Mazzette, politica, scandalo, galera, (suicidi o presunti tali). Mani Pulite è stata tante cose, non solo un grande scandalo giudiziario, forse il più grande dell’Italia post Guerra, e ha raccolto tanti protagonisti. Fra questi anche giornalisti, come Paolo Brosio, che a MOW ha spiegato la sua sugli anni passati davanti il tribunale di corso di Porta Vittoria a Milano - ma anche, come precisa lui stesso, davanti a quelli di La Spezia e Brescia dove sono andati in scena anche il resto dei processi. E il parallelo delle indagini sul Covid sembra essere il suo preferito.
Paolo Brosio, che analogie vede fra il giornalismo di Mani Pulite e quello di oggi?
Auspico un ritorno di Tangentopoli in una nuova versione. Viropoli. È stata fatta un sacco di confusione, ci sono un sacco di buchi e misteri nella narrazione della pandemia e della sua gestione. Troppe domande senza risposta, troppi giornalisti che seguono un’unica pista e riportano sempre la stessa narrazione. Perché oggi molti virologi stanno cambiando la propria opinione? Perché anche uno come Crisanti si è tirato fuori dal filone unico, da quello più seguito. Con Mani Pulite l’inchiesta ha funzionato per questo, perché si andava a cercare l’informazione dove c’erano i buchi, si seguivano le piste concrete, non si elaboravano i comunicati o si aspettavano i lanci d’agenzia. Perché sono stati tenuti in casa 50mila medici di medicina generale, sono stati chiusi in casa e non sono stati spinti dal Ministero ad andare a curare i malati a casa, facendoli portare in ospedale? Perché non si fanno le autopsie sui corpi? Questa non è più un’inchiesta della medicina, ma del magistrato. Mi appello alle magistrature, i giudici sono tutti burocrati e non si arriva a niente, ma i magistrati sanno benissimo quello che è successo e hanno potere di andare in fondo. Viropoli, viropoli, viropoli. Spero che nasca questa Viropoli e che, a differenza di Mani Pulite, che non ha fatto la rivoluzione come invece ci si aspettava, permetta di portare fuori nuove voci, nuove narrazioni. La magistratura deve indagare, deve approfondire, accertarsi di quello che è successo.
Quindi un’indagine che è anche una questione politica?
Per la mia esperienza, Tangentopoli è successo che i partiti politici erano cristallizzati su un finanziamento illegale per fare politica. Oggi si può ribaltare il concetto: si prendono i soldi per entrare in politica, è diverso. Cioè si viene finanziati per fare il politico. Per questo dico che non ci sono più i politici bravi di una volta.
Tipo?
La vecchia democrazia cristiana, tutta la politica dagli anni 40 e 50 in poi, quelli che hanno fatto grande l’Italia. Oggi si sono perse le cose migliori, la politica non fa più un progetto, è tutta in mano ai suoi colonnelli. In Mani Pulite invece tutto è andato avanti anche grazie all’avanzata della Lega, che aveva fatto la differenza per far emerge fuori certe cose. C’erano i partiti tradizionali e c’era Bossi, che però oggi non c’è. O meglio, non c’è un partito o un politico che fa la differenza.
E di Berlusconi che ne pensa?
Berlusconi è stato un grande imprenditore che poi è entrato in politica per distrarre la magistratura. Oggi Forza Italia è tutta in mano ai suoi colonnelli. Anche il fatto che Berlusconi non si possa candidare perché presidente della Repubblica perché divisivo, dice il PD. Ma perché Draghi non è divisivo? Che ha spaccato in due il paese fra vaccinati e non vaccinati, abbiamo scoperto che in Italia abbiamo questa differenza, abbiamo creato un odio sociale che non ha senso soprattutto alla luce di quel periodo di due tre mesi durante il 2020. Ma anche l’Inghilterra ha chiuso, però poi ha riaperto. Ma allora i medici inglesi e scozzesi sono tutti scemi? L’unico intelligente è Bassetti? Basta vedere che anche uno come Crisanti si è dissociato da queste forme draconiane. Non puoi tenere la gente senza lavoro.
