C’è chi lascia alzata la tavoletta del cesso come motto di vita e testamento spirituale per i posteri, sono in molti a giurare di aver incontrato i più sporchi, urlanti, litigiosi, assurdi esseri umani. E di averli avuti come coinquilini. Bene, su Netflix è a piede libero una nuova docu-serie, in cinque puntate autoconclusive, che vi convincerà definitivamente a vivere da soli. Oppure ad alimentare le leggende metropolitane sui tizi strambi che possono capitare tra le mura domestiche di chiunque, da un giorno all’altro. Coinquilini impossibili, questo il titolo della serie, però non racconta storie di divertente disagio da condividere al bar con gli amici tra il secondo e il terzo drink. Coinquilini impossibili è, a dispetto delle aspettative, una docu-sere squisitamente horror. Episodi di cronaca nera, quasi tutti tra gli anni Ottanta e Novanta, che tornano a destare inquietudine sulla piattaforma della grande N per un’abbuffata di piccoli brividi che no, non vi faranno andare a dormire sereni. Ma questo è il bello. A meno che non viviate da soli…
Pigiando play, ci saremmo aspettati di ritrovarci davanti al muso i classici fattarelli scacciapensieri riguardo a sudiciume, freak e brutte esperienze magari, sì, ma tragicomiche riguardo alla convivenza con sconosciuti. Invece abbiamo trovato adorabili vecchine con l’hobby di seppellire cadaveri nel cortile sul retro della sua adorabile casetta, aitanti belloni israeliani (oppure no?) con la passione per la truffa e il tentato omicidio, innamorati pronti a tutto per conquistare il cuore dell’amata (o, comunque, il suo sangue) e parassiti sociali che mandano in rovina creduloni come gente del tutto registrata solo per il gusto di farlo (e di pagare il meno affitto possibile per il tutta la vita). Ah che meraviglia, l’umanità.
Coinquilini Impossibili vi farà recepire spifferi e rumori notturni come terrificanti segnali di morte certa quindi, vi avvisiamo, se possibile datele un occhio nel pomeriggio. O al mattino. Insomma, non appena prima di andare a dormire. Ma come mai un documentario dal titolo che suona semplicemente disagiante è in realtà un potpourri a tinte horror? Considerando poi che ci sono anche parti in posticcia animazione 2D...
Semplice: a produrlo ha pensato la Blumhouse, ovvero quella casa di produzione fondata nel 2000 da Jason Blum e che è esplosa definitivamente nove anni dopo, portando nei cinema mondiali un titoletto da nulla Paranormal Activity, girato il 10 giorni per un totale di 193 milioni di dollari al box office. Da lì, è nato il quasi totale monopolio sul cinema horror da parte della casa di Jason che negli anni ci ha regalato, tra gli altri, blockbuster sinistri di successo globale come Insidious, La notte del giudizio e Ouija. Ma non solo, alla Blumhouse si devono anche incubi come The Green Inferno (remake dello scult nostrano Cannibal Holocaust), Split (con ogni probabilità il miglior film di Shymalan dopo Il sesto senso) e Scappa - Get out (l’incredibile esordio alla regia di quel geniaccio di Jordan Peele). Per gli amanti delle atmosfere claustrofobiche e del thriller psicologico, poi, vi segnaliamo Creep e relativo sequel (entrambi disponibili su Netflix con un Mark Duplass adorabilmente fuori di melone). Ah la Blumhouse, nei ritagli di tempo, è riuscita a produrre pure un titolo che con l’horror aveva ben poco a che fare ma che si è portato a casa 3 Oscar, Whiplash. Insomma, ‘sti ragazzi son bravini.
E la buona notizia è che, oltre all'allucinante docu-serie Coinquilini Impossibili, i nostri hanno prodotto per Prime Video anche Welcome to Blumhouse, un’antologia composta da otto film che giocano con il genere horror in molte delle sue possibili varianti: dal demenziale alla stregoneria, passando per malocchio e razzismo brutale. Senza dimenticare i vampiri, naturalmente. Su tutti, imperdibili Evil eye, Bingo Inferno e The lie. Ma anche Black Box, se amate le atmosfere alla Black Mirror (degli anni in cui valeva la pena non perdersi mai una puntata).
Buoni incubi a tutti, coinquilini e non.