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60 anni fa nasceva David Foster Wallace,
lo scrittore che ci ha guidato
nella complessità fra i due millenni

  • di Federico Vergari Federico Vergari

19 febbraio 2022

60 anni fa nasceva David Foster Wallace, lo scrittore che ci ha guidato nella complessità fra i due millenni
Lunedì 21 febbraio, David Foster Wallace avrebbe compiuto 60 anni. E invece no. E invece quattordici anni fa, il 12 settembre del 2008, a 46 anni, a casa sua a Claremont, in California, c’era soltanto lui. Scrisse una lettera di addio di due pagine poi si mise a correggere il manoscritto a cui stava lavorando in quei giorni, l’incompiuto "Il re è pallido", e alla fine come se fosse l’ultima voce della sua to do list si impiccò

di Federico Vergari Federico Vergari

La mia storia con David Foster Wallace inizia durante una fiera del libro a Roma. Lui è già morto da diverso tempo e io sto studiando per l’esame da giornalista. In quel periodo mi stavo appassionando al gonzo journalism e ai reportage narrativi e il nome dello scrittore era nell’elenco delle letture del futuro. Incrociai tra i corridoi di Più libri più liberi Alessandro Grazioli, allora ufficio stampa di Minimum Fax, l’editore che più di tutti ha creduto in David Foster Wallace e lo ha esaltato portandolo in Italia con delle bellissime edizioni. Gli dissi che sì, ero finalmente pronto a iniziare a leggere Wallace, ma sapendo che mi sarei andato a cacciare in un (bel) guaio letterario chiesi un consiglio sul come iniziare. Mi rispose che ci avrebbe pensato lui e a fine giornata trovai una copia di “Una cosa divertente che non farò mai più” sul mio pc in sala stampa. Sopra c’era un post-it con scritto “Inizia da qui, Ale”. E io così feci. Inizia da lì ed entrai nel più bel tunnel dell’amore letterario della mia vita. 

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Ricordo che durante una festa in casa radical chic del Pigneto, con invitati troppo radical chic, una ragazza che si vestiva come Audrey Tautou ne "Il favoloso mondo di Amelie" (per la cronaca Roma è stata per anni la capitale delle ragazze che si vestivano così) cercò di spiegarmi che lei teneva i libri di Wallace nello scaffale più basso della sua libreria della sua casa (anch’essa al Pigneto, ovviamente) perché così quando doveva prenderne una copia era costretta a inginocchiarsi, mostrando tutta la devozione del caso. Ricordo che me la immaginai impegnata in quella buffa liturgia e pensai a cosa ne avrebbe scritto il diretto interessato, l’oggetto di quel culto. Fu la prima volta che mi cimentai in un simile esercizio, ma decisamente non fu l’ultima. Ancora oggi ogni volta che mi trovo davanti a un evento più o meno epocale, ma anche semplicemente strano o curioso io nella mia testa penso a come lo racconterebbe lui, Foster Wallace. Penso a quale sarebbe il suo punto di vista e cerco di capire se ne rimarrebbe estasiato oppure annoiato.

Per esempio, lui così appassionato di tennis chissà come avrebbe raccontato l’epica finale di Wimbledon del 2019 tra Federer e Djokovic. Chissà come avrebbe raccontato l’ascesa di Donald, la sconfitta di Hillary, l’assalto di Capitol Hill, la pandemia, le mascherine che diventano una nuova faccia, il restare dentro casa per quasi due anni e la corsa allo spazio dei privati. Lui sarebbe stato quel tipo di intellettuale capace di farsi invitare da Bezos o da Musk a fare una passeggiata di un quarto d’ora nello spazio. Poi sarebbe atterrato e avrebbe scritto il più epocale dei reportage a gravità zero. 

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Immaginarsi come racconterebbe l’oggi un’icona della letteratura contemporanea è un esercizio di stile che tutti almeno una volta abbiamo fatto mettendo al centro delle nostre attenzioni inostri riferimenti culturali primari. Ma con Foster Wallace è facile. Wallace nella sua complessità (perché diciamolo Wallace è tutto fuorché uno scrittore facile) è l’autore che ci ha aiutato a comprendere tutte le complessità di quel mondo iperconnesso che iniziava a correre e si è fermato un attimo prima che quella realtà connessa diventasse una turbo realtà. Wallace è l’amico che ti prende per mano e ti spiega le cose difficili davanti a un caffè. E se non hai capito te le spiega ancora. Mastica la realtà, la assaggia, la morde e poi te la risputa addosso dandole un senso e tu l’assaggi e la comprendi alla fine, quella realtà. Foster Wallace nella sua complessità non è un ristorante stellato del sapere, ma un paninaro notturno in qualche angolo di una metropoli che ne ha viste di ogni e che sa spiegarti la vita meglio di molti altri. 

E oggi con una guerra alle porte, una pandemia al termine e un mondo al collasso la sua voce e le sue parole sarebbero dannatamente utili. Ma non è tutto perduto, possiamo cercare tra le sue pagine del passato alcuni spiragli nel futuro. Certamente troveremo qualche fessura attraverso cui far passare un po’ di luce. 
Il 21 febbraio Foster Wallace avrebbe compito 60 anni. 
E ancora oggi Foster Wallace è più vivo che mai. 

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