il mandato da quattro a sei anni.
Quello attuale scadrebbe nel 2024.
Ma ha trovato un altro escamotage: senza mai modificare il limite costituzionale dei due mandati consecutivi, col trucco di dare più potere al Parlamento ‒ sebbene sia ridicolo perché decide tutto lui ‒ ha fatto sì che si possa ricominciare a contare da zero. Ma è così che ragiona: cerca sempre un appiglio.
Georgia, Cecenia, il mancato voto alla risoluzione Onu sull’intervento in Libia, la Siria e si potrebbe andare oltre.
Ecco, la Siria: quando gli contestarono di avere venduto armi ad Assad, rispose che quello era un governo legittimo. Come risposta è fantastica: ma come puoi giustificare l’aiuto a un assassino, un massacratore, uno che adopera le armi chimiche, che avvelena i suoi? Perché è lì legittimamente. Appunto, l’appiglio di cui sopra, una legittimazione giuridica anche in campo internazionale.
L’ha cercata in effetti anche quando ha deciso l’invasione dell’Ucraina.
Putin è laureato in Legge, e questo penso influisca su questo approccio. Lui non vuole apparire come un usurpatore, in nessun caso.
L’Occidente non la pensa così.
E questo lo fa incazzare. Lui vuole un riconoscimento globale a sé stesso e al Paese, vuole che la Russia si sieda al tavolo come una potenza mondiale, piena, primaria. Come ai tempi dello zar, il suo termine di paragone preferito, o a quelli di Stalin, altro suo idolo: il mondo non gli ha invece mai riconosciuto la grandezza a cui lui crede di avere diritto ed è per questo che la sua storia è ricca di conflitti.
Le guerre di Putin, appunto. Questa lo ha avvicinato al riconoscimento di cui crede di avere diritto?
Ora questa grandezza gliela riconoscono per forza, con il rischio di una Terza guerra mondiale…
Putin ha imperversato per oltre vent’anni sullo scacchiere geopolitico ed economico. L’Occidente dov’era?
L’Occidente, o meglio l’Europa in questo caso, ha avuto un atteggiamento tendenzialmente pacifista, teso a capire le ragioni dell'altro per arrivare a una mediazione che mantenesse la pace e gli equilibri. Gli americani hanno sempre ragionato in maniera diversa: loro vivono con fastidio sia l’esistenza dell’Unione Europea che quella di questo signore che continuano a considerare un nemico.
Biden soprattutto.
Biden ha un’ossessione: non solo far cadere Putin, ma anche smembrare la Russia. Un calcolo peraltro sbagliato, e non è un caso che questo presidente sia così mal considerato anche dai suoi. Ma gli americani sono stati anche antipatizzanti dell’Unione europea e dell’euro, che è concorrenziale al dollaro, oltre che nemici della Russia. Ma torniamo indietro: quando i Paesi baltici e la Polonia sono entrati nella Nato, non erano obbligati ad accettarli. Li hanno invece fatti entrare, ma non è che non sapessero che questo avrebbe creato tensioni con Mosca. Lo aveva preconizzato anche Kissinger. Putin è indifendibile, ed è vero che la Nato non punta i missili sulle città russe mentre la Russia ha i missili puntati sulle città europee, ma ha riempito gli alleati di uomini e di mezzi. Se avessero voluto un mondo pacifico si sarebbero potuti comportare in un altro modo.
L’Europa?
I due imperi, Stati Uniti e Russia, hanno sempre visto con fastidio l’Unione europea, hanno sempre preferito gli accordi bilaterali. Mentre la Ue si barcamenava in una politica estera che non ha, ogni Paese ha fatto gli affari propri e Putin ha abilmente lavorato per aiutare la crescita dei partiti che, specie in Francia e in Italia, puntavano invece alla sua dissoluzione. Ha notoriamente finanziato Marine Le Pen, e sebbene non ci siano le prove metterei la mano sul fuoco che abbia dato denaro alla Lega e al Movimento 5 Stelle, l’impressione è che il legame sia stato molto forte. Putin ha anche manovrato in soccorso di Trump alle elezioni statunitensi. Ha lavorato per spaccare, e ciò lo ha reso più forte in ogni trattativa.
Poi c’è la questione del gas.
La Germania aveva un rapporto solido, pensi ai gasdotti, a Schröder divenuto dirigente di Gazprom, allo scandalo italiano, dove in vent’anni non si è riflettuto che sarebbe stato meglio diversificare le fonti di approvvigionamento energetico. Anche qui, Putin ha creato divisioni facendo circolare denaro.
La popolarità interna di Putin come si è modificata nel tempo?
Prima della guerra era in diminuzione, ma era sempre e comunque altissima: Putin ha sempre avuto il Paese in mano. Quando finirà questa guerra non so come sarà: in qualche modo le notizie arrivano, si sa dei soldati morti, ma ancora non ha assolutamente i russi contro.