Rose Villain era la titolare di una delle due canzoni che ho più amato l’anno scorso, se eravate tra quanti hanno letto le mie pagelle e anche i miei resoconti lo sapete. L’altra era quella dei Negramaro, “Ricominciamo tutto”, ma la sua “Click Boom!” mi era parsa sin dai preascolti una vera bomba, capace di mettere in risalto tutte le sue tante doti. Dopo Sanremo, nel quale si è appunto incredibilmente piazzata assai male, la carriera di Rose ha preso una piega davvero importante, diventando, di fatto, una delle nostre imprescindibili popstar. Un percorso fatto coi tempi giusti, non esattamente quelli imposti dalla contemporaneità, ma che da quel momento è diventato un crescendo wagneriano, con “Come un tuono”, a stazionare a lungo ai vertici della classifica, al momento sostituito dal brano sempre in compagnia di Guè, suo partner in crime, che porta per titolo “Oh mamma mia”, il ruolo di giudice di Nuova Scena, in buona compagnia di Geolier e Fabri Fibra, lì a specificare, ce ne fosse bisogno, che la nostra è anche una testa pensante. Un ritorno così immediato sul palco dell’Ariston non era prevedibile, forse, ma è chiaro che Rose Villain voglia dimostrare una volta per tutte di non essere qui di passaggio, e per altro “Fuorilegge”, il brano in gara, giocando sempre sullo stesso terreno di gioco di “Click Boom!” sposta più in avanti i paletti del suo repertorio (inteso come “di quel che sa fare”), sempre in ottima compagnia di suo marito SixPM, anche stavolta titolare del migliore arrangiamento in gara, o quantomeno uno dei migliori. La prima parola da evidenziare, quindi, per me, è rivalsa. O forse sarebbe il caso di usarne tre di parole: conti da risolvere. La seconda temo potrebbe essere rassegnazione. O presa di coscienza. Ci arrivo. Una cosa che in questi mesi mi ha colpito, avevo deciso di dire che ci ho pensato mentre stavo attraversando Milano diretto a Linfa, la location vegana che Rose ha scelto per incontrare la stampa, su questa cosa del veganesimo la cantautrice milanese è piuttosto radicale, anche l’anno scorso l’incontro era avvenuto in un luogo del genere, però all’ultimo Rose ha defezionato, per un malanno, quindi penso queste cose mentre me ne sto in ciabatte e tuta da ginnastica in casa, pronto a intervistarla su Zoom, ciabatte e tuta da ginnastica complice la possibilità di non farsi vedere, ovviamente, una cosa che in questi mesi mi ha colpito è come Rose Villain ci abbia tenuto più e più volte a sottolineare come si senta sessualizzata, quotidianamente. E come preferisca sentirsi dire che è brava più che è bella, e confermo, è brava e bella. C’è anche stato un certo momento nel quale hanno cominciato a girare dei finti leaks erotici, su di lei, video porno fatti con l’intelligenza artificiale, video che a loro volta le hanno dato modo di prendere le distanze da quel modo di sessualizzare il corpo femminile tipico dello show business, lei giustamente colpita nel profondo da un uso deplorevole del suo corpo, seppur in contumacia. In realtà non so se lo abbia specificato più e più volte. Credo anzi che lo abbia fatto magari in una singola occasione, ma quelle parole siano state prese e estrapolate, al solo scopo di farne slogan da associare a sue foto sexy, tipo quelle delle vacanze in costume. La cosa mi ha comunque colpito perché pur essendo Rose Villain oggettivamente bella, più che carina, difficilmente mi verrebbe da indicarla così, specie in un qualsiasi contesto che preveda l’ascolto della sua musica, figuriamoci la musica dal vivo. Perché Rose Villain è indubbiamente bella, ripeto, ma è decisamente un vero talento, una capace di cantare e di rappare, entrambe con ottime competenze, oltre che di dar vita a uno stile proprio, in quella sottile linea di confine che si trova tra l’urban e la musica italiana (sentite le melodie che tira fuori, per capire cosa sto dicendo). Detto quindi che fatico a capire come ci si senta a essere sessualizzati, sono un uomo, innanzitutto, e per quanto so che faticherete a credermi, non sono un sex symbol, almeno non che io sappia, e ho anche idea che, come diceva Socrate, in