“Demoniaca democrazia, stavolta non ce l’hai fatta”. Inizia così la preghiera di Camillo Langone, uno dei moralisti italiani dei nostri tempi (cioè critici del contemporaneo, come La Rochefoucauld o La Fontaine) su Il Foglio di lunedì 12 febbraio. A Sanremo 2024 la democrazia ha fallito, e lo ha fatto dal più alto scranno del consenso mai registrato: il sessanta per cento dei voti. Geolier doveva vincere. Non erano pronostici, ma sentenze. Peccato che la condanna è stata stravolta e dagli allori del Festival si passa a un secondo posto imprevisto e imprevedibile, che innegabilmente avrà turbato anche il cantante (pressocché sicuro, impossibile pensare il contrario, della vittoria). “Al Festival”, continua Langone, “hanno capito che la democrazia, pericolosa in politica, non è del tutto innocua nemmeno in musica”. E attacca Geolier: “Ce la facesti nel 33, quando votasti Barabba anziché Gesù. Ce la facesti nel 1932, quando votasti Hitler anziché Brüning. Ce la facesti nel 1946, quando votasti Perón anziché Tamborini. Non ce l’hai fatta nel 2024, nel contesto indubbiamente più floreale di Sanremo, quando hai votato Geolier, la vergogna di Napoli, l’insulto a Murolo e Carosone, Arbore e Pino Daniele”.
Cosa vuol dire? Che Geolier contraddice, secondo Langone, la tradizione musicale (e quindi i costumi?) partenopea, quella che in un modo o nell’altro non è emersa neanche durante la serata cover, come sottolineato anche da Tullio De Piscopo su MOW (dov’è finito Pino Daniele?). E, ancora di più, Geolier sembra dare un’immagine di Napoli che è l’immagine dei suoi detrattori. La stessa che aderisce fin troppo all’ecosistema trapper: “Geolier ha coverizzato canzoni con versi nocivi quali ‘aspetto che spariì e ‘je m’accido si me vuó lassà’, ma soprattutto ha concepito per la canzone sanremese un video spaventoso, orrendo, dove un energumeno munito di pistola spacca porte a forza di pugni” E allora perché lamentarsi della sala stampa, tanto accorta da preferirgli “il nostro caro angelo”, Angelina Mango? “Molto opportunamente il televoto, drogato dal fatto che Napoli è 177 volte più grande di Lagonegro, è stato depotenziato. Dando più peso (altro che uno vale uno) al voto della Sala Stampa, gli esperti, l’élite”. Come a dire che la democrazia ha perso, ma il buongusto ci ha guadagnato. Perché in fondo, sostiene Langone, “come diceva Bernanos ‘anche i popoli creano mostri, e anzi solo loro sono capaci di crearli’”.