Il programma che ha fatto ridere persino Aldo Grasso: al suo debutto, In&Out-Niente di serio è riuscito a ottenere niente di meno che cotanta benedizione. Lo show di Tv8 ha esordito lunedì 17 giugno e, con una simile premessa, non si poteva certo perdere la seconda puntata. Specie perché il critico del Corriere della Sera, dopo aver riso, vergava la seguente sentenza: “hanno smesso (per una volta?) di credersi stand-up comedian, un genere di umorismo che non ci appartiene”. Invece, è proprio lì che sta la forza del programma: per fortuna, i comici di In&Out si sono ricordati di essere stand up comedian, frullando tutto in uno show anarchico che mescola scorrettezze, surrealtà e riflessioni che, a guardare oltre la risata, parlano di sé e del loro tempo. A partire dalla sigla, dove questi “tanti giovani comici che in realtà vanno per la quarantina” smontano subito il paternalismo di un Paese ipocrita dove non si diventa mai adulti.

In&Out è uno show ispirato: dagli spettacoli sottotitolati da ComedySubs, dal Saturday Live, dai roast d'oltreoceano, dagli speciali di Netflix; dall'italiano Boris. Ispirato, non copiato, della stessa sostanza dei suoi padri. I personaggi, gli sketch, le intuizioni di questi comici sono i Nuovi Mostri della contemporaneità: l'ignoranza pacchiana dell'influencer in visita Roma, le partite iva che si stringono in un abbraccio consolatorio, il ragazzo di 27 anni che condivide la stanza con lo studente 19enne in un appartamento di cinque persone, Edoardo Bannato che posta bestialità sui social, l'intellettuale che si riduce a dover smarchettare il proprio intelletto girando per podcast e programmi vari.
In&Out perciò è uno show che ci appartiene tantissimo; solo non alla generazione di Aldo Grasso. Tra l'altro, In&Out esplode sul palco, quando Francesco De Carlo, Edoardo Ferrario, Michela Giraud, Valerio Lundini, Saverio Raimondo, Stefano Rapone, Daniele Tinti, Martina Catuzzi e Monir Ghassem monologano, cantano, interagiscono col pubblico e ci regalano i momenti più divertenti della puntata.
Su tutti, il monologo di Edoardo Ferrario su Tolstoj che, fosse nato ai giorni nostri, non dovrebbe solo scrivere Guerra e Pace, ma pure promuoverlo facendo il giro dei podcast, fino a farsi bullizzare da Biagio Izzo a Stasera Tutto è Possibile, un programma di cui Ferrario ci agevola la sintesi perfetta: “ci sono dei meridionali che inciampano”. Un pezzo divertentissimo, che però tra le righe, riflette sia sull'appiattimento mediatico odierno che sullo svilimento della figura dell'intellettuale. Michela Giraud trasforma in un'opera teatrale la strigliata di Ilary Blasi a Fabrizio Corona al Grande Fratello, elevando il trash a tragedia greca.

Francesco De Carlo canta la canzone degli atei che, anziché bestemmiare, possono appellarsi solo a Epicuro. Francesco Lundini insieme al suo gruppo, i Vazzanikki, la storia di Edoardo Bannato imitando il Bennato originale; l'hater social che posta oscenità, viene bannato e si sposta su un nuovo social. Alla fine, a riprova della libertà creativa, quasi ci esce la bestemmia: sottintesa ovviamente, ma già partita nella mente dello spettatore grazie alla rima del verso. Altro momento notevole, stavolta in video, il commercialista di Saverio Raimondo che si trasforma in psicologo e raccoglie le sue tribolazioni da partita iva.
Insieme a Claudia Pandolfi parte la parodia delle interviste compiacenti: fino a che i giornalisti cominciano con le critiche e piovono insulti. Ai “giovani comici” di In&Out, incredibile, è riuscita pure quest'altra impresa, oltre a far ridere Aldo Grasso: l'ospite si presta alla narrazione del programma e non viceversa: anziché dire due parole per promuoversi e rimanere lì in attesa della fine, si lascia anche sbertucciare a dovere. Meno riuscito invece, Stefano Rapone sui luoghi comuni della stand up comedy: autoreferenziale e per pochissimi, più nel campo degli addetti ai lavori che in quello del pubblico in target.
In&Out ha l'inventiva, la voglia di sperimentare e tutte le carte per diventare un piccolo cult per il pubblico in cerca di risate. Se poi la Gialappa's dovesse davvero traslocare in Rai tra un anno, potrebbe raccoglierne il testimone come programma di riferimento della rete.
