Tangentopoli è stata tante cose. Come abbiamo raccontato, oltre alle indagini sulla corruzione che sconvolsero l’Italia, è stata anche cronaca rosa, oppure ha fatto emergere personalità (o in certi casi personaggi) e ne ha distrutte altre. Ma soprattutto ha cambiato per sempre anche il linguaggio comune con termini che prima venivano usati solo dagli specialisti della giurisprudenza o reso indelebili nella memoria nomi e luoghi che ancora richiamano a quel periodo. Così, per comprendere la portata dell’inchiesta di Mani Pulite nella nostra cultura, abbiamo redatto un vocabolario minimo ormai entrato dal 1992 a oggi nel linguaggio comune.
Avviso di garanzia - La definizione tecnica dell’atto in cui si informa l’indagato dell’abbebito provvisorio contestato entrò prepotentemente nell’immaginario collettivo, palesando però un singolare rovesciamento semantico: quando telegiornali e giornali raccontavano degli avvisi di garanzia recapitati a personaggi pubblici eccellenti, diventava per l’opinione pubblica - che sosteneva senza remore la magistratura - il segno della condanna.
Brosio - Il Palazzo di Giustizia di Milano sullo sfondo, i tram a sfrecciare in secondo piano durante i suoi collegamenti per Studio Aperto: Paolo Brosio deve la sua notorietà giornalistica a Tangentopoli e al particolare modo in cui il tg di Italia 1 decise di raccontare quotidianamente la vicenda.
Compagno G - Soprannome affibbiato a Primo Greganti, tesoriere del Pci e del Pds, nella cui disponibilità vennero trovati diversi conti in Svizzera. Divenne il bersaglio di chi accusava il Pci di essere coinvolto come tutti gli altri partiti. Pur condannato, si è sempre dichiarato innocente.
Di Pietro - L’inchiesta “Mani pulite” era coordinata della Procura di Milano, nelle persone di Francesco Saverio Borrelli e dall’aggiunto Gerardo D'Ambrosio e inizialmente fu assegnata ai pubblici ministeri Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo. Era il “pool” ma, fra tutti, spiccò immediatamente la figura di Di Pietro per l’approccio aggressivo ma ammiccante, schietto ma informale.
Enimont - Il principale filone giudiziario dell’inchiesta prende il nome di “processo Enimont”. Le ultime condanne definitive per il processo sulla maxi-tangente arrivarono nel 2000.
Ferruzzi - Gruppo industriale di grande rilievo nel capitalismo italiano per oltre quarant’anni, fu ai tempi al centro dello scandalo anche perché uno dei suoi dirigenti, Sergio Cusani, fu uno dei principali imputati. Ci si riferiva spesso indistintamente al “processo Enimont”anche con la definizione di “processo Cusani”.
Giustizialismo - L’avviso di garanzia, è già stato scritto, significava condanna. Giornali e giornalisti erano in maggioranza dalla parte degli inquirenti, la politica si era già screditata da sola in oltre quattro decenni di Repubblica, le carcerazioni preventive acuivano la voglia di azzerare il sistema. Il giustizialismo si sostituì alla sete di giustizia e rileggere oggi alcuni titoli di allora rappresenta un esercizio utile per comprendere il contesto.
Hotel Raphael - Rabbia, tensione, cori da stadio, i decibel che si alzano al momento dell’epifania di Craxi nel tragitto di tre metri albergo-auto blu, monetine lanciate al grido “Bettino vuoi pure queste?”: 30 aprile 1992, la contestazione al leader socialista all’uscita dall’hotel Raphael di Roma è il simbolo di un’epoca. C’è chi lo ha definito linciaggio, di sicuro fu un atto coerente con il contesto e il clima.
Interrogatori - Nelle aule del Palazzo di Giustizia di Milano sfilava, sotto interrogatorio, il Gotha della politica italiana di allora. Uomini di potere infilzati dalla spada delle domande di Di Pietro, esposti al pubblico ludibrio degli interrogatori, ognuno con la propria reazione: restano nella memoria la tracotanza di Craxi, la tensione imbarazzata e imbarazzante di Forlani, l’insostenibile sorriso di La Malfa nel confermare un addebito accusatorio.
Ladri - Quattro anni prima, nel 1988, Antonello Venditti era uscito con l’album In questo mondo di ladri: la title track omonima era tutt’altro che una canzone politica, ma resta un inno di quei tempi («In questo mondo di debiti/Viviamo solo di scandali», «Voi vi divertite con noi/E vi rubate tra voi»). La fiducia nei politici, del resto, era a livelli infimi, e qui torna un distico di Rino Gaetano, nelle Beatitudini, anno 1980: «Beati i bulli di quartiere perché non sanno quello che fanno/Ed i parlamentari ladri che sicuramente lo sanno».
