Vado al cinema da sola. Quasi sempre. Ho preso questa abitudine quando vivevo a Parigi dove praticamente non conoscevo nessuno. Ero innamorata dei registi francesi: Francois Truffaut, Jean-Luc Godard, Eric Rohmer, la cosiddetta "Nouvelle Vague". E andavo a vedere i loro film e le rassegne a loro dedicate sognando segretamente di farne un giorno parte anche io. A Parigi, al cinema Odeon di Saint German, vidi per la prima volta anche "Trainspotting" di Danny Boyle. Mi segnò per sempre. Tornai a vederlo il giorno dopo. Sì perché al cinema ci andavo e ci tornavo a vedere lo stesso film ogni volta che ne valeva la pena, sempre rigorosamente da sola e a testa alta. Anche quando in seguito ho conosciuto diverse persone e avrei potuto non farlo più e persino a Roma, che è la mia città natale al cinema continuo ad andarci senza complici e compagni." Io ballo da sola", per citare uno dei capolavori di Bernardo Bertolucci. Il film in sala è un viaggio, un'esperienza che meno si condivide più si vive intensamente. Solitamente sola, mi precipito a vedere i film che la gente dice essere brutti per una questione di principio, mentre diffido sempre del film "di moda”. Quello che se ti sei persa ti elude dal far parte della magnifica razza umana, escludendoti dai salottini del potere. Dalle discussioni banali, rassicuranti e inutili che hanno rovinato il cinema italiano. Purtroppo Il film di cui tutti parlano, quello dei grandi incassi che deve piacerti per forza o non hai capito un caz*o della vita, a me non piace quasi mai ad eccezione di “Schindler's List" e pochi altri, tra cui figura anche “Titanic” che non mi ha fatta impazzire ma se non altro mi ha fatto piangere. E non lo dico con vanto o con snobismo. Semplicemente accetto di far parte dei "freaks" (altro film capolavoro di Tod Browning del 1934). Nata diversa, cresciuta sui set come fossero la vita vera, destinata a non comprendermi quasi mai con nessuno e a ribellarmi a quello a cui gli altri si adattano rinunciando ad un punto di vista personale a favore dell'approvazione collettiva che permette di andare a dormire sereni. Certi di somigliare a tutti e di non dover fare nessuna rivoluzione. D'altronde i grandi spiriti hanno sempre trovato l'opposizione dei mediocri i quali non sanno capire l'uomo che non accetta i pregiudizi ereditati, ma con onestà e coraggio usa la propria intelligenza.
La mia condizione di fenomeno da baraccone da sempre e per sempre incompreso e frainteso che riesce comunque a dormire serenamente la notte (forse più di altri) mi permette se non altro di amare spassionatamente personaggi ai margini senza più niente da perdere "senza tetto né legge" (Agnes Varda per tornare al cinema francese). E anche senza un'apparente speranza di redenzione in questa vita. Joker lì rappresenta un po' tutti. E io da lui mi sento finalmente capita. Esattamente come Harley Quinn interpretata da Lady Gaga (ruolo che ovvio avrei voluto fare io). Girava nell'aria che il seguito del primo Joker, "Joker: Folie à Deux," fosse un brutto film o comunque uno di quei seguiti non completamente riusciti. Così sono corsa al cinema (rigorosamente da sola) a vederlo e l’ho trovato un film imperfetto, geniale, illuminante e di grande ispirazione. Ho amato senza riserve i due attori protagonisti, Joaquin Phoenix e Lady Gaga. Hanno una sintonia squilibrata, che appare chiaro andare al di là del cinema stesso. I due sono complici e si somigliano. Trovano attraverso i loro personaggi un modo sincero e mai forzato per amarsi con commovente sincerità senza ingannarsi mai né ingannare. Di conseguenza, il pubblico li osserva un po' impaurito ma affascinato. Facendo il lavoro di attrice da anni (con non poca fatica) so quanto possa essere doloroso e impegnativo riconoscere ed esternare quella parte folle che esiste in ognuno di noi. La stessa che nella vita cerchi di curare ed educare. Nel caso di personaggi borderline così estremi, quel lato scomodo di te va esternato, accettato e ti devi assumere per forza lo scomodo fastidio che questo compito arduo comporta. Una dolorosa autoanalisi dove accetti di non migliorare o guarire mai. Entrambi gli attori lo fanno, si "sputtanano" completamente mettendo a nudo la loro fragilità, senza "recitare” e senza essere neanche lontanamente macchiettistici. Osservandoli, credi profondamente nel loro dolore, in questo amore ribelle e disperato che sono pronti a vivere fino in fondo, ignorandone tutti i rischi e le conseguenze, nella convinzione di poter sollevare una montagna. È toccante quanto siano talentuosi ed onesti, quanto ci si buttino “con tutte le scarpe" con una generosità senza pari. Un trionfo di onestà umana e non solo artistica.
