Quando nel 2016 Netflix propose nella sua videoteca Stranger Things, eravamo tutti sicuri che sarebbe stato un successone. Prendi l’estetica degli anni Ottanta, ci metti dentro i Joy Division e i Cure, Winona Ryder, un copione da teen drama à la Steven Spielberg e un po’ di horror splatter. I fratelli Duffer non potevano sbagliare - e infatti, guarda che successo. Ma le cose - le serie -, anche quelle belle, prima o poi hanno una fine. An end has a start, canterebbero gli Editors, e per Stranger Things questo inizio della fine è la quarta stagione - uscita in due parti: la prima a maggio, la seconda òì1 luglio. O almeno, è così per chi si è davvero affezionato al progetto dei piccoli los amigos che combattono il male con metodi fai da te.
Non che l’ultimo capitolo della saga ammiraglia di Netflix sia deludente, anzi: con questa quarta stagione la storia si conferma entusiasmante e svela l’origine di tutto il male. Ma se il pubblico si è lasciato affascinare dalle prime tre stagioni di Stranger Things - proprio quelle in cui gli eroi erano nella smalltown -, quest’ultima perde nettamente il confronto con le precedenti - nonostante sarà sempre ricordata per aver riesumato Running up that hill di Kate Bush.
In Stranger Things 4, come si era già visto nei primi sette episodi, si capiva che la quantità di temi e mise en abyme narrativi sarebbero stati tanti e questo poteva già infastidire. Arrivati agli ultimi due episodi finali - di cui l’ultimo da più di due ore - è palese che la storia dei cinque ragazzini sia arrivata a un livello ancora più alto con tanti intrecci, una storia perfino troppo pesante da reggere per lo spettatore. Ci sono quelli rimasti a Hawkings a combattere Vecna “in casa”, ci sono quelli nel furgoncino nel deserto della California, ci sono Hopper e Joyce in Russia a battersi con i demogorgoni, c’è Undici nel suo laboratorio. Un intreccio di trama con riferimenti e filoni interni che infittiscono la narrazione principale con tanti dettagli e gag, ma che allo stesso tempo rendono tutto un po’ stressante. La piacevolezza e la distensione delle prime tre stagioni erano dovute al fatto che, sommariamente, si combatteva tutti insieme, mentre ora lo spettatore sa che a ogni fine scena ci sarà lo sviluppo di un altro filone narrativo - che poi è una soluzione di sceneggiatura molto tradizionale nelle serie tv, ma non tipica di questa.
E se non fosse che la produzione aveva già annunciato l’uscita di una quinta stagione, negli ultimi due episodi era tutto pronto per la conclusione definitiva di Stranger Things. La prossima stagione invece ci sarà e sarà più grande persino di questa quarta, con una quasi certa espansione del male anche nel resto del mondo (un piccolo assaggio quindi l’abbiamo già ricevuto dai demogorgoni nel gulag russo). Ed è un po’ un peccato perché questo quarto capitolo sembrava la conclusione perfetta.
Si è capito dove tutto è nato, si è capito l’origine del male, si è fatto anche il discorso dell'essere diversi - che è la vera morale dietro la fiaba: un ragazzino può sconfiggere il male, un freak può essere un coraggioso guerriero - perciò, dopo sette episodi ci si aspettava la morte del mostro finale e ciao a tutti. Invece il brand Stranger Things è troppo forte per chiudersi con un semplice scacco matto al male di Hawkings. Il cattivone si ferisce ma non muore, il male distrugge mezza città, alcuni dei nostri eroi finiscono in coma. Insomma, eravamo pronti a dire basta, ma Vecna non è morto e dobbiamo attendere un’altra stagione per vederlo schiattare.
Per quanto Stranger Things possa effettivamente essere il frutto di un pastiche di cose già viste, non possiamo non ritenerlo uno dei migliori contenuti di un servizio di streaming. Dopo quattro stagioni, non è mastodontico come Game of Thrones o arzigogolato come Lost, ma per un pubblico da smartphone qual è quello di oggi, Stranger Things offre dal 2016 una sceneggiatura azzeccata a pochi euro (o dollari) al mese.
Certo, abbiamo tutti fiducia nella fantasia dei Duffer bros, ma, ora che la loro storia parrebbe essere cresciuta fino a raggiungere una dimensione worldwide, c’è un po’ di nostalgia per quelle avventure nate e cresciute a Hawkings. Che poi sono quelle che ci hanno fatto innamorare di questo prodotto: nessuno vorrebbe vedere Vecna e Undici sfidarsi a colpi di emorragie dal naso davanti al ponte di Brooklyn.