Sono giorni che gira sui social la foto del manifesto del concerto di Morgan in provincia di Parma, più precisamente a Salsomaggiore, di mercoledì 23 agosto alle ore 21. Cosa c’è di strano? Che sul cartellone si legge “Morgan da vivo” e non “dal vivo”. Un refuso del grafico? Un errore di stampa? O un claim voluto? In moltissimi se lo stanno chiedendo, tanto che quell’immagine è diventata virale. Ed è arrivata anche al diretto interessato che, ci ha raccontato, è stato letteralmente bombardato da messaggi di spiegazione. Così abbiamo chiesto direttamente al cantautore, a margine delle prove che sta effettuando per salire sul palco della Pinko Arena a Parco Mazzini, e ci ha spiegato perché quel claim era voluto (e ha funzionato), ma che dimostra anche il fatto che non averlo capito da parte di così tanta gente è la dimostrazione di "una civiltà grammaticalmente morta, ma anche un segnale di risveglio..."
Morgan, avrai visto che in questi giorni sta impazzando un meme che ti riguarda, una foto ad un manifesto di un tuo imminente concerto a Salsomaggiore in cui si legge "Morgan "Da Vivo"?
Si, certo che mi sono accorto.
Chi te lo ha riferito?
Bè, qualche settimana fa ho ricevuto l’immagine con il cerchiato rosso da numeri sconosciuti e non ho dato importanza alla cosa. Poi però ho iniziato a riceverne sempre di più da chiunque, tutti mi mandavano la stessa foto, finché l’altro ieri sono stato letteralmente bombardato su whatsapp, anche da chi non è generalmente collegato per ragioni musicali, anzi.
Tipo?
Medici, maestre elementari, amministratori di condominio, idraulici, chiunque mi ha mandato quella foto.
E ti sei chiesto: “che succede?”
No, perché avevo capito che cosa era successo.
E che cosa era successo?
Un fenomeno apparentemente irrilevante, ma che invece, a ben guardare, ha degli aspetti molto interessanti, e credo non solo per me. Si tratta della scritta che nella foto è cerchiata perché si noti che è “da vivo” anziché “dal vivo”, e la cosa ha suscitato una reazione collettiva fuori da ogni previsione, una sorpresa, direi. Ecco perché vale la pena di farci un paio di riflessioni intorno.
Cosa ti hanno scritto le persone come motivo della segnalazione?
Le cose più disparate e bizzarre, ma in linea di massima tutti o indignati o divertiti, perché tutti straconvinti si trattasse di un errore dello stampatore, un refuso insomma. Ma proprio tutti, chi con la sua tesi e la sua spiegazione, quello certissimi di tutto quel che dicono anche se non sanno quel che dicono, altri a sbellicarsi e darmi parole di sostegno morale! Improvvisamente sembrava che la mia rubrica telefonica fosse impazzita o contaminata da un virus, tutti i miei contatti mi hanno mandato quella foto.
E tu rispondevi a tutti?
In un primo momento, come dicevo, no. Poi ho pensato che era giusto rispondere, per fare chiarezza, poi quando ho iniziato a riceverla troppo spesso non facevo manco a tempo a rispondere, e dopo che ne ho ricevute più di cento in un giorno allora ho detto stop, questa è una follia.
Ma cosa rispondevi?
Che era fatto volutamente e non si trattava di un refuso, ma di un gioco di parole. Ma nessuno che si sia soffermato un attimo e abbia realizzato che in italiano “da vivo” vuol dire una cosa precisa e “dal vivo” in realtà non significa nulla? Ok ammettiamo che si fosse trattato veramente di un refuso, a quel punto però cogli la palla al balzo e dici: wow! Una cosa inaspettata! Quel che bramiamo di fronte all’intelligenza artificiale che stiamo tutto il giorno a spremere per far sì che ci sia le soluzioni di creatività! Voila! Eccola servita! Eppure no, nessuno ha pensato di nobilitare il refuso, cosa che Brian Eno avrebbe descritto con la strategia “onora il tuo errore come se fosse un’intenzione nascosta”. Eh no, purtroppo siamo fermi, rigidissimi, questo fatto è davvero esemplare.
Ma sai, tutti pensano che sia un refuso, è per quello che li diverte.
Scusa, ma “loro” chi?
Il pubblico.
Il famoso popolo-bue?
Se preferisci, ma non è carino chiamare così il pubblico, alcune persone si offenderebbero.
