Quanto puoi essere malvagio da essere associato all'odio - all'odio puro? Ce lo può raccontare Hunter Moore, che tecnicamente è un signor nessuno, ma in pratica è conosciuto come l'uomo più odiato di internet. Una definizione che ha prestato il nome anche alla nuova docuserie Netflix (The most hated man on the internet, da domani sulla piattaforma streaming) dedicata alla storia del webmaster americano coinvolto in una serie di episodi di revenge porn e di come la mamma di una delle ragazze ricattate, Charlotte Laws, lo abbia incastrato e spedito in prigione. Una sceneggiatura - vera - che sembra qualcosa di noto, anzi molto noto, quel Tinder swindler che aveva portato il mondo a odiare Simon Leviev e la sua catena di scam in giro per l'Europa. Storie diverse, stessa morale: se fai lo stronzo ricattando ragazze su internet rovinando le famiglie, vieni odiato e cancellato (o almeno è così per qualche anno). Ed è esattamente la storia di Hunter Moore.
Per quanto a Netflix le cose vadano maluccio dal punto di vista del business (il titolo in borsa contiua a oscillare, così come il calo di abbonamenti registrati), l'azienda di Reed Hastings ha capito una cosa. Le storie sugli stronzi piacciono, e anche se la tua parla di uno scammer seriale e vieni odiato, quel sentimento di disprezzo per Netflix è un canale per click e visualizzazioni. Lo stesso motivo per cui titoli come Don't fuck with cats e Inventing Anna sono entrati in tendenza su Netflix. Storie affascinanti di persone ripugnanti il cui copione pare sempre già scritto. Parte la truffa, panico generale e ansia, si scopre il personaggio, e alla fine, dopo tante piste morte, i "salvatori" arrivano alla conclusione e incastrano il villain. Esattamente come accaduto con Hunter Moore.
Nella docu-serie da tre episodi su Netflix, girato dallo stesso regista di Tinder swindler Rob Miller, la famiglia Laws - la figlia Kayla, le cui foto sono finite di punto in bianco sul sito di Hunter, mamma Charlotte, determinata a incastrarlo e il patrigno Charles, avvocato che fa rimuovere le immagini - è il perno attorno a cui gira prima il successo e poi la fine del mondo di Hunter Moore. Nel 2012, Kayla si ritrova di punto in bianco delle foto in topless (spedite dal suo cellulare alla sua mail) su un sito, isanyoneup.com, gestito da questo spregiudicato tipo, Hunter Moore. Il sito altro non era che un portale pieno di foto compromettenti sia di membri di rock e metal band sia di persone comuni. Uomini e donne, avvocati e cameriere, dottoresse e spazzini. Scatti privati con peni, seni, culi o challenge assurde tipo lavarsi i denti con l'acqua del water erano la benzina per il sito, che diventava super virale tanto da attirare l'attenzione di utenti dal web da tutti gli Stati Uniti. Utenti che volevano comparire, che volevano che le proprie foto fossero lì: Hunter Moore non doveva fare altro che ricevere il materiale da terzi e pubblicarlo.
Il problema - come poi trovato da Charlotte Laws con l'aiuto di altre ragazze truffate - è che oltre a inserire il profilo Facebook e i dati delle persone, "l'uomo più odiato di internet" hackerava le mail delle persone. Ed è su questa pista che si è mossa l'accusa e l'incriminazione che, nel 2015, ha portato all'arresto definitivo Hunter Moore. Ma la serie, così come in altre produzioni, si è chiesta soprattutto, che personaggio era Hunter Moore?
Sulla stampa americana sono stati tracciati molti profili, ricostruzioni di un personaggio dichiaratamente devoto al revenge. Il suo isanyoneup.com era una chiamata per ex vendicativi, persone frustrate, cercatori di visibilità che rispondevano offrendo foto private di persone conosciute. Lo stesso Moore si dichiarava il re del revenge porn, anni prima che questa locuzione entrasse a far parte del nostro vocabolario e del nostro sistema giuridico. Ma nel 2012 internet e i social (perché, di fatto, isanyoneup era un portale dove pubblicare foto e commentare) erano per lo più una risorsa dedita al divertimento.
Il re del revenge porn- come amava definirsi - amava prendere per il culo le donne in maniera misantropica, degradarle a suon di "posso scoparti quando vuoi" o "più tardi ti metto in cinta". E isanyoneup.come era la sua arma, il suo virus. Un giochino che, come nel caso del Tinder swindler, è stato poi braccato e terminato, per cui il messaggio finale è lo stesso delle truffe di Simon Leviev: le donne unite battono l'uomo cattivo e lo portano dalla polizia. Ergo, nella nostra società non c'è più spazio per chi flirta con il male delle donne. E sentendo le storie di depressione, suicidio e ansia delle vittime che emergono da questi documentari, trasalgono in noi le vicende che abbiamo vissuto sulla nostra pelle. Dalla storia drammatica di Tiziana Cantone agli episodi di foto di ragazze e ragazzi che giravano al liceo. Ci siamo convinti che umanamente e socialmente non è più tollerabile nulla del genere.
Sarà forse per quello che abbiamo imparato negli anni e l'incarcerazione di un personaggio così tanto stronzo come Moore che, cari abbonati di Netflix, amerete anche L'uomo più odiato di internet.