mia assenza mi possono anche uccidere, figuriamoci cosa potrebbero quindi fare a un mio avatar in contumacia, credo che una delle cose che più tutta questa faccenda ci dice rispetto a Rose Villain è che Rose Villain è senza se e senza ma diventata una popstar, con tutto quello che essere diventati una popstar comporta, nel bene e nel male, di qui magari una certa rassegnazione alle ombre, al lato oscuro. Fatto cui va aggiunto il dettaglio, non da poco, che Rose Villain è diventata una popstar con una fiammata, come usa oggi, ma con basi decisamente solide, l’anagrafe in questo aiuta, una fiamma quindi che è divampata velocemente, ma che è destinata a rimanere nel tempo, come succede a quella delle Olimpiadi, o quella che sta accesa nella raffineria dell'Api, a Falconara Marittima, che per uno di Ancona come me, se la vedevi da lontano arrivando da nord, significava che eri quasi arrivato a casa.
Parto quindi in questa chiacchierata fatta con pochi sedicenti colleghi, tecnicamente si chiama round table, anche se fatta in remoto, su zoom, chiedendo proprio se il ritorno a Sanremo non sia una rivalsa rispetto al risultato ingeneroso e anche ingiusto dell’anno scorso e se le va una volta per tutte di dire la sua, definitiva, su questa faccenda della sessualizzazione, chiudendo la domanda con quella che ai miei occhi doveva essere una sdrammatizzazione ironica, cioè il chiedere se quest’anno non sia il caso di andare in vacanza in Scandinavia, fugando il rischio di postare foto in bikini, ma che è ovviamente stata presa sul serio, perché la faccenda è ancora una ferita aperta. In realtà, “Fuorilegge”, canzone scritta prima di “Click Boom!”, era lì in attesa di essere presentata proprio in un contesto come il Festival, perché è una canzone importante e merita un palco importante, mi ha detto. Di più, tanto Rose sapeva l’anno scorso che “Click Boom!”, sarebbe arrivata, pur consapevole che nel febbraio 2024 lei era ancora un’outsider, tanto quest’anno è certa di come la canzone la rappresenti al cento percento. Un brano che mette sul tavolo tutti gli ingredienti del caso, dall’urban al pop, passando per il gospel. Anche quest’anno una delle canzoni migliori, ci tengo a dirlo con veemenza, perché va dato a Cesare quel che è di Cesare. Lei, del resto, si dimostra consapevole di come nel mentre il suo ruolo sia cambiato, e qui passiamo al secondo punto, quello sulla sessualizzazione. Perché le è più che chiaro che sia stata fraintesa, non nel senso che quel che ha detto non sia stato riportato correttamente, conferma tutto, ma nel senso che sentirsi sessualizzata quotidianamente significa sentirsi appunto considerata bella prima ancora che brava, come se essere belle, confident col proprio fisico, e di qui non tenerlo nascosto, dovesse poi comportare il non avere talento. Mentre i fatti sono esattamente all’opposto, essersi conquistata un ruolo nello show business è in realtà una conquista, e in quanto donna con un potere, si parla di woman empowermente, capitemi, è un’arma attraverso la quale ribadire come il talento è talento, a prescindere da come si decida di porsi nei confronti della propria corporeità. Tradotto, le canzoni vengano giudicate in quanto canzoni, e la si smetta di fare la morale a chi, naturalmente, ha un buon rapporto con se stessa. Altroché rassegnazione, par di capire, Rose Villain su questo continua a incazzarsi come una iena, smettetela di romperle il cazzo. Si è poi parlato della sua linea beauty, Good Villain Beauty, fatta eticamente tenendo conto della salute di chi ci si approccia, e quindi a partire da un rapporto con la natura assolutamente rispettoso, e qui torniamo anche al veganesimo. Atteggiamento, questo di Rose, figlio dell’aver perso la mamma da giovanissima, e di aver quindi cominciato a prestare particolare attenzione a tutto ciò che facciamo, cercando un equilibrio serio e sicuro col mondo a noi circostante. Anche in questo Rose appare diversa, e si legga questa parola con un’alta percentuale di stima incondizionata. Poi Rose ha annunciato che in occasione del suo concerto all’Unipol Arena, il 