Il 6 maggio saranno 25 anni dall’arresto di un uomo che, tra il 1997 e il 1998, uccise 17 persone fra Genova, le Riviere e il Basso Piemonte. Il torto (E/O edizioni), a metà strada fra reportage – l'autore, Carlo Piano, si occupò all’epoca di cronaca nera seguendo il caso – e romanzo, racconta la triste vicenda di una vita angosciante, costellata da una scia di sangue insensata e incontrollabile. Nelle 265 pagine si rincorrono dati biografici, iter giudiziari, giudizi su ambiente, famiglia, falsi amici, fatui amori, traumi psichici, psichiatri, preti, ragazzi da accudire. Si cerca di scavare a fondo nell’analisi della persona, e soprattutto nel personaggio, di Donato Bilancia, che si faceva chiamare da tutti Walter. Personaggio, appunto: dal latino persona, “maschera, individuo, ruolo”. La "maschera" che l'attore mette sul volto per rappresentare in teatro una data parte, è quella che utilizza in tutta la sua vita Donato, o meglio Walter. Una percezione di sé non corrispondente alla realtà, costellata da rabbia sopita e da sogni di grandezza infranti, si nasconde dietro la maschera che propina a tutti di positività, di fascino e ricchezza. Gli psichiatri parleranno di un impulso a irradiare un’immagine di grandezza. La ricostruzione parte da trenta udienze, ventinove avvocati, centoquarantaquattro testimoni citati dal pubblico ministero, centoventi da difesa e parti civili e diciannove dai periti. L’autore ricompone la vicenda dai faldoni del procedimento, dai fascicoli delle intercettazioni, dai tabulati e dai video. L’imponenza del materiale è evidente, tuttavia, non riesce a scavare fino al motivo reale (sempre che ce ne sia stato uno, forse nemmeno uno, non lo sapremo mai) che scatenò la furia omicida.
Il romanzo suddiviso in tre ampi capitoli, tre gironi danteschi: vendetta, cattivo sangue, matta bestialità. E come nell’inferno della commedia, si assiste, impotenti, alla nascita di un killer spietato, senza rimorsi, senza perché. Cosa può spingere un uomo che fino a 46 anni non aveva mai ucciso nessuno a compiere 17 omicidi in pochi mesi? Sarebbe stato l’assassino “perfetto”: le vittime non avevano nulla in comune l’una con l’altra, la maggior parte sono state scelte casualmente. Le indagini erano a un punto cieco; in comune solo l'arma e un particolare tipo di pallottole finlandesi. Solo grazie alla soffiata di un “amico” di Walter, si riuscirà a incastrarlo. Storia di torti, appunto, di quelli che Bilancia chiamava falsi amici e quelli che sosteneva di subire da una vita intera. Alla ricerca di una pace irraggiungibile si lascia morire nel 2020, rifiutando le cure. Per liberare tutti, in primis sé stesso, dal peso della sua presenza.Secondo Carlo Piano, “leggendo la storia di Donato Bilancia, ci si rende conto che la distanza tra il carnefice e quelle che noi consideriamo persone normali, è molto più sottile di quanto si possa credere”. Questa storia termina con una condanna a 13 ergastoli. “Poco prima di Natale del 2020, è morto di covid nel carcere di Padova e la storia mi è tornata su: mi sono trovato costretto a descriverla, a riprendere in mano i faldoni, a risentire i testimoni, a andare nei posti dove erano successe le cose, forse per dimenticarmi di lui, ecco, per cercare di esorcizzarlo”.