Manca sempre meno a quel momento in cui saluteremo i tormentoni estivi. Il periodo estivo, da sempre un momento di pausa per la musica italiana, ad eccezione dei tormentoni, sta per finire e anche se mancano ancora sei mesi, si inizia già a parlare di Sanremo 2025. Nell'attesa di un "nuovo anno" per la musica italiana, abbiamo intervistato Alvise Salerno, critico musicale e speaker radiofonico di Radio Number One, attivissimo anche su TikTok. Con lui abbiamo parlato non solo di Sanremo 2025, ma anche di X Factor, Amici, dei tormentoni estivi, del successo di Anna e di quei brani che "potevano fare di meglio".
Qualche giorno fa è stato pubblicato il regolamento di Sanremo 2025. Qual è la tua opinione sulla clausola che non permette agli artisti di esibirsi dall'annuncio dei big fino alla fine del Festival?
È una clausola che c’era anche gli anni scorsi, ma che si può baypassare. Nel senso che nel momento in cui ci sono eventi come capodanno o tour già programmati, artisti, manager e case discografiche possono mandare una richiesta alla Rai, che non fa storie. Questa clausola più che altro la Rai la inserisce per evitare che gli artisti vadano nelle tv concorrenti.
E tu cosa ne pensi?
Non la trovo corretta. Da un lato se partecipi a Sanremo ti metti "a disposizione" della Rai, ma questi ragazzi devono poter lavorare. Ti faccio un esempio prendendo Tananai, che nella sua prima edizione era un emergente che poi è diventato big. Nel suo primo anno magari avrebbe voluto fare delle cose in più che non ha potuto fare perché doveva andare a Sanremo. Ma in quel caso sarebbero stati eventi che avrebbe potuto tranquillamente gestire per incamerare quella parte economica che può sempre servire. Invece così vengo gli artisti vengono limitati.
"Suzuki Music Party", evento che sarà condotto da Amadeus e andrà in onda su Nove, avrà qualche influenza su Sanremo?
Sinceramente non credo. Questo evento, secondo me, andrebbe valutato in una prospettiva futura. È il primo anno che viene fatta una cosa del genere e si parla sempre di pubblicazioni di musica solo ed esclusivamente legate al periodo di Sanremo e all’estate. Questo programma invece va ad inserirsi in quello slot temporale dove potenzialmente potrebbero esserci uscite interessanti.
E per quanto riguarda invece la scelta di abbassare il limite di età a 26 anni per le nuove proposte?
L’ho detto e rinvendico quello che ho già detto: non capisco e concepisco come mai sia stata scelta questa linea. Va bene che le nuove proposte devono essere teoricamente giovani, ma stai limitando una fascia intera di artisti che possono essere considerati emergenti pur non avendo vent'anni. Tra l’altro, ho letto meglio il regolamento e nella sezione dedicata ai big si parla anche di “scelta in base alla fama dell’artista”. Quindi, tecnicamente un ventisettenne o trentenne che può essere considerato emergente può mandare un brano per la categoria big, ma è chairo che non avrà il criterio della fama. È lapalissiano, ma è così. Stai escludendo migliaia di artisti, e non va bene. Ripeto, per quanto mi riguarda sono state fatte delle scelte aberranti, non ho altri termini da utilizzare.
Per quanto riguarda invece gli ascolti "gonfiati" su Spotify. Luigi Strangis e Aaron sono finiti in questo "girone infernale", ma devo dire che si fa abbastanza fatica a capire cosa sia successo realmente...
In questa discussione penso che i protagonisti principali siano i "capi" di Spotify. Noi possiamo dare tutti i pareri del mondo, ma fin quando dai piani alti della piattaforma non dicono cosa ne pensano di questa situazione, come pensano di combatterla concretamente, i nostri discorsi rimangono fumo. Per quanto mi riguarda, l’unica soluzione è quella di eliminare i numeri da Spotify. Se guardi gli altri servizi di streaming i numeri ci sono, ma per quanto riguarda gli ascoltatori mensili o le classifiche, ma quelli legati alle singole canzoni no. Questo fa sì che gli artisti, almeno su quelle piattaforme, siano un po' più liberi.
Su Spotify invece non è così.
No, c’è la continua rincorsa al milione, al successo che passa dai numeri, ma che fondamentalmente non si traduce in una canzone di qualità molto spesso. Le canzoni vengono realizzate con lo scopo di raggiungere i milioni, e non va bene perché sì perde tanta naturalezza e la vera anima degli artisti. Per quanto mi riguarda si dovrebbero eliminare i numeri dalla piattaforma. Così facendo i fan non sarebbero costretti a creare playlist stile “listening party”, Spotify non dovrebbe fare il take down dei brani e gli artisti sarebbe più liberi e avrebbero meno problemi, rispetto a quelli che ci sono attualmente.
