Che ormai in Italia la pubblicazione di libri sia perlopiù un’operazione di marketing è un luogo comune, abbastanza banale. Ma cascano le braccia quando ti trovi di fronte una ricorrenza storica ed è l’editoria a volertelo ricordare con i libri più spropositati, scritti da saccenti giornalisti o romanzieri che cavalcano l’onda per impennare le vendite. Scrivendo, poi, di cose su cui sarebbe meglio tacere, per dar spazio a chi per anni di un determinato tema ha acquisito credibilità e ha lavorato di bisturi, soprattutto in ambito storico. Questo perché la storia va a braccetto con la politica, e fa comodo mandare missive con lo strumento della trattazione storica, per cui la storia è il corpo ma il fine è tutt’altro.
Ebbene, siamo quasi ad ottobre, e il 28 di quel mese ricorrono 100 anni dalla Marcia su Roma. Ormai è una nenia sentirne parlare. Ma perché dover ancora dire qualcosa di quel periodo, e piegare al giornalismo la lente dello storico? Perché per parlare dell’oggi e criticare il presente bisogna tornare a 100 anni fa, in Italia; e questo lo fa, il giornalista, quando decontestualizza e non percepisce il tempo e quello che questo porta appresso. Così, Aldo Cazzullo scrive un vademecum per vergognarsi del fascismo, che alla guida turistica manca solo il nome. Non serve tanto leggerlo, la quarta di copertina di “Mussolini il capobanda” è chiara: «Cent'anni fa, in questi stessi giorni, la nostra patria cadeva nelle mani di una banda di delinquenti, guidata da un uomo spietato e cattivo. Un uomo capace di tutto; persino di far chiudere e morire in manicomio il proprio figlio, e la donna che l'aveva messo al mondo». “Spietato e cattivo”: pare un libro di fumetti, invece di un libro a tematica storica. E via poi di psicologismo tanto al chilo, e quella visione del fascismo come “ubriacatura” storica di una masnada di pazzi tanto cara al nostro Croce, ma qui banale, sterile, ancorché inutile (perlomeno, il nostro Croce, il fascismo lo ha vissuto). Tutto gioca sulla pancia dell’italiano medio che vuole sentirsi stuzzicare con le solite tre o quattro spinte emozionali. Ed ecco a voi, un altro libro come un titolo di giornale, misto con l’ironia di chi vuol fare la battuta su un luogo comune, ma non pare voler trattare seriamente un argomento: “Mussolini ha fatto tanto per le donne! Le radici fasciste del maschilismo italiano” di Mirella Serri. Poi ancora “M. Gli ultimi giorni d’Europa” del nostro premio strega Antonio Scurati, in cui si spera che vengano a mancare gli strafalcioni storici del libro precedente (ben messi in luce da Nunzio dell’Erba su Pangea). E via così un’altra serie di pubblicazioni simili.
Finché si tratta di convegni, di dibattiti, tutto molto lodevole. Ma queste uscite, prossime alla ricorrenza storica, puzzano di uso strumentale della data, come quando ci si ricorda che è il compleanno della nonna e si vola al telefono per farle gli auguri. E tutti questi volumi sembrano destinati, più che alla divulgazione, a sostituire le bottiglie di vino dedicate al Fuhrer e al Duce, che dal prossimo anno saranno fuori commercio, come ha confermato Andrea Lunardelli dell'omonima azienda vinicola. A questi preferisco senz’altro chi rimane in sordina, ed esce quando c’è la necessità di uscire, quando c’è, veramente, qualcosa da dire. Si veda a proposito il grande libro del mastodontico Emilio Gentile “E fu subito regime”, allievo di Renzo De Felice, che della Marcia su Roma ha parlato, dieci anni fa, proponendo una rilettura originale del rapporto tra l’avvento al potere del primo fascismo e la svolta totalitaria. E ancora, ça va sans dire, l’opera completa del suddetto Renzo De Felice (dopo anni fuori catalogo, acquistabile solo nei mercatini, è stato dato alle ristampe prima da “Il Giornale” e poi nel 2020 di nuovo dalla casa editrice Einaudi). E poi, se si vuole approfondire, andate su Angelo Tasca, Gaetano Salvemini, fino a Zeev Sternhell, Roger Griffin…
Insomma, lo spettro per capire è molto ampio. Altra cosa, invece, è se si vuole leggere di pancia e ingurgitare qualche dolcino che è buono sul momento, ma dà poca sostanza (e alla peggio, solo qualche caloria).