In particolare di Lady Gaga continua a colpire, come uno sparo di pistola, l'estremo indiscutibile talento di attrice considerando che il suo primo lavoro teoricamente dovrebbe essere quello di musicista, autrice e cantante (e già non sarebbe poco visto che lo svolge magistralmente). Affronta il ruolo di una ricca donna emarginata e infelice piena di problemi mentali e sogni deliranti con generosità e distacco da qualunque ansia dimostrativa. Non fa nulla per far vedere quanto è brava. Semplicemente si butta senza difese facendosi del male e regalando a chi la guarda la parte più fragile (e più forte) di sé. È innamorata di Joker ma del personaggio, non dell’uomo. E vuole vedere solo quello. Quando lui con spirito di arresa dichiara di essere un bluff in tribunale in un momento di arresa a se stesso, a lei quell’uomo non interessa più. Si sente tradita e lo abbandona. Lo rifiuta perché accettarlo significherebbe accettare la normalità della vita. Innamorata della follia che la assolve e la rende libera, che le permette finalmente di essere se stessa anche laddove essere se stessa significa dare fuoco a tutto. Ama ciò che spaventa e terrorizza tutti, la parte di lei che l'ha esclusa dal mondo dei giusti, non vuole rinunciare alla verità nascosta del dolore più profondo, quella malattia a tratti sublime di cui ci si dovrebbe vergognare, condannata dall'umanità, che cerca sempre una strega da mettere al rogo per sentirsi migliore. O una Maddalena contro la quale scagliare la prima pietra. Il film sembra dirci "se ti capita l'amore folle afferralo con tutte le mani e fregatene delle conseguenze". Impazzire può essere un risarcimento, una resa dei conti, una forma alterata di sana giustizia. La follia non viene mai ascoltata per ciò che dice o che vorrebbe dire ed è ora di darle voce. Concetti tutt'altro che banali per la Hollywood dei grandi incassi. "Joker: Folie à Deux" nasconde infatti una sottile sfumatura impopolare che è poi il senso dell'innamoramento del pubblico verso "il mostro". L'accettazione dei mostri che albergano dentro ognuno di noi, la dark side delle nostre anime imperfette. Infatti Joker fuori dall'aula del tribunale è pieno di fan che lo acclamano e si è truccato come lui. Un popolo di "diversi" che fanno del condannato una rockstar. Quello che Joker ha sognato di essere nella sua triste vita di uomo fallito e solo una celebrita', “qualcuno" a qualunque costo, anche quello di essere un condannato a morte. Joker vuole gridare al mondo che esiste e pur di esistere commette atti terribili con il solo scopo di essere amato e di non essere più invisibile per la società. È la disperazione che si fa strada nell'indifferenza di un mondo che sembra non avere nulla di bello per lui, un grido disperato di vendetta contro la tristezza della vita contro l'indifferenza di chi non ha mai tempo per leggere il significato più profondo delle cose. L'idea di trasformare questa cruda storia d'amore in un cinico e a tratti macabro musical, non sminuisce l'intensità delle situazioni né quella dei due meravigliosi eroi borderline. Persi nella diversità di un mondo che sembra non parlare la loro stessa lingua, trovano la forza per amarsi e abbandonarsi rinunciando al "lieto fine" del loro amore che sarebbe un'utopia senza nessuna speranza di credibilità, persino per loro. Eppure anche solo per poco si amano di un amore vero. D'altronde ogni relazione è una piccola "follia a due". Un qualcosa di unico e irripetibile che può avere si delle regole comuni ma anche essere fondata