Però in Italia si gioca molto sui numeri, come spesso fanno ad esempio gli uffici stampa. Cosa si potrebbe fare per evitare che si parli sempre di numeri?
Si dovrebbe partire da un presupposto semplice: la responsabilità è di tutti. Mi ci metto di mezzo anch’io, che sono conduttore radiofonico e critico muiscale. Riguarda la mia categoria, i giornalisti, gli uffici stampa che non fanno altro che spingere su questo tipo di comunicazione. Tutti quanti dobbiamo fare il nostro lavoro, e non si può e non si deve rinunciare a raccontare il successo di una canzone, anche attraverso perché no i risultati numerici, perché i numeri danno rappresentazione plastica di come sta andando sul mercato un brano. Ma abbiamo esempi di canzoni che non hanno grandi numeri, magari degli anni 70, 80 o 90, che sono oggettivamente bellissime canzoni che ovviamente nel mercato dello streaming non vanno. Ma questo non va dimenticato.
Il mondo della critica e del giornalismo musicale mi sembra si pieghi spesso agli uffici stampa. Tu cosa ne pensi?
C’è indubbiamente da parte di qualcuno un certo servilismo. È innegabile e sarebbe scorretto dirti il contrario. È chiaro che poi bisogna capire chi fa questo tipo di cose, chi si “piega” e chi invece non lo fa. Ti faccio l’esempio su di me: chi ha avuto modo di lavorare con me in questi dieci anni di carriera sa che sono indomabile. Se dico qualcosa su un’artista, lo dico in maniera sincera. Tendo a non farmi piegare, e molte possibilità lavorative sono sfuggite anche per questo. Però ti devo dire, un po’ li capisco.
In che senso?
Mi metto nei panni di un manager, o di un’etichetta discografica, e penso “perché dovrebbero lavorare con qualcuno che dice qualocsa di male sull’artista che promuovo?”. Non avrebbe senso. Giustamente preferiscono chiamare qualcuno che racconti qualcosa che può "servire" per raggiungere dei risultati nell'immediato. Comunque, la critica se fatta con cognizione di causa può portare a dei miglioramenti. Ma da un lato c’è la non compresione e accettazione della critica, dall’altro questo problema dell’eccessivo servilismo che non ti fa vedere le cose con lucidità. Ma ho notato che negli ultimi anni qualcosa è cambiato.
Cioè?
Sto notando che da quando sono arrivate su TikTok persone che raccontano la musica in maniera diversa, qualcosa sta cambiando. Si inizia a capire che si può fare anche una narrazione diversa. Paradossalmente adesso il problema non è più dei professionisti, ma delle fanbase che non accettano le critiche. Gli artisti spesso accettano le critiche e le comprendono, mentre i fandome, soprattuto la parte tossica, non accettano e non si riescono ad arginare. Bisognerebbe anche capire che quando noi critichiamo non lo facciamo con cattiveria e malizia, ma con interesse per la musica e per l’artista.
C'è un tormentone estivo che secondo te non ha funzionato?
“Berlino” di Naska. A me è piaciuta tantissimo e la trovavo adatta, perché diversa dalle altre. Mi stupisce che non abbia avuto il successo che meriterebbe, anche perché Naska è un personaggio altamente in vista, non solo musicalmente ma anche su Twitch, e ha in programma una data molto importante al Forum di Assago. Quindi, non capisco davvero cosa sia successo. Ci sono state poi anche delle scelte che ho trovato incomprensibili, anche da parte di artisti che conosco, stimo e rispetto.
Ad esempio?
In Italia da due anni ormai abbiamo messo quasi totalmente da parte il reggaeton. Nonostante questo molti artisti, che hanno avuto successo anche grazie a questo genere, hanno continuato a proporci brani reggaeton, come Shade ed Elettra Lamborghini. La loro è stata una scelta azzardata, secondo me. Si saranno divertiti, e va benissimo così, ma se fai il tormentone estivo non lo fai solo per te stesso, ma per il pubblico, le classifiche, le vendite. Se fai qualcosa di controproducente, perché quel genere non è più in hype, magari una domanda bisognerebbe farsela prima di pubblicare questo tipo di brano. Avrei sinceramente preferito qualcosa di diverso da Shade.
Ero convinta che mi avresti detto "Umorismo italiano" di Michele Bravi e Guè. Accoppiata che non ho assolutamente capito. Mi sembrano proprio due mondi diversi che difficilmente possono funzionare insieme.