La cosa non carina, anzi orrenda, non è chiamare il pubblico “popolo-bue”, è volerlo mantenere tale, cioè fingere di essere a favore del popolo ma invece fare il suo male, come fa la politica, come fa l’economia, come fa l’industria, la televisione, come fanno i giornali, nell’ipocrisia più assoluta. Anzi, direi nella scissione psichica. Ma per tornare alla tua affermazione su ciò che diverte il pubblico, ti dico che non si deve avere tutta questa certezza che il pubblico sia così ben catalogabile e prevedibile, perché pensare così impedisce di creare qualunque cosa che abbia un senso e spinge a realizzare solo idee finalizzate al profitto, ma non all’arte.
Se ho ben capito dici che sottovalutare il pubblico produce proposte scadenti?
Pensare a priori che il pubblico non possa capire qualcosa blocca sul nascere ogni slancio verso l’invenzione autentica e, infatti, è questo il grave errore che commettono i produttori dello spettacolo da molti anni ormai a questa parte, e sempre di più tutti i livelli dirigenziali e manageriali sono convinti che esistano algoritmi per inquadrare il pubblico ovvero “la domanda”, ma siccome è stato tarato troppo in basso il livello minimo il risultato è stato trascinare tutto e se cammini piegato a novanta gradi dieci minuti è un conto, ma se vai in giro per due mesi piegato a novanta gradi poi per rialzarti è un bel problema e pure un gran dolore, figuriamoci se lo fai per vent’anni! Ecco perché ci troviamo oggi ad essere diventati un Paese senza senso dell’arte ed estremamente regredito.
Contestualizza questo tuo ragionamento al nostro caso specifico.
In questo caso se da una parte il popolo non ha capito che si tratta di un costrutto poetico e l’ha confuso con un refuso, perché è totalmente digiuno di spettacolo e teatro “verbale” cioè di invenzione linguistica, sia per quello che è il parlare nella televisione, al limite dell’analfabetismo e anche per l’involuzione dei testi delle canzoni, in parte, ma principalmente perché gli italiani stanno subendo come popolo di parlanti uno spegnimento linguistico, forzatamente è tenuto in retroguardia, un popolo che ha perso la fiducia nella sua lingua perché non crede che si possa costruire alcunché con la sua lingua e di conseguenza con le parole più in generale, quindi si tratta di una civiltà grammaticalmente morta. Ma nonostante questo, dall’altra parte, si può notare come in realtà questo evento di cui parliamo abbia acceso un istinto quasi atavico che ha fatto interessare la gente ad un fenomeno verbale, senza una consapevolezza e senza di conseguenza una capacità di astrazione, ma è importante ugualmente vedere questa massa inconsapevole che per una volta tanto anziché essere attratta da violenza o sesso o da morti e sangue, da soldi e da liti e tutto quello che sappiamo attira il famoso gregge, per questa volta si è messa a dare attenzione ad un fatto linguistico, un fatto verbale, uno straniamento grafolinguistico, una questione di scrittura, un gesto poetico. È una cosa da non sottovalutare perché accade a livello base, cioè laddove di norma non hanno accesso le problematiche letterarie, là in quella zona della società dove se sei originale e non omologato ti sfottono, dove se sei stralunato e goffo ti picchiano, dove se sei malinconico ti umiliano e se sei introverso ti demonizzano. È importante che si occupino di ridere di un gioco di parole queste persone. È un segnale positivo.
Tirando le somme?
Abbiamo da una parte la conferma che le persone fanno molta fatica a porsi di fronte alle invenzioni, siano esse un fatto linguistico o musicale o altro, e sto parlando dello stato della cultura di questo Paese, decisamente indietro rispetto agli altri popoli europei, e dell’Inghilterra non parliamone nemmeno, perché allora siamo indietro secoli. Però abbiamo un piccolo segnale di interesse istintuale che può essere preso al balzo come leva per inserire a gamba tesa il tema del risveglio, come stiamo facendo ora qui.
Si, ma pretendere che il popolo dia per scontato che un refuso sia voluto non è chiedere troppo?
Mettiamoci d’accordo una volta per tutte tra noi: quello non è un refuso ma un gioco linguistico e più esattamente di grafica del linguaggio, disciplina che io chiamo così, perché ancora non esiste nelle accademie ma esiste nella realtà, ma purtroppo il basso livello dell’ambiente accademico italiano, agonizzante non per sua responsabilità, rende impossibile l’idea di poter introdurre una nuova materia nell’orizzonte della formazione italiana odierna. Però si tratta effettivamente di quel che io faccio da molti anni cioè da quando ho iniziato, sin da bambino, perché questo è il mio stile, il mio campo, il mio modo, cioè io scrivo parole le canto e le disegno. Tutto qui.
