Terminato questo esteso romanzo, La traversata notturna di Andrea Canobbio (La Nave di Teseo 2022) ci si ritrova a pensare: che cosa siamo quando la malattia non ci definisce? Cos’era in realtà questo padre, quando la melanconia è ciò che lo ha sempre caratterizzato agli occhi del figlio? È quest’ultimo che compie un viaggio a ritroso nel tempo, quando, nella crisi del ricordo che inizia a sbiadire e a dissolversi, diventa imperante ricercarne un senso, per riappropriarsi dei momenti di felicità che ci sono stati e non si ricordano più. Quando i fantasmi del passato tornano a tormentarci e non ce ne possiamo liberare l’unico modo è addomesticarli, dando loro forma e nome. Scrivere serve all’autore per liberarsi di ricordi angoscianti e vedere il padre come altro al di là dell’inesauribile tristezza. Così le smisurate memorie affiorano in un lago di cui si ammira la vita che contiene e in cui noi lettori ci possiamo specchiare, almeno per un po’. Il romanzo è ambientato in una Torino divenuta meta di pellegrinaggio a ritroso nel passato, la cui mappa viene suddivisa in un reticolo di ottantuno caselle, sulle quali si muoverà con la mossa del cavallo, coprendole tutte e senza mai passare due volte dalla stessa casella. Tutto ha inizio con la storia d’amore di una coppia italiana del dopoguerra, di un matrimonio a lungo desiderato e per del tempo sereno e di come poi sprofondò nell’infelicità. Siamo nel 1946, lui era ufficiale del Genio e futuro ingegnere appena tornato dalla campagna in Russia, lei grande amante dell’arte e della musica, avranno insieme tre figli. Percorriamo quindi insieme gli anni miracolosi della ricostruzione, fisica e spirituale, per giungere a quelli della crisi di un’intera famiglia intrappolata dalla depressione. L’idealizzazione famigliare inizia a sfumare ed emergono figure di antenati e nonni dalle vite avventurose e tragiche, della madre come colonna portante e argine della malattia, delle sorelle che si fanno messaggere di compiti ai quali non ci si può sottrarre. La storia familiare acquista mano a mano un respiro sempre più ampio: ci troviamo a avventurarci fra popoli africani, monumenti equestri, celebri architetti, numerose case di cura, pesci siluro, martiri e santi. Per terminare infine avvolti dalle voci di chi non c’è più ma che c’è stato e tanto ha vissuto e sperato un grande amore e una vita semplice, che poi non ha avuto. Chi se ne è andato, d’altronde, non ha mai smesso di dialogare con chi è rimasto.
Canobbio non troverà una risposta definitiva alla domanda sulla depressione del padre. Mentre la malattia rimane misteriosa e opaca (è colpa di qualche antenato? È stata forse la guerra in Russia? L’obbligo a far parte del regime fascista? Un incidente mortale sul lavoro?) , prendono spazio altri dettagli: il suo successo come ingegnere, le sue qualità da marito, la bellezza della quotidianità, l’amore appassionato delle lettere di gioventù. La figura di un uomo che tentò disperatamente, tramite il proprio lavoro, di costruire per non autodistruggersi. Non fu soltanto il padre infelice che poté conoscere da bambino e adolescente, che non apprezzava e non comprendeva. A proposito di comprensione, alla cronaca famigliare si accosta in parallelo l’affascinante vicenda degli etnologi che studiarono la popolazione dogon, della regione del Mali. Gli etnologi in Africa e Canobbio ne La Traversata Notturna hanno in comune il porsi della stessa domanda: come eravamo veramente, prima di essere come siamo diventati? Mentre gli etnologi Griaule e Leiris indagano e portano alla luce la conoscenza della mitologia dogon, donando all’umanità la memoria dell’infanzia dell’umanità, Canobbio cerca le origini della propria famiglia, mosso dal desiderio di scoprirne l’essenza. Il romanzo parla esplicitamente di come la depressione influenzi il mondo di chi ne soffre e di chi sta accanto e di quanto il doloroso percorso di accettazione della stessa sia potuto accadere solo una volta attraversato il fiume dei ricordi di una vita. Per scoprirsi infine inevitabilmente unito da un indissolubile amore. “I perdonare sempre, anche quando l'amato si rivela inaffidabile, se non è questo, cos'è? Cosa, se non perdonare e aggiustare l'amore, dopo che ogni frammento si è usurato e dell'originale è rimasto soltanto il nome?”