Il 17 febbraio 1992 fu arrestato Mario Chiesa nell’ambito di un’inchiesta che avrebbe da lì a poco travolto il mondo della politica e dell’imprenditoria italiani. Le manette per tangenti cominciarono a scattare un giorno sì e l’altro pure, mentre Bettino Craxi alla fine si vide costretto all’esilio ad Hammamet dove visse, sostanzialmente in esilio, gli ultimi anni della propria esistenza. Non solo finanza e potere, però. Anzi, proprio in questi campi molto spesso si snoda la voce di corridoio, quel “si dice che”, non è vero ma ci credo, che fa parlare. Abbiamo intervistato Roberto Alessi, oggi direttore di Novella 2000, e ai tempi già giornalista che ha potuto seguire tutta la vicenda Tangentopoli da vicino, per farci raccontare l’inedito lato “rosa” di Mani Pulite. Alessi ci confessa come fosse la casa di Craxi (“tutta questa ricchezza, onestamente non ce l’ho mai vista, anzi!”) e non ha dubbi: il leader del PSI “non ha mai rubato un centesimo”. E come fu quel pranzo ad Hammamet? Aneddoti imperdibili arrivano anche sul conto di altri personaggi di spicco legati alla storica vicenda: e se vi dicessimo che l’inchiesta avrebbe preso il via partendo da… una causa di divorzio? C’è chi dice che…
Sono 30 anni da Mani Pulite. Personalmente che ricordi ha di quel periodo?
Mi ricordo molto bene come la deficienza di questo terremoto che ha sconvolto tutta Italia sia partita proprio da Milano, la mia città. Poco prima che accadesse, avevo partecipato, come giornalista, al congresso del PSI all’Ansaldo dove c’era la famosa piramide di Panseca e fu presentato anche il restyling del partito a cominciare da questo enorme garofano rosso. In quella occasione, c’era tutta Milano genuflessa al passaggio di Craxi, non “solo” politici ma anche grandi della moda, di cui ora preferisco dimenticare i nomi. Ecco, ricordo che quando esplose Mani Pulite tutti questi personaggi si trasformarono immediatamente in quelle figure che i francesi durante la rivoluzione chiamavano “Le tricoteuses”: le vecchine che andavano in Place de la Concorde per assistere alla decapitazione dei potenti e durante l’esecuzione lavoravano a maglia. Il cambiamento era stato tanto rapido quanto impressionante: praticamente da un giorno con l’altro, si era passati dalla somma riverenza generale nei confronti di Craxi, a mettere in sottofondo il “Cha cha della segretaria” quando in tv parlava, appunto, la sua segretaria. Un modo come un altro per irridere una personalità che fino a poco prima era venerata da tutti.
Ha conosciuto Craxi personalmente?
Non sono mai stato del Partito Socialista né di nessun altro partito, ma sì, mi è capitato di incontrare e conoscere Craxi. Da giornalista, ho sempre scritto di personaggi e lui all’epoca politicamente era Il Personaggio. Sono diventato molto amico della moglie, Anna, che misi nel mio libro “Innamorarsi” dove avevo racchiuso venti interviste a donne famose che avevano sposato i numeri uno italiani. C’era la moglie di Pavarotti, Giulietta Masina che parlava di Fellini, quella di Riccardo Muti e appunto non poteva mancare Anna Craxi. Così sono andato a casa loro…
Com’era la casa di Craxi?
Ecco, si è tanto parlato di tutti questi soldi e tangenti favoleggiando un’immensa ricchezza che onestamente posso dire di non aver mai visto di persona: Craxi viveva in una casa normalissima, per altro in affitto e con la donna a ore. Si trovava a Milano, in via Foppa. L’arredamento non era per niente lussuoso: ricordo il terrazzo che aveva un’ondulina di plastica anche un po’ burina, volendo. Quando andavo a trovarla, Anna Craxi mi faceva il caffè con la moka. Mi chiedeva: “Vuoi il caffè?”, parlandomi dalla cucina. Non è che ci fosse il maggiordomo in polpe o il cameriere coi bottoni dorati. Era, appunto, una casa normale. Poi andai a trovarlo anche ad Hammamet.
E lì che ambiente ha trovato?
Ero andato ad Hammamet e, con l’occasione, passai a trovare lui e la moglie Anna. Abbiamo mangiato insieme. Mi ricordo lei molto gentile e carina. Durante il pranzo, Craxi si stufò di mangiare e disse: “Andiamo”. Tutta la famiglia si alzò all’istante e lasciò la tavola praticamente ancora con il cibo in bocca perché “il capo” aveva deciso così.