E hai detto poco?
No, ho detto tanto, ma il fatto è che c’è una ignoranza tale che non solo non riescono a concepire che anche in un manifesto promozionale ci possa essere della letteratura o un pensiero, loro proprio non se ne capacitano nemmeno dopo che glielo spiego, non ci possono credere, ma perché dovrebbero ammettere di essere stati fottuti, colti in castagna, e non solo, perché devono mettere in discussione tutto ciò che di me sono convinti di conoscere proprio perché sono ignoranti di me, e non sanno che io lo faccio da decenni.
Un gioco molto serio.
Di giocare con i nomi, con le parole, di inventare, far ridere le parole, non di ridere di loro ma di farle ridere, e di conseguenza vivere.
Fai degli esempi.
Per rimanere sui manifesti dei concerti, non me li ricordo neanche tutti ma ad esempio ricordo che ci fu una tournée dei Bluvertigo dove nel manifesto avevo fatto scrivere: i Bluvertigo in carne ed ossa. Alludendo allo stesso concetto di “da vivo”, oppure la prima tournée mia solista si chiamava “alive” (vivo) anziché “live” e in pratica è lo stesso meccanismo semantico del “da vivo”. Sempre nel tour successivo, 2005, avevo fatto fare dei manifesti-necrologio dove si legge: l’agenzia è dolente di annunciare: Morgan, esecuzione dal vivo. Alludendo ovviamente allo spettacolo in cui si metteva in piazza la pena di morte nel passato.
L'inversione di senso.
Esatto. Ma nel senso di esattore, esigere, che è la versione moderna del boia ...
Restiamo in tema, ricordi altri manifesti?
Dunque, mi ricordo nel 2010 il mio concerto era annunciato come “con certo Morgan”. Poi ancora “Morgan e le Sagome suonano anche qua” e seguiva il nome della località. Poi anche “vivo e vegeto”, insomma è veramente da una vita che sono solito fare questo tipo di lavoro con le parole.
Un lavoro di scomposizione?
In un certo senso, certamente. Sicuramente destrutturare il significante prima di ottenere il significato che è conseguenza. Infatti sono giochi di suono e di grafica delle parole, ottimo ad esempio sia nelle canzoni che in generale negli slogan pubblicitari o più semplicemente nei nomi dei prodotti.
Hai mai pensato di darti al marketing?
Questo non ti sembra marketing? Scusa ma tre milioni di impressions in un meme non è marketing? Cioè, anche marketing, visto che si tratta innanzi tutto di creatività e di invenzione artistica.
Se fosse marketing però ci ricaveresti dei guadagni.
Non ti sbagli, è la seconda volta che faccio un mega successo con questo tipo di operazioni linguistiche sul filo della mistificazione, in cui non solo c’è un messaggio ma c’è un accadimento e una storia dietro al messaggio quindi sono cose profonde e vive.
Qual è la prima?
Le brutte intenzioni la maleducazione....
Ah, caspita, il più grande successo sanremese di tutti i tempi.
Appunto, e non ci ho guadagnato un solo euro, anzi, sono addirittura stato denunciato per aver creato un successo a tutti tranne che a me.
Neanche i diritti d'autore per il testo scritto da te?
Ma scherzi? Mi hanno proibito tassativamente di depositarlo, la Siae stessa non ha voluto riconoscermi autore di quel testo.
Ma se lo ha visto tutta Italia che lo hai scritto al momento in diretta.
Lo ha visto tutta Italia, ha fatto numeri strabilianti, il video più guardato su YouTube nel 2020, si tratta di milioni di euro di fatturazione, decine di milioni di euro. Idem per gli ascolti del festival, e non solo: tutto il merchandising che ci è stato costruito sopra, t-shirt, tazzine, agendine, qualunque cosa con quel testo addirittura i gadget ufficiali dello scorso festival di Sanremo erano costruiti con le mie frasi. Ci hanno intitolato trasmissioni televisive con quel testo, di tutto hanno fatto. E non un solo euro a chi lo ha scritto.
Sembra una cosa folle.
Questa è l’Italia, è folle e distratta, non ha senso dell’arte e se ne frega totalmente di chi la crea.
Amen.
Amen?
Scusa, sarà un refuso, io avevo digitato cert_amen_te…