Costella più che ridere fa riflettere. E commuovere. La storia di sei pazienti affetti da disturbi ossessivi compulsivi in cerca di analista (cit Claudio Bisio), ci ha fatto venire la voglia di fare terapia di gruppo per affrontare i problemi che abbiamo paura di guardare in faccia (da soli)
Un gruppo di pazienti affetti da Disturbo Ossessivo Compulsivo si trova in attesa del professor Stern, immerso nel silenzio di una sala d’attesa. Tutti si erano presentati per una seduta individuale, o almeno così credevano. Quando, però, il dottore non arriva, la frustrazione cresce e nasce l’idea di trasformare l'attesa in una terapia di gruppo. I pazienti sconosciuti decidono così di condividere i propri problemi, sperando che, per i tre minuti concessi a ciascuno di loro per esprimersi e affrontare le proprie difficoltà, le tensioni si allentino, si dissolvano e, in qualche modo, si interrompano. Ma insieme, quindi, i problemi si risolvono davvero? Mica tanto. Secondo lo psicoanalista Bion il gruppo inteso come un insieme, un “tutto” capace di inglobare ciascun membro con i suoi problemi, crea una modalità di pensiero collettiva definita come la “mentalità di gruppo”. Questa funge da vero e proprio serbatoio per i membri, nella quale ciascuno può riversare i propri impulsi, desideri e aspettative, formando una “comune volontà” che, però, spesso ostacola il raggiungimento degli obiettivi individuali. Ma in tutto questo discorso, una cosa è sicura. Stare insieme agli altri genera conforto. Ci fa sentire meno soli di fronte alla vita. Attraverso l’ascolto infatti è possibile, per un attimo, come ci mostra anche questo film, “dimenticarsi di se stessi”. Ce l'ha dimostrato Bianca (Valentina Lodovini), la paziente che per qualche minuto mette da parte la sua ossessione per l’igiene e la pulizia, per battere il cinque a Emilio. Oppure pensiamo alla scena in cui Lilli, abituata a ripetere ogni frase due volte e a camminare soltanto all’interno di spazi ben precisi, per aiutare Otto, un altro membro del "gruppo", decide di attraversare ogni riga, senza pensarci.
Ricapitolando, in questa terapia di gruppo ci sono: Federico (Claudio Bisio), un archivista minuzioso, prigioniero della sindrome di Tourette, che gli impedisce di controllare i suoi scatti verbali e motori; Emilio (Claudio Santamaria), tassista di mestiere, intrappolato dall’aritmomania, un disturbo che lo spinge a contare compulsivamente ogni dettaglio della sua vita. E ancora Bianca (Valentina Lodovini), tecnica di laboratorio che si rifugia in un’ossessione per la pulizia, come se la perfezione esterna potesse mettere ordine nel caos interiore, la giudice Annamaria (Margherita Buy) che trova sollievo soltanto nel controllo, sempre pronta a scrutare ogni particolare per evitare il minimo errore. Ancora, Lilli (Ludovica Francesconi), una ragazza alla ricerca incessante della perfezione, che organizza ogni cosa con un'ordine meticoloso, evitando di calpestare le righe sul pavimento e ripetendo ossessivamente ogni frase come se il mondo potesse migliorare solo se tutto fosse "giusto". E infine Otto (Leo Gassmann), dominato dalla Fomo, la paura di essere tagliati fuori, un’ansia costante che lo tiene ancorato al suo cellulare, escluso dalla sua stessa vita. In mezzo a tutti loro c’è Sonia (Lucia Mascino), la segretaria che cerca di mantenere la calma nel caos che cresce inesorabile attorno a lei. Una terapia di gruppo più che ridere fa piangere. Differentemente dalla piéce teatrale e dalla commedia spagnola, il film di Paolo Costella è decisamente molto più riflessivo e meno spassoso. Tra “revenge porn”, relazioni che sentono il peso dei disturbi mentali, essere spettatori di storie come queste significa essere spettatori intimi delle vite degli altri.