Ho da sempre una considerazione, stima e rispetto massimi per Michele. Però le due scelte che lui ha fatto quest’anno, Fiorella Mannoia e Guè, non le ho capite. Anche perché arrivava da un album molto bello, quindi non capisco davvero. Emtrambe le canzoni le ho trovate fuoriluogo per quello che stava portando avanti musicalemnte.
E invece un tormentone che avevi già capito sarebbe stata una hit?
“Malavita” dei Coma Cose. A Radio Number One l’abbiamo passato da subito, a maggio quando è uscito, perché ci abbiamo creduto e abbiamo capito che aveva del potenziale. Ti direi anche "Sesso e Samba" di Tony Effe e Gaia. Quando ho ascoltato il provino prima dell’uscita ho detto: “Caspita, siamo davanti ad una hit clamorosa”. Chi lavora in radio lo capisce fin dalla prima nota se una canzone ha del margine di successo, anche se a volte sbagliamo anche noi.
Ti è capitato di recente?
Sì, con “Mezzo Rotto” di Alessandra Amoroso e Big Mama. Ho detto che non avrebbe avuto margine di successo, e invece mi sono dovuto ricredere.
Parlando sempre di hit, Anna continua a dominare la classifica degli album più venduti. Perché?
È il fenomeno del momento ed è stata brava ad intercettare tutti quelli della sua generazione, strizzando l’occhio anche a quella più adulta. Anna è stata capace di avvalersi della collaborazione di persone che l’hanno innazalta musicalmente, fermo restando che ha fatto la “voce grossa” in tutte le canzoni del suo album. Non posso dimenticare la prima volta che ho ascoltato il brano con tha supreme. Lui è stato il vero protagonista di quella canzone specifica, ma in realtà Anna ha giovato di questa cosa e anche lei emerge. In generale il disco è costruito bene e ha un concept chiaro. Non vuole essere l’album che rivoluzione il mondo della musica o il rap, soprattutto per quanto riguarda la schiera delle rapper al femminile, che sono tante, ma sono quasi tutte chiuse all’interno di una campana di vetro. Anna ce l’ha fatta. È riuscita ad emergere e l’album conferma che bisogna lavorare su tutto il concept, non solo le canzoni. Poi c’è stato anche il “vantaggio” di "30°", che ha avuto un grande successo.
Su TikTok hai parlato di Gerardina Trovato. Cosa si potrebbe fare per aiutarla nel concreto? Mi è sembrato di capire che ascoltare i suoi brani per farle arrivare dei soldi non sia la soluzione migliore al momento.
Ho cercato di spiegare che le edizioni dei suoi brani appartengono concretamente alla Sugar e Warner Publishing. Ma nel discorso dei diritti d’autore tutta la sezioen riguardante pagamento è divisa in ventiquattresimi, quindi una parte va ai sopracitati, l’altra a Gerardina Trovato. Ora, il punto è un altro, ed è fondamentale capirlo.
Ovvero?
Noi non sappiamo perché non arrivino a Gerardina Trovato i soldi della Siae, questa è la vera domanda. Il focus dovrebbe essere puntato su questo. Il problema è che non viene data una risposta. Streammare i suoi brani in questo momento serve a ben poco, perché lei stessa ha raccontato di non riuscire a vivere. Addirittura la Caritas la aiuterebbe con ottante euro al mese. Prendendo le sue parole come punto di riferimento mi viene da dire: "Beh, ma perché non le arrivano i soldi della Siae?". Potrebbe esserci degli accordi, ma di questo non abbiamo certezza. Data la situazione, sarebbe meglio aiutarla con i live o con delle operazioni che le facciano arrivare concretamente e in breve tempo delle economie che possa reinvestire per se stessa, per risollevarsi non solo musicalmente ma anche umanamente. Comunque, adesso bisogna vedere come reagirà lei. Si trova in una fase di rinascita e non è ancora del tutto strutturata per poter affrontare tutto questo al meglio.
Per quanto riguarda invece i talent, come X Factor e Amici, si stanno avviando sul viale del tramonto o è solo un'impressione?
X Factor andava chiuso almeno tre-quattro anni fa. È diventato quasi anacronistico. Ci sono ragazzi che sì, potrebbero anche avere talento, ma rimane totalmente inespresso, perché il talent si concreta sui giudici. Oggi ha veramente poco senso di esistere, come format X Factor non funziona più. Amici invece ha un concept diverso e, per quanto mi sia inasprito in passato con alcune dinamiche del programma, non vorrei mai che chiudesse. Tanti ragazzi lo vedono come un punto di partenza importante e viene data una speranza. E abbiamo visto che nel tempo non tutti, perché sarebbe impossibile, ma una decina di talenti su tutte le edizioni di Amici ce l’hanno fatta.