C’era anche l’amante di Craxi, Patrizia Caselli?
No. E all’epoca non sapevo che Craxi avesse una relazione con lei. La conoscevo come la fidanzata di Walter Chiari. Più in generale, non ho mai visto Craxi con le sue amanti. Ricordo però che aveva una casa, un bellissimo loft in via Plinio a Milano e si diceva che da lì ogni tanto telefonasse a delle cantanti. Non ne so di più anche perché con lui ho sempre parlato lo stretto necessario. A dirla tutta, con me era simpatico ma non simpaticissimo, ecco.
Ricorderà sicuramente anche il lancio di monetine a Craxi di fronte all'hotel Raphael? C'è chi lo considera un normale sfogo di gente esasperata dal malaffare del governo e chi invece lo ritiene un linciaggio politico. Lei a distanza di trent'anni come lo valuta?
Prima di tutto tengo a sottolineare che Craxi è stato uno dei più grandi politici italiani. Quando governava lui, l’Italia viveva in un benessere assoluto che ora possiamo solo rimpiangere, considerato chi sta al potere. Non subisco e non ho mai subito il carisma delle persone eminenti, di loro, al massimo, mi interessano le debolezze che le rendono più “umane”. Detto ciò, sono certo che Craxi non abbia mai rubato nulla. Quelli che lanciarono le monetine innanzitutto sono persone oggi pentite di averlo fatto. In più, sono gli stessi che fino a un quarto d’ora prima gli leccavano il culo. Rimasi molto impressionato quando vidi questa gente lanciare monetine proprio perché era sempre stata totalmente genuflessa a Craxi e d’improvviso con quel gesto di protesta riscopriva una dignità che, conoscendoli personalmente, non avevo mai sospettato potessero avere, considerato quanto fossero abituati a stare proni, anzi pronissimi. Tra i pochi a non parlare mai male di Craxi e a portargli invece sempre rispetto ci fu Silvio Berlusconi che, nel momento in cui scese in politica, avrebbe potuto benissimo salire sulla barca dell’indignazione. Ma scelse di non farlo.
È vero che l’inchiesta Mani Pulite partì… da una causa di divorzio?
Si dice che sia andata così e possiamo prenderla come una voce a suo modo affascinante. Io conoscevo bene Mario Chiesa, è stato il fautore del rinnovamento del Pio Albergo Trivulzio, un ospedale milanese in cui, era cosa nota, venivano mandati gli anziani quando oramai non c’era più niente da fare. Grazie a Chiesa quella struttura era invece rinata, non potrei mai mettere in dubbio che il suo lavoro lo sapesse fare egregiamente. Chiesa, fu il primo in assoluto degli arrestati, per tangenti credo legate proprio al Pio Albergo Trivulzio. Comunque, dal momento del suo arresto, prese le mosse l’inchiesta di Mani Pulite. La cosa curiosa è come si narra che il suo nome fosse venuto fuori all’interno delle indagini di Tangentopoli: prima di quello che sarebbe diventato lo storico febbraio del ‘92, il noto dirigente stava divorziando. La moglie si rivolse all’avvocato Anna Maria Bernardini De Pace che, facendo il proprio lavoro, le chiese: “Quanto guadagna suo marito?”.
E quindi?
Quindi, la signora voleva solo gli alimenti che le sarebbero spettati, non un centesimo di più e quelli, documenti alla mano, furono richiesti. Quando però lui, tramite il proprio legale, demandò una diminuzione di questa cifra, l’avvocato e la sua cliente ripresero in mano le carte che già avevano fin dall’inizio per opporsi alla richiesta. Ricontrollandole più attentamente allo scopo di respingere la mozione dell’ex coniuge, come racconta la stessa Bernardini De Pace in una recente intervista a Repubblica, notarono degli estratti conto con nomi strani: per esempio DC e PSI. Da lì, l’avvocatessa consegnò questi documenti in merito alla causa di divorzio, ma la Procura vedendoli cominciò a insospettirsi per la curiosa corrispondenza con le sigle dei partiti più importanti del tempo. In pratica, a sentire questo retroscena privato, si potrebbe pensare che forse l’inchiesta di Tangentopoli non sarebbe partita se Chiesa avesse pagato gli alimenti senza fiatare!