Se credessimo a un’idea di filosofia per lo più progressiva, ci saremmo dimenticati di Judith Butler già qualche decennio fa. Sarebbe bastata, infatti, la critica di un’altra filosofa femminista, Martha Nussbaum, che nel 1992 firmò un lungo articolo sulla “professor of parody”. Ciò che notava Nussbaum era lo slittamento che si stava compiendo nel mondo femminista, da una teoria “collegata a proposte di cambiamento sociale” a una “nuova, inquietante tendenza”: “Le pensatrici femministe del nuovo tipo simbolico sembrerebbero credere che il modo per fare politica femminista sia usare le parole in modo sovversivo, in pubblicazioni accademiche di elevata oscurità e sprezzante astrattezza”. In due parole, ciò che la scrittrice Barbara Alberti ha definito “femminismo barocco, anzi rococò”. Ma visto che gli attivisti amano il linguaggio oscuro, poiché l’oscurità è un tratto estetico imprescindibile del giovanilismo, Judith Butler è oggi considerata la vera guru del transfemminismo queer, madre, madrine, genitore 1 e 2 di ciò che sostanzialmente sta portando a una fascistizzazione del femminismo tale da risultare oppressiva, oltre che irragionevole e – come tutti i fascismi – stupida. L’obbiettivo dell’ultimo libro di Butler è espresso sin dal titolo: Chi ha paura del genere? (Laterza, 2024). La risposta sottintesa è: chiunque non la pensi come Judith Butler. E sorge il dubbio che non si escludano persino le persone che non la pensano come Judith Butler su temi evidentemente distanti dal femminismo (per esempio nel caso del conflitto israelo-palestinese, che vede Butler parteggiare per la “forza di resistenza” chiamata Hamas; cioè un gruppo terroristico).
Il gender, secondo Butler, è un vero e proprio “fantasma psico-sociale”, una sorta di riflesso condizionato della massa, alimentato da una destra malvagia che usa questo termine come magnete per attirare tutte le frustrazioni di bifolchi e popolani. Le paure della destra sarebbero, in altre parole, un bluff, una finzione narrativa, utile per la campagna elettorale e capace di produrre conseguenze drammatiche per le vittime, variamente omosessuali, individui transgender e persone queer (le donne, nel vecchio – buon – senso termine, rimangono logicamente fuori dall’analisi). Tuttavia è difficile immaginare che la filosofa Kathleen Stock o l’antropologa Carole Hoove siano state spinte ad andarsene dall’università da un fantasma psico-sociale. Nonostante molti dei ragazzi (scusate, ragazz*) woke che si incatenano davanti alle porte delle aule magne somiglino pericolose a zombie con i capelli tinti di rosa. Butler si chiede anche come descrivere “questa rapida inflazione del concetto di genere”. Avrei un’ipotesi: perché ne parlate in continuazione? Ovviamente Judith Butler ha anche molto da dire sul “tormento per il sesso” delle femministe inglesi gender-critical, le cosiddette terf (femministe trans-escludenti). Una su tutte, J. K. Rowling, la scrittrice (e autrice di Harry Potter, oggi considerato da alcuni un manifesto del suprematismo, poiché i maghi, una presunta razza ariana, avrebbero il compito di salvare una razza inferiore, i babbani; sic) che i tollerantissimi e inclusivi adepti di Judith Butler vorrebbero mandare in carcere o mandare in rovina, boicottando il merchandising ispirato alla saga fantasy su cui detiene i diritti d’autore; nonostante con quei soldi che vorrebbero toglierle lei finanzi orfanotrofi in Ucraina e centri antiviolenza in tutto il Regno Unito.
Butler si chiede perché in Uk le femministe come Rowling siano così ossessionate dal sesso, dalla biologia, in un impeto di “positivismo […] in quanto sostengono che la difesa del concetto di ‘genere’ negherebbe automaticamente la dimensione materiale del sesso”. Anche su questo avremmo un’ipotesi più semplice di quella proposta da Butler, secondo cui questo femminismo terf non si opporrebbe tanto al gender quanto a tutto un insieme di pratiche e battaglie di sinistra, che il nuovo femminismo avrebbe unito. L’ipotesi è questa: forse in Uk hanno compreso i rischi e pericoli, dopo averli vissuti sulla propria pella, di una cultura antiscientifica che fa del femminismo l’occasione per rivendicare dei capricci? Due nomi: Tavistock e Cass. Il primo è quello di una clinica per transizioni di genere per bambini, chiusa dopo uno dei più gravi scandali nel settore sanitario degli ultimi anni. Il secondo è quello di una dottoressa che si è occupata di stilare dei dossier omonimi, i Cass Report, che hanno portato il governo a sospendere l’uso di bloccati della pubertà e non solo nei minorenni. Sono solo ipotesi, è più probabile, come concluderà Butler, che siano tutti fascisti ovviamente. Difficile sovrastimare i danni provocati da autrici come Judith Butler, che definisco il dismorfismo di genere “un’eredità razziale e coloniale”, poiché sarebbero il precipitato delle convinzioni pseudoscientifiche (ma fatte passare per scientifiche) delle destre e del femminismo trans-escludente, accomunati dalla “presunzione di conoscere con certezza cosa sia il sesso, insistendo sul fatto che il suo carattere binario si trovi in natura”. “Simili prospettive,” aggiunge, “regolarmente si trasformano in fantasie psico-sociali volte a costruire il gender come minaccia”. Dunque, la stragrande maggioranza dei biologi e dei medici, che ritengono il sesso binario (o sei maschio o sei femmina) sarebbero dei cialtroni, allucinati da una falsa verità, quella del sesso binario. Fortuna che Judith Butler ha smascherato i falsi profeti della scienza. A favore di un unico studio degli anni Novanta, poi citato a mo’ di Bibbia principalmente da scienziati sociali (e non da biologi) per parlare di sesso.
Chiaramente Judith Butler tenta anche di disegnare la caricatura perfetta dei fascisti anti-gender, preoccupandosi di citare tutti i nomi giusti e utili del caso: “Il genere non è affatto una questione secondarie per Orbàn, Putin o Meloni, ma un punto di forza nella difesa dei valori nazionali e persino della sicurezza nazionale”. Fin troppo facile, dunque, gridare al lupo nero che sta occupando l’Europa. Peccato che al coro dei pericolosi fascisti si siano aggiunti nomi lontanissimi da quella cultura politica, biologici tra i più noti e importanti al mondo, studiosi e firme del Scientific America (costrette ad allontanarsi dalla rivista per via del loro manicheismo), esperti del Mit e così via. Richard Dawkins, Michael Schermer, le già citate Stock e Hoove. Ma cosa importa, a Judith Butler basta aver scritto l’ennesimo fumoso libro sul presunto fascismo e genocidio delle persone trans (mentre sul gender, invece di recuperare le sue opere precedenti, prendetevi l’ultimo recente Trouble with gender del filosofo del Mit Alex Byrne), e ai suoi discepoli del triennio di filosofia sarà sufficiente limitarsi al cherry picking e alla disonestà intellettuale della loro santona per rovinare la carriera e la vita a chi non la penserà come loro. Chi ha paura del genere? Chiunque abbia, giustamente, paura di loro.