sulla diversità, c'é un'altra relazione che produce follia ed è auella con noi stessi perché dobbiamo abbandonare le regole della razionalità per comprenderci veramente. La follia è l'unica strada che ci conduce verso la felicità dell’ amore e nella quale è possibile scoprire la propria unicità fatta di fragilità e forza di incontro, ma spesso anche di abbandono. A Joker sembra non interessare se sarà condannato a morte o no, sa comunque di non poter vivere una vita normale. Non gli interessa vivere. "Spero solo che la mia morte abbia più senso della mia vita" dice, ma nell'ingiustizia di un sistema carcerario crudele e di una polizia senza pietà che picchia e stupra i condannati. Gli interessa innamorarsi, fare l'amore di nascosto nella cella di isolamento dove lei riesce (non si sa come ma va bene lo stesso) ad intrufolarsi. La vita non conta più conta solo l'amore perché l'amore è molto più forte della morte e sfugge al controllo. L'amore è imprigionabile persino in prigione.
L'opera si autocompiace della sua audacia, è vero, ma lo fa esattamente come Joker: con musiche che partono all'improvviso e coreografie sporche e confuse. Ma anche costumi volutamente brutti e movenze sgraziate. In questo si distacca totalmente da una banale idea di musical composto e d'effetto. Joker deve mantenere il suo "personaggio", esserne all'altezza. I fan gridano esaltati il suo nome e il fatto che non sempre ci riesca fa capire che in fondo sa di aver sbagliato tutto ma non può fare altrimenti. "Ho sempre pensato alla mia vita come a una tragedia" e "sono sempre negativi i miei pensieri” sono alcune delle sue frasi più famose. La normalità in questo film coraggioso e interessante è una maschera, una posa. È la follia è il vero volto dell'uomo. Non serve essere accompagnati verso la via della ragione perché la massima saggezza confina con la più grande follia. Un'isola sperduta nell'oceano della ragione che dovrebbe insegnarci ad accettare e comprendere qualunque forma di diversità e di malattia mentale. Joker è infatti depresso, schizofrenico e soffre di un disturbo post traumatico e questo non ha nulla a che fare con il disperato ed ipocrita desiderio di essere tutti "per bene". Il film dovrebbe, al di là del fatto che piaccia o no e di tutte le critiche negative o positive, invitarci a riflettere sulla mancanza di empatia che esiste nel mondo. Sul crudele giudizio senza conoscenza e senza pietà. Sul rendere visibili gli invisibili, gli emarginati e in qualche modo dovrebbe farci riflettere sulla vera malattia: la grande assenza di empatia e l’indifferenza che popola le strade del mondo, prima che sia troppo tardi. E per Joker è gia troppo tardi. La fastidiosa bellezza del film fa sì che la speranza, l'amore e la musica arrivino al culmine con una morte inaspettata, non decisa dagli uomini giusti del tribunale ma dalla stessa follia che gli si ritorce contro. Un passaggio di scettro. Facendo pagare a Joker senza sconti il prezzo di tutti i suoi errori e rendendolo vittima fino all' ultimo respiro. Una vittima che alza la testa e diventa uomo solo per amore e che dallo stesso amore viene abbondonato. All'amore eterno non ci crede più nessuno, è raro come un antieroe che diventa un simbolo. Una follia che abbiamo necessità di assolvere. E se mai si guadagnerà questa eternità, sarà attraverso la morte che paradossalmente rende credibile il mito dell’amore, facendo sì che anche la più folle e sbagliata delle esistenze trovi senso in un’eterna ipotetica giustizia dove niente ha mai fine.