C’era un Mario Draghi anche in Mani Pulite?
Certo che no. Lì c’erano politici, Draghi non è un politico, è un uomo delle banche. Tu hai mai visto un uomo delle banche lavorare per il popolo? Io mi auguro che Mani Pulite abbia squarciato un velo sul fatto che dovesse essere fatta chiarezza sulla classe politica, ma si pensava che quel processo facesse emergere una politica migliore, invece forse abbiamo perso i politici di una volta che sapevano fare politica.
È più facile gestire un’inchiesta su Mani Pulite o il Covid?
In entrambi i casi deve scoccare una scintilla. A Mani Pulite ci ha pensato la Lega, che ha destabilizzato il CAF e i partiti politici tradizionali, l'opposizione, i socialisti, ecc. La sfera politica negli Anni Ottanta sembrava imbattibile, ma con l’ascesa della Lega e il malcontento popolare hanno fatto emergere tutte le oscurità del Paese. A quei tempi sembrava che non potevi dire nulla su Craxi perché venivi subito eliminato nell’informazione dei tempi. Questo si è subito indebolito con la Lega, le denunce ecc, e la valanga poi nacque dal Pio Albergo Trivulzio.
Come descrive quegli anni?
Beh sono periodi che si commentano da soli. La mia giornata iniziava alle 8.30 di mattina, con i primi servizi alle 9, e poi gli ultimi alle 23, 23-23.30, erano dei gran bei momenti. Io lavoravo quasi 10 ore al giorno, mi ricordo le ultime dirette davanti al Tribunale Poi ecco era la Milano da bere, e l'entusiasmo che si respirava ovunque. La formica che cura, la cicala che sperpera i soldi: è andata così. Si è arrivati a quella intelligenza di sensibilità economica del boom dei Sessanta e Settanta e dell'apice degli Ottanta e poi la discesa a picco dei Novanta.
Che rapporto aveva con i colleghi? Enrico Mentana, per esempio...
Con Mentana avevo lavorato sia all'estero che in Italia e con lui mi interfacciavo spesso, però durante Mani Puliti ho lavorato più con Fede, che mi ha insegnato a fare la televisione, è stato un maestro in questo senso. Anche lui era uno che viveva dentro la redazione 20 ore al giorno, aveva un gran senso della notizia. Con Mentana mi ricordo che quando ci fu la morte di Cagliari io fui il primo giornalista italiano a intervistare in televisione la vedova Cagliari, che poi lì non si sapeva se era omicidio o suicidio e c'era molto mistero. Io ero andato a casa sua e bruciai tutti sui tempi, io non lo sapevo nemmeno. Quando è finita mi hanno detto: "Era un'intervista che voleva fare il direttore". Insomma si viveva di momenti così. Mi ricordo molto il filone delle tangenti Fiat, notte e giorno passati davanti al carcere di San Vittore, e poi le bombe di via Palestro, terribili. Io avevo casa lì vicino e mi ricordo di aver sentito il botto, tremava tutto, sono stato uno dei primi ad arrivare sul posto. Quello era il mio lavoro, avevo fatto più di 13 anni sulla cronaca di cui dieci in televisione nei telegiornali di Mediaset e fui tra i primi a lavorare in quel telegiornale. Eravamo io, Cesara Buonamici, Cecchi Paone e Cristina Parodi tutti insieme, tutti in una saletta vicino allo studio di Emilio Fede.
Bei tempi insomma...
Si davvero, tempi incredibili. Poi io ero così, stavo tutto il giorno in giro a cercare le notizie. Ecco mi auguro che oggi i giornalisti tornino a fare queste operazioni e non si limitino a leggere il cellulare, che vadano sul posto e scoprano le notizie vere. Il giornalista investigativo è quello più importante. Se i giornalisti fanno così i giornalisti tolgono il velo anche a Viropoli.