Il nuovo album Fuori menù di Golden Years è un lavoro che, prima di tutto, racconta la figura del produttore come protagonista centrale e creativo all’interno del panorama musicale italiano contemporaneo. Pietro, questo il nome dietro al progetto, romano classe ’93, si conferma una delle "voci" più interessanti e moderne della produzione italiana, capace di portare una sensibilità internazionale mantenendo un radicamento nel contesto urbano e pop del nostro paese. In un momento storico in cui la figura del producer assume finalmente la centralità che merita, Fuori menù rappresenta non solo un album, ma una vera e propria dichiarazione d’intenti sul ruolo che questa figura può e deve avere. Il disco si muove con naturalezza tra generi apparentemente distanti, unendo l’elettronica, l’urban, il pop d’autore e sfumature più intime e rarefatte in un viaggio sonoro che non perde mai coerenza. La chiave di questo equilibrio sta nella capacità di Golden Years di agire come un regista invisibile, un tessitore di suoni che sa quando lasciare spazio, quando aggiungere strati e quando togliere, costruendo ambienti sonori precisi e suggestivi. Questi spazi non sono mai freddi o distaccati, ma pieni di vita, e soprattutto di emozione.

La forza di Fuori menù risiede soprattutto nella scelta delle collaborazioni, spesso inattese e coraggiose, ma sempre ben calibrate. Non è un semplice album di featuring, ma un racconto corale in cui ogni voce, da Calcutta a Frah Quintale, da Franco126 a Ariete, trova il proprio spazio all’interno di un mondo sonoro coerente e riconoscibile. L’accostamento tra artisti con background così diversi diventa una delle parti più affascinanti del disco, un modo per mostrare quanto la musica possa essere inclusiva e capace di dialogare tra mondi anche distanti. In particolare, il modo in cui Golden Years riesce a integrare voci diverse in un unico racconto musicale è quasi cinematografico: ogni brano è una scena, ogni collaborazione un personaggio che contribuisce a costruire la narrazione complessiva. La produzione non è mai invasiva, ma accompagna con delicatezza e precisione, lasciando spazio alle personalità degli artisti e valorizzandone i tratti unici. Questo equilibrio si riflette anche nella varietà delle sonorità, che spaziano da beat più elettronici e stratificati a atmosfere più essenziali e intime. Uno degli aspetti più evidenti e apprezzabili di Fuori menù è la cura estrema con cui ogni dettaglio è stato pensato e realizzato. Non solo dal punto di vista musicale, ma anche estetico: la grafica della cover e dei singoli, così come il concept visivo che accompagna il progetto, sono coerenti con la sensibilità sonora e contribuiscono a creare un’esperienza completa e immersiva. Questo dimostra quanto Golden Years sia un artista a tutto tondo, capace di lavorare sulla musica come su un’opera d’arte che coinvolge tutti i sensi.
Dal punto di vista tecnico, la produzione si distingue per un equilibrio raro: non c’è mai sovraccarico, ogni suono è al posto giusto, e ogni elemento contribuisce a creare una profondità che va oltre la semplice melodia o ritmo. Le scelte di arrangiamento privilegiano spesso la sottrazione, il vuoto come spazio da riempire con emozione, più che la stratificazione eccessiva. Questo fa sì che il disco risulti anche molto godibile in termini di ascolto, capace di attrarre tanto gli appassionati di musica elettronica quanto chi predilige un pop più tradizionale. A livello di atmosfera, Fuori menù alterna momenti di leggerezza e ritmo a passaggi più riflessivi e sospesi, senza mai perdere una linea di coerenza emotiva. L’influenza della disco music e di sonorità dance emerge con eleganza in certi passaggi, ma sempre filtrata da un filtro malinconico e delicato, che evita le cadute nel superficiale. Il risultato è un album che invita a ballare, ma anche a fermarsi e ascoltare con attenzione. È importante sottolineare anche il valore di Fuori menù nel contesto più ampio della musica italiana, dove spesso la figura del produttore viene relegata a un ruolo di secondo piano. Golden Years dimostra come il producer possa essere invece un vero e proprio autore, un creatore di mondi sonori che dà forma a idee, sensazioni e storie. La sua crescita artistica e la sua popolarità testimoniano la necessità di una maggiore attenzione verso questo ruolo, che in molti altri paesi è già riconosciuto e celebrato. Con questo disco, Pietro fa capire che c’è bisogno di più album come questo: opere in cui il produttore possa raccontare qualcosa di personale e originale, pur dialogando con una comunità musicale più ampia e variegata. Fuori menù è un esempio lampante di come si possa lavorare con cura, intelligenza e coraggio, senza scendere a compromessi di facile consumo, ma mantenendo comunque un forte legame con il pubblico. In conclusione, Fuori menù è un album che si ascolta come un viaggio: fatto di suoni che si intrecciano, voci che si incrociano, atmosfere che cambiano ma restano sempre fedeli a una visione unica e riconoscibile. Golden Years conferma di essere un produttore dal tocco raffinato e dallo sguardo rivolto al futuro, capace di unire tradizione e innovazione in un equilibrio che pochi riescono a trovare. In un panorama musicale italiano in continua evoluzione, la sua voce è una delle più interessanti e promettenti, e questo disco è la prova concreta di quanto la figura del producer possa diventare centrale e protagonista, portando freschezza e qualità.
