Comete che collidono con la Terra, scarsità di risorse, aria inquinata, siccità e persino vaccini. In Black Knight c’è tutto questo e non molto altro. Ambientato in una Corea post apocalittica, ridotta a un cumulo di macerie e sabbia, la serie racconta di come la popolazione sopravvissuta (solo l’1% di quella originaria) si trovi ogni giorno ad affrontare sfide enormi per compiere le più piccole attività quotidiane. O almeno, questo vale per una parte della società. La Corea, infatti, è divisa in 3 classi “ufficiali”: generale, speciale e core, in funzione della vicinanza all’Air core, dispositivo creato dall’azienda Chun-myung, che permette di depurare l’aria rendendola respirabile. Ai margini, si trova invece la non-classe dei rifugiati, lasciati a se stessi in misere baraccopoli alla continua ricerca dei mezzi basilari per la sopravvivenza. A differenza dei coreani riconosciuti, questi ultimi non possiedono il Qr Code impresso sulla mano, unica vera certificazione della propria dignità di essere umano. Per ottenere l’integrazione, i rifugiati possono solo superare l’esame per diventare un Deliverymen, ovvero un membro del corpo che si occupa della difesa dell’ossigeno e dei beni primari da consegnare all’intera popolazione coreana. Tra questi vi è 5-8 (i corrieri non hanno nome, solo un codice identificativo), interpretato da Kim Woo-bin. Ex-rifugiato e diventato leggenda per la sua forza sovrumana, aiuta i diseredati e progetta in segreto (si fa per dire) un rovesciamento dell’ordine costituito. “Sogno di tutti i bambini è quello di diventare un corriere”, sentiamo in apertura. E, infatti, anche Sa-Wol (Kang Yoo-seok) vuole diventare uno di loro. Il ragazzino, rifugiato per nascita ma adottato da Seol-A (Esom), comandante dell’esercito governativo, assiste all’uccisione della sorellastra per mano di alcuni scagnozzi della Chun-myung, che sotto la guida di Ryu Seok (Song Seung-heon), il figlio del fondatore dell’impresa, sta mettendo in atto un piano di eliminazione dei rifugiati. Questi, infatti, nella visione di Seok, sono solo un peso per la popolazione “nobile” e possono al massimo essere impiegati come cavie umane per esperimenti di cui, per adesso, sappiamo poco. Tra la popolazione rifugiata, però, sembrano esserci alcuni mutanti, nati con caratteristiche uniche e di cui Seok vuole fare uso. Sa-Wol, infatti, possiede delle ossa d’acciaio che gli permettono di sopravvivere anche ai proiettili. Deciso a ottenere giustizia, Sa-Wol chiede l’aiuto di 5-8 per entrare nel corpo scelto e partecipare alla rivoluzione.
Black Knight cerca in ogni modo di essere una serie attuale: lo fa attraverso la tematica ecologica, quella dei rifugiati, delle differenze che aumentano. Il problema, è che sappiamo troppo poco del mondo rappresentato per sentirlo nostro. Come è avvenuta la divisione in classi? Chi l’ha decisa? Qual è l’ordinamento politico della penisola coreana? Quali sono le differenze effettive tra le fasce della popolazione? A tutte queste domande (e non solo) la serie non fornisce risposte. Il governo esiste ma è praticamente invisibile: la presidente coreana, l’unica esponente che vediamo oltre al corrotto Ministro della Difesa, è ininfluente almeno fino al sesto episodio, quando impone l’arresto del programma di “ricollocamento” dei rifugiati. Mettendo in mano a una singola impresa il business più importante, quello dell’ossigeno, e lasciando praticamente carta bianca per ogni sua iniziativa, il partito (chissà se c’è un partito) non ha certamente dimostrato particolare lungimiranza. Ryu Seok, il cattivo della storia, è l’unico personaggio che vanta almeno la parvenza di una caratterizzazione: consapevole della diversità di visione rispetto al padre, reclama per sé la guida della Chun-myung. Per portare a termine il suo scopo è disposto a tutto, arrivando a progettare un colpo di stato, oltre al già citato genocidio. Facendosi iniettare il sangue di Sa-Wol, rapito mentre cercava di salvare un amico, sembra volersi impossessare dei “poteri”, ancora sconosciuti, dei mutanti. Emblematico è il nome dell’amico di Sa-Wol: “Inutile”. Mai nome fu più azzeccato. Così come sono inutili i vari Deliverymen: poco più di soldatini vestiti con impermeabili grigi e neri. 5-8, “La leggenda”, è un’accozzaglia di cliché sui protagonisti di film d’azione: bello, forte, nobile ma scontroso, restio ad aiutare il giovane allievo ma, alla fine, suo migliore amico. Si concede anche la sigarettina mentre guida. Ambizioso, considerato che la gente si scanna per una boccata d’aria buona. Immancabili le camminate in slow-motion con tanto di esplosione alle sue spalle. Per una sua smorfia dobbiamo aspettare l’ultimo quarto d’ora dell’ultimo episodio. Prima di quello, sorrisetto beffardo e sguardo da duro. Stop. Per non parlare di Seol-A, l’altra “buona” che aiuta 5-8 a sventare il colpo di stato di Seok ma le cui skills da investigatrice lasciano decisamente a desiderare.
In definitiva, Black Night ci dice poco e niente. Le scene d’azione sono modeste e l’universo di riferimento troppo poco sviluppato. L’idea di mettere al centro i corrieri invece degli acquirenti è buona (The Mule di Clint Eastwood insegna) e l’immaginario ha sempre il suo fascino: da Ken il guerriero a Mad Max, i predoni punk hanno sempre il loro perché. Eppure, se l’obiettivo era suscitare qualche riflessione sul presente la serie fallisce. È mai possibile che di un’impresa colossale vediamo solo due/tre membri? Dove sono le trame, le corruzioni e i giochi di potere? Non pretendiamo di vedere Dune, certo, ma un minimo… Il seguito (se ci sarà) si prospetta come un passo ulteriore verso il mondo nuovo, “più giusto”. Vedremo il cattivo redivivo e il passaggio di testimone definitivo tra 5-8 e Sa-Wol, che oltre a essere una artista marziale approssimativo è dotato di una stupidità micidiale. Magari si darà una sveglia. Aspettiamo senza ansia i prossimi episodi per capire se gli attori ci concederanno qualche accenno di recitazione e se, finalmente, la distopia assumerà un senso.