Morti - La storia di Tangentopoli è segnata anche di numerose morti e da decine di suicidi: Sergio Moroni, Gabriele Cagliari, Raul Gardini, Sergio Castellari i nomi più noti, ma l’elenco è lunghissimo. Moroni, deputato socialista, scrisse una lettera all’allora presidente della Camera Giorgio Napolitano: «Oggi [...] vengo accomunato nella definizione di “ladro” oggi così diffusa. Non lo accetto, nella serena coscienza di non aver mai personalmente approfittato di una lira. Ma quando la parola è flebile, non resta che il gesto». Fu, sotto diversi aspetti, un periodo drammatico per la nazione.
Neologismi - Il termine “Tangentopoli” venne inventato da un giornalista di Repubblica, Piero Colaprico: si impose. Così come si impose il termine “pool” per indicare il gruppo della Procura milanese che indagava sullo scandalo “Mani pulite”, due parole queste che hanno preso a indicare non solo l’inchiesta, ma anche l’intera stagione.
Occhetto - Tangentopoli sembrò aprire la strada del governo al Pds guidato da Achille Occhetto, favorito per la vittoria alle elezioni del 1994. La «gioiosa macchina da guerra» però trovò sulla sua strada Silvio Berlusconi che sparigliò le carte.
Pouf - Fra i tanti episodi, reali o apocrifi, raccontati macchiettisticamente dai media in quel periodo, fece scalpore quello legato al filone che riguardava le tangenti nella sanità ed ebbe quale protagonista Duilio Poggiolini, direttore generale del servizio farmaceutico nazionale: le forze dell’ordine, in una perquisizione nella sua casa di Napoli, trovarono denaro e lingotti d’oro nascosti in un pouf, nascosti, si disse, dalla moglie.
Quarto potere - Il ruolo dei media nel periodo di Tangentopoli fu cruciale per creare un sentimento popolare totalmente avverso alla politica. Si contavano gli avvisi di garanzia ai singoli indagati, si realizzavano dirette, si montava il clima con cronache minuto per minuto su indagati, arrestati, imputati. Fu probabilmente l’ultima fase in cui la stampa venne percepita ancora come quarto potere, e del resto il contesto era ampio: da un paio di anni ai telegiornali Rai si erano aggiunti quelli seguitissimi delle reti private (Fininvest su tutte), i grandi giornali vendevano e altri aprivano (come L’Indipendente nel 1991, La Voce nel 1994).
Repubblica - Tangentopoli segna anche la cesura tra la Prima Repubblica e la Seconda Repubblica, identificata nelle elezioni del 27 e 28 marzo 1994.
San Vittore - Il carcere di Milano era il luogo deputato per la custodia cautelare di gran parte degli arrestati del filone milanese. «Noi non incarceriamo la gente per farla parlare, la scarceriamo dopo che ha parlato», disse un giorno Borrelli. Proprio ciò che accadde nel periodo di Tangentopoli avrebbe portato poi, nel 1995, a una riforma che modificò la custodia cautelare.
Tesorieri - Segretari amministrativi, cassieri, tesorieri: onorevoli o anche solo funzionari, i responsabili delle finanze dei partiti passarono dal rango percepito di peones a quello di Moloch della bustarella. Il democristiano Citaristi, il comunista Greganti, i socialisti Larini e Balzamo: nomi che, quotidianamente, erano al centro delle cronache giudiziarie.
Undicesima legislatura - Il 5 aprile 1992, due mesi e mezzo dopo l’arresto di Mario Chiesa e l’inizio dello scandalo, si votò per le Politiche: furono le ultime elezioni alle quali presero parte tutti i principali partiti storici della storia repubblicana, le ultime ad esempio con i simboli di Dc e Psi. Ne emerse l’XI legislatura, nata morta mentre lo scandalo si allargava: durò 722 giorni, meno di due anni insomma, e fu la più breve della Repubblica. Vi si alternarono due governi, Amato I e Ciampi.
Verbali - Rileggere oggi i verbali delle deposizioni del tempo non aiuta al discrimine tra chi fu colpevole e venne condannato e chi fu solamente tirato in mezzo. Evidenzia, però, le dimensioni di un fenomeno corruttivo che da anni inquinava le relazioni tra politica ed economia. A sfregio della realtà, in diretta tv all’inizio della vicenda, Craxi così parlò di Chiesa, rispondendo alla giornalista Daniela Vergara che gli chiedeva se il suo arresto avrebbe avuto conseguenze sulle elezioni: «Mi preoccupo di creare le condizioni perché il Paese abbia un governo che affronti gli anni difficili che abbiamo davanti e mi trovo un mariuolo che getta un’ombra su tutta l’immagine del partito». La deposizione pubblica resa poi ai pm seppellì quella risposta che ancora si trova negli archivi Rai.
Zeitgeist - Tangentopoli non può essere scissa dal contesto in cui lo scandalo è venuto alla luce, in un’Italia caratterizzata dall’illegalità diffusa, sistematica ed esasperante, guidata da una classe politica - e non a torto - ritenuta intoccabile. A distanza di trent’anni, sostenere che il Paese sia migliorato in tema di corruzione realizzata e percepita è ridicolo. Semplicemente, e senza alcuna accezione positiva del termine, il sistema si è evoluto.