23 settembre (dopo il ventitreesimo posto al Festival è questo il suo nuovo numero fortunato) ci sarà anche fuori un nuovo album, il terzo di una trilogia. Album che, dopo New York e il Giappone, Radio Gotham e Radio Sakura, punterà alle stelle, vedremo poi che titolo adotterà per presentarcelo. La scelta di Chiello per il duetto, con “Fiori rosa, fiori di pesco” di Lucio Battisti come cover, è nata dalla profonda stima nei confronti di colui che Rose ha definito uno dei cantautori che più si imporrà nel futuro, avendo già fatto i passi giusti per intraprendere questa strada. Una scelta naturale, anche questa, sia per il nome del duettante, sia per il titolo della canzone. Insomma, Rose Villain è in splendida forma, in sintonia col mondo e forse anche per questo capace di rendere questo mondo un po’ meno malconcio un posto un po’ meno spaventoso. La sua Fuorilegge, canzone cui evidentemente tiene parecchio, avrà modo di farsi apprezzare, ci scommetto quel che volete, nel mentre c’è in giro quella Oh mamma mia con Guè e il sample di Che soddisfazione di Pino Daniele a tenere caldo il pubblico, lei che un po’ si sente napoletana avendo sposato SixPM che napoletano lo è di nascita. C’è chi sostiene che la critica musicale dovrebbe essere neutrale, ma chi lo pensa ha un’idea di questo mestiere assolutamente fuori da ogni canone. La stima per gli artisti deve portare proprio a schiersarsi, a metterci la faccia, a prendere posizione. Rose Villain è quest’anno tra gli artisti che seguirò con maggiore attenzione, come del resto era accaduto anche l’anno scorso, si leggano le pagelle mie e della stampa per poi vedere a fine Festival quanti avranno cambiato opinione, sperando nella scarsa memoria dei lettori. Conclusioni. L’anno scorso, subito dopo Sanremo, dopo Sanremo andato in maniera esaltante nonostante il piazzamento nella classifica del Festival della canzone, lo ripeto, oggettivamente la più interessante tra le trenta presentate (il fatto che i miei colleghi ci siano arrivati dopo non è un problema della canzone, ma appunto dei miei sedicenti colleghi, non molto avvezzi alla materia musica), Rose Villain ha fatto in viaggio alle falde del Kilimangiaro con suo marito SixPM. Prima safari, immagino il Serengeti, in Tanzania, poi un po’ di mare. Alcune delle foto che compaiono a cornice degli articoli acchiappaclick cui facevo riferimento, quelli che parlando del suo preferire essere definita brava che carina, o quelli che parlando della sessualizzazione, magari anche dei deep fake che la riguardano, sono sue foto in bikini proprio di quel viaggio. Mentre lei postava sui social foto e reel della natura generosissima di quelle zone, SixPM amava pubblicare foto e reel piuttosto cruenti, di come appunto la natura si mostra da quelle parti. Ne ricordo uno di un leone che teneva tra le mascelle una zebra ancora viva, ma non proprio in ottima forma. L’hashtag, che non ricordo a memoria ma di cui ricordo il senso, era appunto relativo alla natura stessa, crudele. Ecco, credo che questo primo anno di grandi successi sia servito a Rose Villain per capire che anche la natura dello show business è come quel leone che mangia la zebra, peggio, ai nostri occhi, che la sbrana, senza però avere nulla di naturale, perché lì è tutta una questione di catena alimentare, qui di ferocia fine a se stessa. Avendo capito questo, scegliere che ruolo avere, come muoversi, cosa tenere a cuore e propugnare e cosa evitare è stata una ovvia conseguenza, complice una maturità in parte dovuta anche all’anagrafe, ma sicuramente a un aver indubbiamente risolto se stessa, a prescindere ovviamente da Sanremo, parlo proprio di vita. L’augurio è che questo secondo passaggio sanremese, come lei stessa ha ammesso anche atto a prendersi qualche rivincita, scherzandoci su, non le scalfisca di un millimetro la purezza che evidentemente ancora conserva in sé, e ce ne fossero di persone così nello show business. Perché si sa, nel mondo della musica ogni mattina un leone e una gazzella si alzano, l’importante è non essere né leone né gazzella e andare dritti per la propria strada.